E' online la petizione alla Presidente della Camera Boldrini per la calendarizzazione della proposta di legge, che porta la mia come prima firma, e che afferma: "Modifica all'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza da parte dei soggetti nati in Italia da almeno un genitore italiano, che l'hanno perduta a seguito di espatrio".
Cari lettori della VOCE di New York, si può sottoscrivere la petizione collegandosi qui:
Con questa proposta di legge si intende venire incontro alle aspettative di quegli italiani che vivono all’estero e che hanno perso la cittadinanza ma che vogliono riacquistarla in seguito a mutamenti avvenuti nei vari ordinamenti giuridici. Se questa proposta di legge verrà approvata, gli italiani all'estero che hanno perso la cittadinanza una volta andati via dalla madrepatria potranno riacquistarla con una semplice dichiarazione al Consolato competente territorialmente, cioè senza un anno di residenza legale nel territorio nazionale italiano. Ci sono molte persone nella nostra comunità che sono nate in Italia, parlano italiano, hanno frequentato le scuole in Italia e addirittura hanno anche prestato il servizio militare, ma hanno perso la cittadinanza italiana. Ciò significa riconoscere sul piano giuridico una situazione di fatto, cioè un’identità italiana che non è mai venuta meno, colmando una lacuna legislativa per dare veste giuridica a una cittadinanza che è già viva nei cuori. L'augurio è che con il vostro aiuto il Parlamento sarà ancora più consapevole di questo problema, e procederà presto a mettere nell'agenda dei lavori parlamentari tale proposta di legge e ad approvarla.
La “buona scuola”, ovvero il disegno di legge di riforma della scuola, avviato il 14 maggio 2015 ed approvato dalla Camera il 20 maggio scorso, è ormai all’esame del Senato.
Da quanto approvato alla Camera si evince che la nuova scuola sarà caratterizzata da una più ampia autonomia ed apertura al territorio, comprese le collaborazioni con i privati, in particolare le Camere di Commercio, e che riesce a garantire la continuità didattica. Un problema che fino ad oggi si era posto in maniera forte ad ogni inizio di anno scolastico, non solo in Italia ma anche all’estero.
Una scuola, quindi, che si aggiorna e che pretende di essere al passo con i tempi potendo contare su una disponibilità finanziaria di ben 4 miliardi di euro per i prossimi due anni. Siamo di fronte ad una scuola che assumerà più di 100 mila nuovi insegnanti e che investirà nella formazione degli stessi, oltre ad attivare un vero e proprio processo di innovazione sistemica con l’implementazione del «Piano nazionale scuola digitale», programma finalizzato a sviluppare e migliorare le competenze degli studenti. Cambierà quindi anche la didattica, da “trasmissiva” a “collaborativa”, grazie al contribuito delle nuove tecnologie, anche nella prospettiva della realizzazione degli obiettivi di Europa 2020, tesi a superare la crisi delle economie attuali ed a colmare le lacune del nostro modello di crescita e creare le condizioni per una crescita più intelligente, sostenibile e solidale.
Di fronte a questo scenario di cambiamento del sistema scolastico, siamo chiamati anche a fare una riflessione sulla scuola italiana all’estero e sulla nostra promozione linguistica ed allora vediamo che le norme che regolano tali attività sono datate e quindi incapaci di garantire quel quadro giuridico ottimale all’aggiornamento che la scuola italiana necessita anche all’estero. Per tale ragione, ho ritenuto di ampliare la delega al Governo sulla scuola con un emendamento ed un ordine del giorno tesi a far si che anche all’estero vi fosse una vera e propria “rivoluzione dolce”, introducendo dei criteri di delega orientati al coordinamento istituzionale, effettivo ed efficace, dell’attività scolastica e di promozione linguistica italiana all’estero, ad una certificazione della qualità della docenza, con criteri chiari di abilitazione all'insegnamento dell'italiano all'estero, e ad una certificazione unica ed universalmente riconosciuta per quanto concerne la competenza linguistica.
Ritengo che l’Italia abbia un potenziale enorme di sviluppo di quel soft power che è rappresentato dal suo patrimonio culturale e che, se opportunamente valorizzato e promosso, in primis tramite la lingua italiana, può essere anche utile strumento di penetrazione commerciale.
Per far questo dobbiamo aggiornare la legge 153 del 1971 ed adeguare la nostra offerta formativa alle richieste che provengono sia dalle Comunità italiane all’estero che da tutti coloro che, nel mondo, amano la lingua di Dante e la cultura italiana.
Il mio lavoro parlamentare vuole andare in questa direzione, anche a partire dalle modifiche al testo di legge sulla “buona scuola”.
www.angelafucsianissoli.us
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