“Dopo di noi verranno le iene e gli sciacalli”. Mai profezia fu più azzeccata. Don Fabrizio, principe di Salina, aveva capito tutto. E, infatti, tutta la storia siciliana (se non italiana), dal 1860 fino ai nostri, è stata dominata da iene e sciacalli. Che hanno banchettato sulle disgrazie altrui. Che si sono avventate contro chi fuoriusciva dal branco, contro i più deboli, con crudele vigliaccheria.
Iene e sciacalli -così come profetizzato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo –non solo dietro i grandi delitti di mafia (in cui, notoriamente, la vittima non in linea con il sistema, viene isolata prima di essere ammazzata), ma anche nella politica.
Prendiamo, ad esempio, quello che sta succedendo in questi giorni d’estate siciliana. Con l'arrivo dell'afa, si scaldano anche i toni di uno scontro politico senza precedenti tra il Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, e il partito che, assieme alle altre forze di centrosinistra, l'ha fatto eleggere, il PD.
I fatti: il Partito Democratico in Sicilia governa dal 2008. Prima con Raffaele Lombardo, oggi con Crocetta. Un settennato che ha portato la Regione alla fame. Un settennato che ha visto continui scippi di risorse siciliane da parte dei Governi nazionali a trazione PD con la complicità dei ‘salariati’ locali.

Una scena del film ‘Il Gattopardo’
Un settennato in cui, chi ha tentato di opporsi a Roma, è finito malissimo.
Scippi che, senza timore di smetita, hanno ridotto la Sicilia in ginocchio. Ricordiamone qualcuno: nel 2013 il Governo nazionale, sempre PD, ha fagocitato 913 milioni di euro dalle 'casse' siciliane con i famigerati accantonamenti. Nel 2014 -c’è già il Governo Renzi- un miliardo e 150 milioni di euro, sempre alla voce accantonamenti. A cui si devono sommare i 200 milioni di euro utilizzati per lo spot degli 80 euro in busta paga ai lavoratori (Renzi ha lanciato la proposta, le Regioni hanno pagato).
Ma non è finita. Un altro miliardo di euro e 150 milioni di euro quest'anno, ancora nel capitolo accantonamenti. E, ancora, un miliardo e 200 milioni di euro di risorse del PAC (Piano di Azioine e Coesione) che spettavano alla Sicilia e che sono finiti nelle 'casse' romane.
Per non parlare della sanità che, dal 2009, ci costa circa 600 milioni di euro all’anno in più. Un rincaro che, come contropartita, avrebbe dovuto avere un riconoscimento di una quota delle accise petrolifere che non è mai arrivata.
Ebbene, dopo avere massacrato le finanze della Regione siciliana, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, oggi il PD tenta di scaricare tutte le colpe su Rosario Crocetta. Approfittando del momento di debolezza che il Presidente sta vivendo -dovuto alla drammatica situazione finanziaria che loro stessi hanno determinato- gli esponenti di questo partito, come le iene e gli sciacalli di gattopardiana memoria, gli danno addosso senza pietà.
E’ notizia di oggi che Fabrizio Ferrandelli, rampante deputato regionale del Partito Democratico -che non è mai stato troppo selettivo nei momenti elettorali, anzi è stato di bocca buona- ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti di Crocetta. Certo, c’è da capirlo. Più facile avventarsi contro un Presidente della Regione siciliana in difficoltà che contro il Governo nazionale che ha affamato la Sicilia. Soprattutto se a capo del Governo nazionale c’è il segretario del suo partito. Della serie, debole con i forti e forte con i deboli…
Per non parlare di Davide Faraone, eletto da nessuno, ma sottosegretario nel Governo Renzi. Che continua a spacciare per aiuti romani i diritti della Sicilia ad avere riconosciute risorse che le spettano. A lui Crocetta ha riservato una invettiva non del tutto ingiustificata.
E così via. Tutto il PD, o quasi, sembra coalizzato contro Crocetta. Capro espiatorio di politiche nazionali che hanno fatto somigliare la Sicilia alla Grecia. Peccato che qui non ci sia un Alexis Tsipras pronto a salvare il suo popolo contro le oligarchie europee.
Non che Crocetta non abbia le sue colpe. Dovute ad ingenuità, inadeguatezza o ambizione, chissà. Sua è la firma alla rinuncia ai contenziosi con lo Stato che avrebbero portato la Sicilia ad incassare oltre quattro miliardi di euro ingiustamente trattenuti da Roma. E sua è la colpa di non avere, ancora oggi, gridato ai quattro venti che il Governo Renzi sta distruggendo quel che resta della Sicilia. Sua è la colpa di non pretendere l'attuazione dello Statuto Siciliano -parte integrante della Costituzione italiana- che renderebbe questa Regione più ricca e più business friendly con la fiscalità di vantaggio.
Crocetta resta lontano anni luce dal neo governatore della Puglia, Michele Emiliano. Che, pur essendo esponente del PD, non ha esitato a ribellarsi contro le trivelle nel Mare Adriatico tanto care a Renzi. Forse, Crocetta, dovrebbe cominciare a frequentarlo (anche uno stage ad Atene gli farebbe un gran bene, e farebbe bene ai Siciliani).
Ma, nonostante le colpe di Crocetta, e sono sicuramente tante, non si può assistere in silenzio al suo massacro, se a massacrarlo sono i veri responsabili della drammatica situazione finanziaria che vive la Sicilia. Iene e sciacalli sono all’opera. Ma i Siciliani non sono così stupidi come qualcuno potrebbe pensare. E lo dimostrano quando vanno a votare. Dalle urne il PD – soprattutto quello sicilian o – siciliano non esce mai vincente.

Giuseppe Lauricella
Non tutti gli esponenti del PD, però (e per fortuna), sono 'renziani' o 'faraoniani'. E' il caso, ad esempio, del siciliano Giuseppe Lauricella, deputato nazionale che ai valori della sinistra non rinuncia e che, sulla scia degli insegnamenti di Pio La Torre, sa difendere la Sicilia anche dalle grinfie del suo stesso partito:
"Il batti e ribatti tra Crocetta e Faraone è sconfortante perché sposta l'attenzione sulla rissa ed elude il problema vero e serio che toccherebbe la Sicilia e i lavoratori che ne subirebbero le gravi conseguenze", dice Lauricella. Che sulle somme dovute da Roma alla Sicilia non ha dubbi:
"Se le somme concordate dal Governo regionale con il Governo nazionale per il 2015 dovessero essere negate, sarebbe grave e da irresponsabili. Sono somme dovute alla Sicilia e non possono essere spostate al 2016. Non so -sottolinea ancora Lauricella- quali logiche siano sottese, ma se quanto dichiarato da Faraone fosse un obiettivo, rischierebbe di divenire una manovra politica a danno della Sicilia, per giustificare il cambio della guida del governo regionale, della quale se ne può discutere, ma per mancanza di risultati oggettivi, non per mancanza di risultati provocati'".
Insomma, dice Lauricella, se Faraone pensa di costruire la sua carriera politica svendendo la Sicilia, ha fatto male i conti…
Non tutti in Sicilia sono iene, sciacalli o capre.