Cosa succederebbe in Sicilia se il PD dovesse decidere di ‘staccare la spina’ al governo regionale di Rosario Crocetta? A noi la prospettiva sembra improbabile, ma non impossibile. Certo, il Partito Democratico e quello che resta dei partiti di centrosinistra dell’Isola non ci sembrano nelle condizioni di affrontare una campagna elettorale. Ma potrebbero continuare a gestire la Sicilia con un commissariamento di sei mesi, di un anno o forse più.
Fantapolitica? Chissà. La cosa certa è che ci dovrà pur essere un motivo per il quale il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha iniziato a levarsi i sassolini dalle scarpe. Ha capito che la sua esperienza è al capolinea? Insomma, che sta per essere scaricato? In queste ore Crocetta ne sta dicendo di tutti i colori al sottosegretario alla Pubblica istruzione, Davide Faraone, un parlamentare nazionale made in Porcellum che impersona con grande coerenza la profonda mediocrità del renzismo in salsa sicula, ovvero iattanza e albagia a iosa per nascondere un vacuo e fatuo vuoto pneumatico-politico. Il governatore dell’Isola sembra essersi stancato di reggere il gioco non tanto a Renzi, quanto ai tirapiedi siciliani del capo del governo romano. Per dirla tutta, Crocetta non ha alcuna intenzione di passare, come si direbbe dalle nostre parti, per cornuto e mazziato. Della serie: se debbo andare a casa, tanto vale che racconto tutto quello che fino ad oggi non ho detto: e come finisce si racconta.
Crocetta, fino ad oggi, ha subito in silenzio lo scippo di un sacco di soldi ad opera del governo Renzi (come racconta Antonella Sferrazza in questo articolo). Lo scorso anno, tanto per gradire, ha anche firmato un accordo folle con il governo nazionale in base al quale la Regione siciliana ha rinunciato, per quattro anni, agli effetti positivi, in materia finanziaria, di un paio di sentenze della Corte Costituzionale favorevoli alla Sicilia. Insomma, per dirla tutta, la Sicilia di Crocetta è candidata al Nobel ‘Scendiletto in politica’. In Italia, con l’avvento dell’Euro, gli scendiletti, in politica, sono ormai piuttosto diffusi: per ora, ad esempio, a Roma stendono tappeti alla Germania per dimostrare che noi siamo diversi dal greco Tsipras e che, da Hitler alla Merkel, nello straordinario mondo dei leccaculo italici, non è cambiato nulla (“Ce lo chiede l’Europa” insegna…).
Lo schema prevede che Roma faccia da scendiletto all’Europa dell’Euro secondo i dettami descritti dal Manzoni nel primo coro dell’Adelchi; mentre le Regioni e i Comuni vengono ‘alleggeriti’ dal governo nazionale che scippa loro i soldi da portare a Bruxelles (i soldi strappati agl’italiani con le tasse, infatti, non servono più per dare servizi ai cittadini del nostro Paese, ma per pagare gli interessi sui 2 mila e 200 miliardi di euro di debito pubblico italiano a prezzi ‘tedeschi’).
A pagare, ovviamente, sono i cittadini con l’aumento delle tasse locali. La Sicilia, grazie al governo di ‘ascari’ di Crocetta, è la Regione che sta pagando di più. Lo sanno bene parlamentari e dirigenti del PD siciliano che, dopo avere svenduto la propria Isola al governo Renzi, massacrando le finanze della Regione, avvertono l’esigenza di far sapere ai siciliani il falso: e cioè che loro non c’entrano nulla e che la colpa è del solo Crocetta che non sa amministrare. I più impegnati in questo gesuitico scarica-barile sono proprio i renziani siciliani. Ma, a quanto pare, come già accennato, Crocetta rifiuta di interpretare il ruolo di cornuto e mazziato. Da qui i suoi strali al ‘capo’ dei renziani siciliani, Faraone. E non è da escludere che, nei prossimi giorni, il presidente della Regione cominci a vuotare tutto il sacco, tirando in ballo altre storie e altri personaggi.
In questo momento, intanto, grazie all’insipienza di Crocetta e del PD, la Regione – per ammissione dello stesso presidente della Regione (come potere leggere qui) – non ha le risorse finanziarie per andare avanti. E, sullo sfondo, si profila la manovra da 18-20 miliardi che il governo Renzi deve mettere in atto da qui a dicembre. In questo scenario è improbabile, se non impossibile, che Roma restituisca il mal tolto alla Sicilia. Già dal prossimo mese la Regione siciliana non sarebbe nelle condizioni di pagare interi settori della vita pubblica siciliana. Morale: si potrebbe sciogliere il Parlamento siciliano per andare al voto il prossimo autunno (ipotesi improbabile); o si potrebbe commissariare la Sicilia per persistente violazione dello Statuto (ovvero l’impossibilità di approvare il Bilancio del prossimo anno per mancanza di soldi). Questo potrebbe avvenire tra la fine di quest’anno e i primi mesi del 2016, ammesso che non esploda prima qualche rivolta sociale.
