Se anche quei giornali italiani solitamente ‘ossequiosi’ nei confronti del Pd, parlano di “sconfitta politica” di Matteo Renzi, vuol dire che qualcosa, nel partito del premier, non ha funzionato per davvero.
Non basta, infatti, la conquista di cinque regioni a tamponare l’emorragia di voti che ha lasciato lo stesso Premier senza parole per quasi ventiquattro ore. Intanto, perché a ben guardare, a vincere, in regioni come la Puglia e la Campania, non è stato il Pd renziano.
Piuttosto, come notano molti osservatori, tra i quali l filosofo Massimo Cacciari, la vittoria è da imputare alla forza di ras locali che, a prescindere da Renzi, avrebbero comunque raggiunto il successo. E’ il caso della Campania con Vincenzo De Luca (sul quale infuriamo le polemiche per una condanna per concussione e per l'applicazione della legge Severino che dovrebbe decretarne la decadenza) e della Puglia con Michele Emiliano.
Ma, a certificare la batosta, c’è anche una indagine dell’Istituto Cattaneo, che nella freddezza dell’analisi, si mostra impietosa: il Pd, rispetto alle europee del 2014, ha perso 2.143.003 voti. Una perdita secca del 50,2%, un dimezzamento che, in percentuale, porta il Partito democtatico dal 40% al 25% attuale. Perde anche rispetto alle politiche del 2013, lasciando sul terreno oltre un milione di voti.
Questo risultato negativo, sottolinea lo studio, “può essere attribuito solo in parte al fenomeno delle cosiddette 'liste del presidente' che, anche dove presenti, ottengono consensi molto disomogenei. Il caso più rilevante è la Puglia, dove il Pd sconta probabilmente la forte affermazione della lista Emiliano Sindaco di Puglia (154.028 voti, pari al 9,2%), mentre in Veneto la prestazione della lista a sostegno del candidato Alessandra Moretti è poco significativa (3,8%)”. In Toscana, Umbria e Liguria, poi, le liste civiche erano del tutto assenti.
Una sconfitta politica che, nei dibattitti in corso, alcuni imputano alle divisioni interne al Pd (soprattutto sui temi scottanti come il Job Act e la contestatissima riforma della scuola), altri alla mancanza di radicamento territoriale per il Pd renziano “un partito che è una corte di fedeli paracaduta una volta in Veneto, una volta in Liguria” dice Cacciari, che di certo non è un uomo di destra.
Ma l’analisi dell’Istituto Cattaneo è spietata anche con il Movimento 5 Stelle, che si conferma secondo partito a livello nazionale con il 15,5%, ma perde 1.956.613 voti rispetto alle politiche del 2013 e quasi un milione rispetto alle europee del 2014. Il partito di Grillo, però, diventa il primo in tre regioni.n Liguria, dove ottiene il 22,7%, in Campania con il 17,8% e in Puglia dove supera il 18%.
"Da un lato – scrivono gli analisti dell'Istituto Cattaneo- il partito di Grillo non riesce a capitalizzare le difficoltà degli avversari in alcuni contesti apparentemente favorevoli, ad esempio in Campania, dove il caso dei candidati impresentabili segnalati dalla Commissione Antimafia lasciava forse presagire un risultato più brillante. Anche in Veneto, dove il Movimento ha perso il 75% dei voti del 2013, molti elettori del centro-destra sembrano essere stati riassorbiti dal partito di Salvini. Ciò detto, non deve essere sottovalutata la capacità del Movimento di consolidare la propria presenza nell’arena elettorale difficile delle regionali, in cui la presenza del leader Beppe Grillo è meno visibile".
L’Istituto Cattaneo conferma che l'unico vincitore di questa tornata elettorale è Matteo Salvini. La Lega Nord ha infatti guadagnato 256.803 voti rispetto alle europee e 402.584 rispetto alle politiche. Ma sono alcuni dati in regioni cosiddette "rosse" a sorprendere. In confronto al 2013, In Toscana il numero di consensi per la Lega è salito del 1220%, cioè i voti sono più che decuplicati, in Umbria addirittura del 1499%. La Lega si conferma terza forza nazionale con il 12% e prima nel centrodestra.
Male anche Forza Italia. il partito di Silvio Berlusconi ha perso 840 mila voti rispetto alle europee 2014 (-46%) e 1.929mila in confronto alle politiche 2013 (-67%). Anche per gli azzurri il calo in Veneto è particolarmente rilevante: in due anni Forza Italia ha perso quasi l'80% dei consensi.
Va da sé che ad influire sono stati anche i dati sull’astensionismo che è cresciuto un po’ ovunque: ha votato solo un italiano su due, il 53% degli aventi diritto:
"La riduzione più significativa della partecipazione al voto, rispetto a cinque anni fa, si è registrata nelle Marche (-13%), in Toscana (-12,4%) e in Puglia (-12%). Il confronto con le Europee del 2014 dice invece che «la diminuzione è risultata maggiore nelle tre regioni “rosse” (tra -15 e -18 punti percentuali), mentre in Campania e Puglia i valori della partecipazione sono rimasti sostanzialmente stabili".
"La lettura dei risultati – scrive l'Istituto Cattaneo, – ci mostra, in primo luogo, come l’astensione sia divenuta per la prima volta l’opzione maggioritaria o prossima a esserlo in diverse regioni del paese".