No all’autoritarismo del Governo Renzi e no alla tentazione di una svolta centralista. Le Regioni Autonome italiane si coalizzano e mandano un messaggio forte e chiaro all’esecutivo nazionale. Che, bontà sua, con la famigerata norma sulle trivellazioni (con la quale ha avocato a sé il potere di decidere in materia di ricerche petrolifere e sul quale pendono i ricorsi di molte regioni), ha già dato prova di scarsissima considerazione nei confronti delle Autonomie locali, tutte (e non solo su questo tema).
Ora, con le riforme costituzionali alle porte, il rischio dell’ennesimo colpo di mano del Governo nazionale si fa più che mai concreto. Così le cinque Regioni a Statuto Speciale -Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige- hanno deciso di correre ai ripari elaborando un documento condiviso (che pubblichiamo qui sotto) in cui ribadiscono le loro ragioni e i loro diritti, e in cui, sostanzialmente, dichiarano che faranno fronte comune contro ogni disegno accentratore.
Lo hanno fatto da Cagliari dove, nei giorni scorsi, si sono riuniti i Presidenti delle Assemblee legislative (i Parlamenti regionali): per la Sicilia era presente il deputato del gruppo misto, Girolamo Fazio, su delega del Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. C'erano, inoltre, il presidente dell’assemblea friulana, Franco Iacop, Gianfranco Ganau, presidente del Consiglio della Sardegna, Roberto Bizzo, vice della provincia autonoma di Bolzano, Chiara Avanzo, presidente assemblea Alto Adige, Bruno Dorigatti, presidente provincia autonoma di Trent e Marco Vierin, presidente dell’assemblea valdostana.
Nel documento condiviso, innanzitutto, si sottolinea che “tutte le decisioni che incidono sugli assetti statutari delle autonomie speciali devono essere assunte con il pieno coinvolgimento delle autonomie stesse sulla base di intese”.
E si ribadisce che, a fondamento della specialità delle regioni, non ci sono solo ragioni storiche (che qualcuno considera superate) ma anche ragioni geografiche (quali l’insularità o l’integrazione coi territori transfrontalieri) e, soprattutto, ragioni strutturali ed economiche che richiedono "politiche a forte caratterizzazione regionale capaci di interpretare e rispondere alle peculiarità dei territori".
Se questo non bastasse, i Presidenti delle Assemblee regionali hanno ricordato pure che "l’autonomia, nelle sue varie articolazioni, non è negoziabile, poiché rientra tra i principi fondamentali della Carta costituzionale (art. 5)".
Non meno importate la considerazione della necessità di avviare un confronto con lo Stato in materia finanziaria attraverso strumenti pattizi e in linea con i più recenti orientamenti della Corte Costituzionale. Che, negli ultimi anni, ha sempre più spesso riaffermato i diritti delle Regioni a Statuto Speciale in tema, ad esempio, di territorializzazione delle imposte.
"Il contenuto del documento finale – dice il deputato, Girolamo Fazio che ha rappresentato la Sicilia – traccia un percorso comune di confronto con il Governo ed il Parlamento nazionali, un confronto ineludibile di fronte alle costanti tentazioni di centralizzazione dello Stato e di fronte alle manovre della politica romana di non riconoscere le prerogative e le specialità delle Regioni, e di sfuggire alla responsabilità di aver quasi cancellato alcune delle conquiste di autonomia del passato".
“Sbaglia chi pensa che l’Autonomia sia un privilegio – ha dichiarato il presidente dell’assemblea sarda, Gianfranco Ganau,– o peggio, costituisca una sottrazione di poteri e competenze alle altre Regioni, perché con l’abolizione di quelle a Statuto speciale non ci sarebbe alcun vantaggio per le regioni ordinarie ma semmai si assisterebbe al complessivo indebolimento dell’intero sistema regionale in Italia”.
Il presidente del Consiglio della Sardegna ha quindi evidenziato come gli Statuti dell’Autonomia “siano in larga parte inattuati”. Verità inconfutabile anche nel caso della Sicilia dove, lo ricordiamo, le norme più importanti dello Statuto, ovvero quelle finanziarie che prevedono la fiscalità di vantaggio o la territorializzazione delle imposte (articoli 36 3 37 dello Statuto siciliano), sono da sempre eluse da Roma, anche in barba alle sentenze della Corte Costituzionale.
"Noi – ha aggiunto il presidente del Friuli Venezia Giulia – affermiamo che le condizioni di peculiarità delle nostre Regioni permangono ma non conduciamo una battaglia solo in difesa dei nostri statuti, quanto lavoriamo per promuovere un confronto aperto sul regionalismo in Italia, mentre assistiamo a una serie di politiche di stampo centralista che in nome dell’emergenza economica puntano a comprimere spazi di libertà e autonomia”.
In effetti, il sogno centralista del Governo Renzi, rischia di trasformarsi in un boomerang. Nelle regioni a Statuto Speciale, infatti, si stanno risvegliando i movimenti indipendentisti che erano stati messi a tacere dai Padri Costituenti, proprio con il compromesso delle Autonomie. Vale per la Sicilia e vale per la Sardegna, dove, addirittura, si accarezza l’idea di diventare un cantone svizzero.
Insomma, forse, gli attuali governanti farebbero bene a rileggere Luigi Einaudi, secondo il quale, il riconoscimento di ampie autonomie alle singole regioni italiane era “condizione necessaria per rinsaldare l’unità nazionale” Era vero nel 1947, ed è vero oggi.