Ora proveremo a raccontare perché, a nostra avviso, il commissariamento della Regione – magari tra la fine di questo anno e l’inizio del 2016 – è molto più probabile delle elezioni a ottobre. Se di dovesse andare al voto il centrosinistra siciliano, infatti, verrebbe massacrato. Il PD dell’Isola non è credibile. Anzi, è incredibile, soprattutto dopo la ‘cura renziana’. I piccoli schieramenti di centrosinistra vanno scomparendo. L’Udc siciliana ormai la cercano a “Chi l’ha visto?”. I ‘lanzichenecchi’ di Totò Cardinale (il riferimento è ai deputati del Parlamento siciliano di centrodestra passati, armi e bagagli, con Crocetta in questa legislatura) hanno già fiutato l’aria e, sottobanco, trattano già con il centrodestra. Sicilia Democratica, con la scomparsa di Lino Leanza, sembra in caduta libera. I movimenti che stavano dietro Crocetta nel Megafono ormai lavorano per un nuovo soggetto di sinistra alternativa sia allo stesso confusionario e trasformista Crocetta, sia a un PD siciliano in disfacimento.
A sinistra, pur tra mille difficoltà, anche in Sicilia si lavora per un soggetto alternativo al PD. Non è mai stato facile per via delle tante ‘anime’ sempre rigorosamente divise. La novità è che a riunificare la sinistra alternativa al Partito Democratico sta pensando Renzi: pur di andare contro di lui – sembra incredibile! – persone e movimenti, in Sicilia da sempre divisi, sono disposti a mettere da parte le divisioni per privilegiare l’unità. Almeno sotto questo profilo il governo Renzi sta facendo qualcosa di utile.
Tirando le somme, se il PD dovesse decidere di mandare a casa Crocetta per andare al voto in autunno perderebbe le elezioni. A vincere potrebbero essere i grillini. Ma anche il centrodestra, che in Sicilia, se riunificato attorno a un candidato forte, potrebbe riprendersi la Regione.
Certo, a Roma Berlusconi sta provando a far rivivere il patto del Nazareno con Renzi. Ma questo non significa che nell’Isola i suoi non dovrebbero avere le mani libere per vincere le elezioni regionali. Forse è anche per questo che Nelle Musumeci si è rimesso in moto? Ricordiamo che, nel 2012, Musumeci è stato il candidato del centrodestra. Avrebbe vinto le elezioni se l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, in combutta con Gianfranco Miccichè, non gli avessero sbarrato la strada spaccando lo stesso centrodestra siciliano. Allora a candidarsi – di fatto contro Musumeci – è stato lo stesso Miccichè che, prendendo il 15 per cento circa dei voti, ha impedito a Musumeci di vincere, dando la vittoria, seppur risicata, al candidato di centrosinistra, Crocetta.
Se vogliamo essere precisi, Musumeci (nella foto, a destra) avrebbe vinto anche con il centrodestra spaccato se i ‘Traditori di Bronte’ – il simpatico nome con il quale sono conosciuti dal 2012 in poi Giuseppe ‘Pino’ Firrarello, già senatore del PDL, e suo genero Giuseppe Castiglione, oggi sottosegretario all’Agricoltura nel Nuovo centrodestra Democratico di Angelino Alfano – non avessero fatto votare, sottobanco, per Crocetta. Ma oggi Musumeci non dovrebbe avere problemi: Lombardo si occupa di grano e di galline nella sua amata fattoria di Grammichele; Miccichè, nonostante si agiti ancora, prende i bagni a Cefalù; mentre i ‘Traditori di Bronte’ contano ormai quanto il due di coppe con la briscola a denari: ‘Pino’ Firrarello non solo non è più senatore, ma non è stato nemmeno in grado di fare eleggere il sindaco nel suo paese (Bronte, per l’appunto); mentre Castiglione, a furia di giovare con il fuoco del Cara di Mineo, si è bruciato un po’…
Restano il Movimento 5 Stelle. I 14 parlamentari di questo schieramento politico sia nel Parlamento siciliano, sia fuori dallo stesso Parlamento si sono mossi bene. Sono gli unici, alla fine, che fanno politica nell’interesse dei cittadini e non per derubarli. Anche loro, però, scontano qualche limite: sono un po’ settari (il loro, più che un partito politico è una setta: di ‘scientologia’ politica, certo: ma pur sempre setta) e, qualche volta, lasciano perdere, forse perché qualche ‘sconticino’ lo fanno pure loro: sul Piano di sviluppo rurale (Psr), infatti, non hanno fatto molto. Sembra che abbiamo formulato la richiesta di accesso agli atti, per capire nelle tasche di chi sono finiti gli oltre 2 miliardi di euro del Psr 2007-2013: ma ‘sti atti non sono mai arrivati. E su questo argomento – pur potendo contare su un eurodeputato eletto in Sicilia che potrebbe scatenare un mezzo ‘bordello’ a Bruxelles – non hanno mai fatto una battaglia politica. Ma, tolto questo ‘scivolone’, sono in gamba.
Ma appunto perché sono in gamba – e appunto perché contenderebbero la Regione al centrodestra, con un centrosinistra ormai fuori gioco – il PD non dovrebbe mai e poi mai creare i presupposti per il voto nel prossimo autunno. Di fronte al default della Regione – che ormai è nelle cose – il commissariamento sembra l’ipotesi più probabile. Anche perché, con il commissariamento della Sicilia, Renzi e Padoan, impegnati a portare soldi all’Europa, risparmierebbero un bel po’ di quattrini non pagando più il Parlamento siciliano. Il commissariamento dovrebbe durare pochi mesi. Ma, nel nome dell’austerità europea, potrebbe durare anche due anni. Tanto in Italia lo Stato di diritto, ormai, somiglia al già citato scendiletto che a Roma stendono alla signora Merkel: basti pensare al blocco degli scatti delle retribuzioni dei dipendenti pubblici incostituzionale da oggi in poi, mentre prima i picciuli 'u Stato si ‘i putia futturi… (se li poteva trattenere per i non siciliani).