I venti primaverili, si sa, possono essere imprevedibili, ma il vento elettorale britannico di questa primavera è stato più devastante del previsto scombussolando anche le più sofisticate previsioni elettorali. La cartina geografica del sud dell’isola durante la notte tra il 9 e 10 maggio ha cambiato i colori ed è ora dominata dalle circoscrizioni blue conquistate dai conservatori di David Cameron. Mentre in Scozia il colore dominante è il giallo delle circoscrizioni conquistate dal SNP, Partito Nazionale Scozzese.
La Londra laburista è ormai l’unica piccola isola rossa sperduta in un vasto mare di circoscrizioni conservatrici. Con la ‘più dolce vittoria’, come è stata definita del leader dei conservatori, David Cameron, ha assicurato al suo partito 331 seggi ( +25) sui 650 disponibili. Un risultato che permetterà ai conservatori di governare senza il bisogno di una coalizione, per la prima volta in questo ultimi 18 anni. Siederanno di fronte a loro nel parlamento 232 (-26, 51% ) Laburisti, 8 (-49, 36%) liberali, un membro UKIP UK Partito Indipendente, uno per i Verdi e, sorpresa delle sorprese, 56 (+50) parlamentari del partito SNP, Partito Nazionale Scozzese.
I danni di questa imprevedibile bufera hanno causato le dimissioni dei leader laburista Ed Miliband e di Nick Clegg (Liberale Democratico) pur garantendo loro un seggio in parlamento. La situazione è stata alquanto imbarazzante per il leader di UKIP, Nigel Farage che, nonostante abbia contribuito ad un sostanzioso aumento dei voti ottenuti dal proprio partito, non è riuscito a farsi eleggere nella propria circoscrizione e questo gli è costato la leadership ma, sorprendentemente, solo per poche ore. I membri di UKIP infatti lo avrebbero immediatamente rieletto alla ledership il 12 Maggio.
La giornata successiva ai risultati elettorali è stata contrassegnata dai discorsi di dimissioni e di ringraziamento dei leader politici.
“Amici, questo non è il discorso che io avrei voluto esporre oggi …..ma mi assumo tutte le responsabilità di questa sconfitta” così ha iniziato, rivolgendosi al proprio pubblico, il leader uscente Ed Miliband il quale ha ribadito, con l’ottimismo che lo contraddistingue, la necessità di tenere sempre aperto il dibattito politico poiché “i cambiamenti possono sempre avvenire; non ci possiamo arrendere …. E quando vediamo ingiustizie dobbiamo continuare a combatterle”.
La completa assunzione di responsabilità dell’esito elettorale è stata anche dichiarata dal leader Liberale, Nick Clegg pur affermando che “i libri di storia giudicheranno in modo favorevole il nostro partito per il servizio che abbiamo dato alla nazione in un momento di grande difficoltà economica e per la nostra politica di opportunità, giustizia e libertà…”
Nel suo discorso alla nazione il vincitore David Cameron è stato invece grande dispensatore di sorrisi e ringraziamenti: ha ringraziato Nick Clegg, per il suo duro lavoro durante i cinque anni di coalizione, e il suo rivale Miliband ha riconosciuto la devozione del lavoro politico per la causa sociale.
In questi giorni si susseguono analisi politiche sul passato e previsioni sul futuro. Ma, verrebbe da chiedersi, cosa ha spinto l’elettorato britannico a punire così severamente il partito laburista? Ed Miliband aveva sin dal suo insediamento nel 2010 preso le distanze dalla politica di Tony Blair spostando il partito a sinistra. Già nel suo primo discorso di insediamento nel 2011, Miliband aveva definito predatrici e interessate solo al denaro facile le società di ‘private equity’; una dichiarazione di guerra verso il complesso mondo della finanza. Perché non hanno convinto gli elettori le sue proposte elettorali di congelare i prezzi dell’energia per due anni e quella di limitare al 5% il profitto dei privati che hanno stipulato contratti con il Sistema Sanitario Nazionale? Inoltre, c’è da chiedersi, perché non hanno avuto l’effetto desiderato le proposte dell’ultima ora di abolire gli sgravi fiscali per i cosiddetti ‘non doms’ (coloro che pur avendo proprietà in Gran Bretagna non ne sono residenti) e quella di introdurre la tassa patrimoniale? Queste appetibili promesse non sono bastate per evitare al leader dei laburisti il crollo elettorale. Ma forse può essere limitativo fermarsi ad analizzare la politica solo attraverso l’esame dei contenuti delle proposte politiche. Infatti nel caso di Ed Miliband i britannici avevano da diverso tempo espresso una certa freddezza nei confronti l’immagine del leader stesso. I media inglesi, solo con poche eccezioni, avevano fatto a più riprese riferimenti più o meno espliciti alle origini marxiste dell'ideologia di Ed in quanto figlio ed erede intellettuale del famoso accademico marxista Ralph Miliband.
Nonostante questo, Ed Miliband non aveva fatto gran che per diminuire l’impatto di queste insinuazioni. Anzi nei confronti del mondo imprenditoriale aveva espresso più volte l’idea di volerlo controllare piuttosto che la disponibilità a comprenderlo. Così che molte delle riforme laburiste hanno dato la parvenza agli elettori di essere espressione di un desiderio di limitare i profitti del privato e di garantirsi la simpatia dei consumatori.
Inoltre va aggiunto che la campagna dei conservatori ha battuto sul tentativo di dimostrare come nonostante durante i precedenti governi laburisti la spesa pubblica sia andata fuori controllo, la nazione sia cresciuta fortemente dal momento in cui Cameron è salito al potere.
Insomma, un risultato elettorale che fa ricordare le forti maggioranze ottenute in Italia dalla Democrazia Cristiana. Un parallelo in virtù del fatto che a vincere sono i conservatori e che la vittoria è stata di una grande intesa fuori da ogni previsione. Se la DC italiana riusciva a vincere con slogan del tipo “Dio può vedere quello che voti, Stalin no!”, in quest'isola, più secolare, e dominata dal potere della City verrebbe da dire che il voto sia stato influenzato da un altro slogan : "Tu sai quanto c'è nel tuo conto bancario, Stalin no’.