IL DOCUMENTO FIRMATO A CAGLIARI
I Presidenti delle Assemblee delle Regioni a statuto speciale Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta e delle Province autonome di Bolzano e di Trento riuniti a Cagliari, il 18 maggio 2015, per una riflessione comune sui temi della specialità alla luce delle riforme costituzionali in esame in Parlamento ed ai confronti avvenuti in sede di audizioni parlamentari;

Per la Sicilia firma il deputato, Girolamo Fazio
– ribadito che tutte le decisioni che incidono sugli assetti statutari delle autonomie speciali devono essere assunte con il pieno coinvolgimento delle autonomie stesse sulla base di intese, secondo il principio collaborativo, come è previsto dallo stesso testo deliberato dalla Camera;
– sottolineato come a fondamento della specialità non vi siano solo ragioni storiche – identitarie, di cui quelle etnico-linguistiche-culturali costituiscono solo un aspetto, ma anche, con diversa intensità e articolazione a seconda delle diverse autonomie, ragioni geografiche (quali l’insularità o l’integrazione coi territori transfrontalieri, nella mutata condizione di confine, caratterizzato oggi da alta permeabilità) e ragioni strutturali ed economiche che richiedono politiche a forte caratterizzazione regionale capaci di interpretare e rispondere alle peculiarità dei territori;
– riaffermato che le ragioni delle specialità – pur con profili differenti nelle diverse esperienze – permangono e sono ancora attuali; e che al di là di quelle legate al particolare contesto storico originario, altre sono d’ordine strutturale e permanente, altre ancora hanno assunto nel tempo profili nuovi e pongono talora esigenze più pressanti;
– sottolineato che nel tempo le autonomie speciali godendo di un differente regime finanziario hanno però assicurato un più arco ampio di funzioni, hanno contribuito ampiamente agli obiettivi del patto di stabilità e della solidarietà nazionale, sia attraverso una incisiva riduzione dei trasferimenti, sia attraverso una assunzione di nuove funzioni, e che al pari di tutte le regioni sono impegnate nell’adozione delle stesse forme di omogeneizzazione dei sistemi contabili e di trasparenza, verifica e controllo della spesa, secondo i dettami costituzionali del pareggio di bilancio e del coordinamento della finanza pubblica;
– ribadita la volontà di rafforzare il rapporto con lo Stato in materia finanziaria attraverso strumenti pattizi, secondo i rispettivi ordinamenti e in linea con i più recenti orientamenti della Corte Costituzionale;
– rilevato che l’autonomia, nelle sue varie articolazioni, non è negoziabile, poiché rientra tra i principi fondamentali della Carta costituzionale (art. 5) e che tale è anche la specialità regionale quale espressione di condizioni particolari di autonomia;
– richiamati i principi di responsabilità, sussidiarietà, federalismo cooperativo e solidale, governance multilivello che ne rappresentano il necessario sviluppo e sono confermati e rafforzati dalle pronunce della Corte costituzionale e dai documenti fondamentali dell’Unione Europea secondo cui, le autonomie territoriali e locali e la potestà legislativa regionale sono elementi costitutivi delle politiche nazionali ed europee (Trattato di Lisbona);
– riaffermato che pertanto la specialità non è un privilegio ma un’applicazione avanzata di quei principi secondo standard europei;
– affermata la concorde volontà di porre le migliori esperienze sin qui maturate al servizio dell’intero regionalismo italiano per un suo rilancio complessivo, anche mediante le opportunità offerte dall’art. 116, terzo comma del disegno riformatore in atto, condividendo le richieste delle Regioni ordinarie per ottenere ulteriori condizioni particolari di autonomia;
– rilevata la necessità che tutte le Regioni italiane, pur con le diverse esperienze e caratterizzazioni, operino in unità d’intenti per far sì che l’impegno di ognuno costituisca valore irrinunciabile per lo sviluppo armonico dell’intero Paese;
– sottolineato che dunque sotto molti profili la specialità – se adeguatamente interpretata, applicata e riconosciuta – è un’opportunità per l’intero regionalismo italiano, avamposto di principi, metodi e regole cui tutte le autonomie possono tendere e che fanno crescere l’intero Paese nelle sue articolazioni istituzionali e sociali e nel suo spessore di democrazia evoluta;
i Presidenti delle Assemblee dichiarano concordemente:
la volontà che l’adeguamento dei rispettivi Statuti avvenga come previsto dalla riforma della Costituzione in discussione in Parlamento, secondo le forme di intesa previste in modo da adeguare e svolgere compiutamente le ragioni della specialità secondo le diversità dei territori interessati e la loro evoluzione e attualità;
– l'esigenza di rafforzare il rapporto con lo Stato in materia finanziaria mediante il ricorso a strumenti pattizi;
– l’impegno per un pieno coinvolgimento in tali procedimenti delle assemblee legislative regionali e delle province autonome per dar forza al processo di riforma, esprimere con pienezza le istanze delle autonomie, rappresentare diritti e aspettative delle popolazioni;
– la determinazione ad operare al rilancio di tutte le autonomie regionali secondo i più avanzati modelli e principi costituzionali ed europei ed i valori del federalismo solidale e cooperativo e di condividere le richieste delle Regioni ordinarie in applicazione dei principi di differenziazione e adeguatezza.
Cagliari 18 maggio 2015