Ieri è stata celebrata la giornata mondiale dell’amianto. L’occasione per riflettere su un tema troppo spesso ignorato dalle tante ‘autorità’. Gli effetti dell’amianto sulla salute umana sono noti da decenni: si tratta di una sostanza gravemente cancerogena. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sono 107 mila le persone che, ogni anno, perdono la vita per cause relative all’amianto. E la metà di queste in Europa. “Nei periodi 1920-1970 e 1971-2000 l’Europa ha usato il 48% e il 58% di tutto l’amianto commerciato nel mondo. Per questo può essere caratterizzata come il centro globale dell’uso nella storia e come l’epicentro attuale di tutte le malattie relative all’amianto”. Stando alle stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, sono almeno 125 milioni i lavoratori esposti al rischio amianto. In Italia, tra il 1993 e il 2008, si sono stati registrati 15.845 casi di mesotelioma maligno e i morti sono stati oltre 4mila.
È per questo motivo che, in molti Paesi (ad oggi sono poco più di una cinquantina i Paesi che hanno adottato norme simili a quella italiana), l’utilizzo e il commercio internazionale dell’amianto sono vietati. Anche in Italia. Tutto inutile: ogni anno, in tutto il pianeta, vengono lavorate oltre due milioni di tonnellate di amianto. Tra i maggiori Paesi produttori la Russia (un milione di tonnellate prodotte nel 2010), Cina (400 mila), India e Brasile. Tra i maggiori utilizzatori ancora la Cina (oltre 613 mila tonnellate), e poi l’India (426 mila) e la Russia (263 mila).
Produzione e consumi che, in barba alle norme internazionali che ne vietano il commercio, favoriscono scambi per milioni di tonnellate di amianto. Spesso finiscono in Paesi in via di sviluppo (come il Messico o il Brasile), dove è forte la domanda di materiali da costruzione a basso costo. In questi Paesi l’amianto viene utilizzato per le coperture in cemento ondulato, in tubi e serbatoi per l’acqua o per la costruzione di case. Tutti usi che comportano uno stretto contatto con le persone e che causano migliaia di morti (nella foto a destra, tratta da amianto ovh, la mappa della presenza dell'amianto in Italia).
In Italia, da oltre un ventennio, esiste una legge, la n. 257/92, che vieta l’uso e il commercio dell’amianto e dei suoi semilavorati. Eppure gli scambi sembrano non essere mai cessati: nel report sulle esportazioni di minerali estratti in India (Indian Minerals Yearbook 2012, pubblicato nel 2014) l’Italia è citata come primo acquirente al mondo di asbesto indiano (in due anni le imprese italiane hanno importato 1040 tonnellate di fibre d’amianto dall’India). Ma l’Italia non compra amianto solo dall’India: secondo il rapporto “2013 Minerals Yearbook”, pubblicato dal Us Geological Surveys del governo statunitense, l’Italia sarebbe uno dei maggiori importatori di amianto dagli Stati Uniti. È per questo che alcuni senatori del PD hanno presentato un atto di sindacato ispettivo rivolto ai ministri dell’Ambiente e della Salute.
Ma non basta. La legge approvata oltre venti anni fa prevedeva che, entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore, ciascuna Regione predisponesse i propri Piani regionali sull’amianto. Ebbene, ad oggi, molte Regioni (Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna) non sono ancora riuscite ad approvare e trasmettere al Ministero i propri piani. Né il Ministero, in tutto questo tempo, ha fatto molto per imporre loro il rispetto di tale legge e per adottare il Piano nazionale dell’amianto.
Ad oggi, il censimento è stato completato solo in dieci Regioni (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta) e mancano gli impianti per lo smaltimento dell'amianto dopo le bonifiche (finora le Regioni dotate di almeno un impianto specifico sono solo undici e 24 sono gli impianti). Il resto d’Italia è ancora una discarica di rifiuti tossici a cielo aperto di cui poco importa a molti. E nessuno ne parla.
Anche i media parlano poco di questo problema: di solito, se ne parla solo in occasione di processi legati alle morti causate dall’amianto. Come quello alla multinazionale Eternit, accusata del reato di disastro ambientale proprio a causa dell’amianto (e, ovviamente, concluso con un niente di fatto a causa della prescrizione). L’amianto costa ogni anno migliaia di vite umane. E anche mezzo miliardo di euro: in Italia ci sono fino a 500 mila siti ancora da bonificare (dati Il Sole 24 Ore). L’ultimo censimento del Piano nazionale ne ha contati solo 33.610, ma si tratta di una stima approssimata per difetto: basti pensare che, solo nelle Marche, l’unica Regione ad aver compiuto un’analisi dettagliata, sono stati registrati oltre 14mila manufatti con amianto…
E tutto questo in attesa che il governo faccia qualcosa. Come ha anche sottolineato in Commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro del Senato, il professor Renato Balduzzi, ex Ministro della Salute (tra i padri del Piano nazionale amianto), “Il Piano [Nazionale Amianto, n.d.r.] è stato adottato il 21 marzo 2013 dal governo e prevede delle macro aree che vanno proprio a inquadrare tutela della salute, tutela ambientale, sicurezza del lavoro e tutela previdenziale ed è stato progettato proprio per portare il tema amianto costantemente all’ordine del giorno e non farlo cadere, come ciclicamente accade, nell’oblio”. Sì, perché, a due anni dall’esame della conferenza Stato-Regioni, questo “Piano” sembra essere caduto nel dimenticatoio. E a poco sono serviti anche i richiami dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha chiesto al nostro Paese di fare di più. Recentemente anche Legambiente ha lanciato un appello “al Governo affinché si impegni concretamente nel dare risposte e giustizia alle vittime dell'amianto", ha detto il responsabile scientifico di questa associazione di ambientalisti, Giorgio Zampetti. Ma il governo pare non abbia ancora risposto.
Bonifiche mai effettuate, commercio illegale di amianto in violazione delle leggi nazionali e degli accordi internazionali, procedure amministrative mai eseguite e scelte politiche mai fatte: sono queste le cause della morte di migliaia di persone solo in Italia. Un numero che è destinato a crescere: le stime dell’Oms prevedono un picco dei decessi per malattie legate all’amianto tra il 2015 e il 2020. In base a questi dati, nei prossimi 20 anni, in tutto il mondo ci saranno più 10 milioni di vittime dell’amianto.
E questo, mentre in Italia e all’estero, si celebra la “Giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto”.
Foto tratta da corrierepadano.it