Il Governo italiano condanna la Sicilia al default finanziario. Con la complicità dell'attuale esecutivo regionale e delle forze politiche che lo sostengono. E' impietoso il giudizio di Sicilia Nazione sulla manovra di Bilancio 2015 che sta per approdare all'Assemblea regionale siciliana (il Parlamento dell'Isola). Il movimento autonomista, nel corso di una conferenza stampa tenuta da Gaetano Armao, avvocato ed ex assessore regionale, Massimo Costa, docente di Economia all'Università di Palermo e dal commercialista, Riccardo Compagnino, ha elencato tutta una serie di operazioni che di fatto rendono il Bilancio regionale "falso e deleterio per i Siciliani".
Il punto di partenza sono i 450 milioni di euro di entrate fittizie inserite nel documento economico. Si tratta di di somme (per lo più Iva e Irpef pagati dai siciliani e che per Statuto andrebbero alla Sicilia) che il governo nazionale di Matteo Renzi ha indebitamente trattenuto e che, in teoria, dovrebbe restituire (spacciando la restituzione per 'aiuto').
Ma, più passano i giorni, più aumentano i dubbi sul fatto che la Sicilia rivedrà questi soldi. Tant'è che si comincia a parlare di un piano B, che, manco a dirlo, si tradurebbe in una nuova mannaia per Comuni e dipendenti di enti pubblici.
Va da sé che se una società privata inserisse entrate fittizie nei suoi documenti contabili, saremmo dinnanzi al reato di falso in bilancio. Ma anche se la Regione è un ente pubblico, non vuol dire che sia tutto a posto:
"Il bilancio elaborato dal Governo Crocetta – ha spiegato Compagnino- ignora la nuova legge di contabilità pubblica in vigore dal 1° gennaio 2015 ed in particolare il riaccertamento straordinario dei residui , adempimento che avrebbe fatto finalmente chiarezza nei rapporti finanziari con lo Stato".
Significa che, secondando le nuove regole di contabilità pbblica, il Governo siciliano non avrebbe potuto inserire entrate fittizie nel bilancio. Cosa dirà la Corte dei Conti?
Ma le problematiche del bilancio regionale non discendono solo da questi 450 milioni inseriti in maniera fittizia nella manovra economica. Ci sono tanti altri soldi cui l'esecutivo regionale, "per compiacere il Governo nazionale" ha rinunciato, determinando, di fatto il "default della Sicilia".
Lo ha ricordato, in conferenza stampa, il professor Costa. Che, innanzitutto ha parlato della rinuncia ai contenziosi con lo Stato firmata dal Presidente della Regione, Rosario Crocetta, lo scorso Giugno. In pratica, il presidente Crocetta ha stabilito che la Regione da lui presieduta non metterà in atto, per i prossimi quattro anni, una sentenza della Corte Costituzionale che dà ragione alla Sicilia sulla questione della territorialità delle imposte. Praticamente, grazie a questa sentenza la Regione siciliana avrebbe potuto incassare già a partire da quest’anno circa sei miliardi di euro che lo Stato continua indebitamente ad incassare.
"La mi profezia si è avverata- ha esordito Costa riferendosi ad un suo articolo pubblicato da questo giornale– la Sicilia è stata portata al default dal Governo nazionale, che continua a scippare fondi alla Sicilia con la complicità del Governo Crocetta e molti sono i fondi perduti per rinunce unilaterali della Regione. Fra questi, – prosegue il docente universitario- senza pretesa di completezza, il mancato gettito per i versamenti telematici dirottati sull'erario, la rinuncia ai contenziosi, la scomparsa della compartecipazione alle accise che aveva giustificato l'incremento del carico della Regione per la spesa sanitaria già dall'esercizio finanziario 2009, la cancellazione di residui attivi che vedono come parte passiva lo stesso Stato inadempiente".
"Queste sole somme – ha saggiunto Costa- ammontano a circa 12 miliardi: 5 per la rinuncia al contenzioso, 5, almeno, per la cancellazione dei residui attivi e così via. Ma oltre ai fondi, rinunciati per sempre, permane devastante il flusso continuo di risorse non attribuite alla Sicilia per la mancata attuazione dello Statuto. Somme che, al netto delle spese che la Regione dovrebbe ancora accollarsi al posto dello Stato, ammontano a circa 5 miliardi di euro l'anno che vengono sistematicamente a mancare dal nostro bilancio".
Costa quindi ha fatto riferimento ad una recente polemica sulle Regioni a Statuto Speciale sollevata dal governatore della Toscana, Enrico Rossi (che, attingendo a dati noti solo a lui ha deciso che queste regioni sono un costo per il Paese):
"Si rivela del tutto destituito di fondamento il teorema, diffuso a livello nazionale, del "privilegio" che garantirebbe lo Statuto a discapito e a carico di altre regioni italiane. La realtà ci dice che la Sicilia drena continuamente risorse a favore dello Stato, che non dimostra alcuna attenzione o rispetto per l'economia del nostro territorio, ed appare oggi totalmente indifesa, dal Governo regionale in primo luogo, ma purtroppo anche dalle altre forse politiche presenti in Assemblea, tutte più o meno legate a centrali politiche esterne all'Isola”.
C'è da dire che la Sicilia non è l'unica regione a soffrire pesantemente per le scelte economiche del Governo nazionale. Tutto il Sud, infatti, è in agonia come ha ricordato Armao:
"Il documento di economia e finanza del Governo Renzi, all'esame delle Camere mette da parte del tutto la questione meridionale ed il dramma della Sicilia. Si determina un vero e proprio annichilimento del Sud nella politica economica del Paese. E la Sicilia è la metafora di questa vicenda".
"Il Sud- ha dichiarato Armao- ha smesso di essere una "questione" ed è stato rimosso dall'agenda politica. Non ve ne è traccia nelle ultime dichiarazioni programmatiche del Governo statale, nelle deleghe ministeriali, nelle misure di politica economica, scomparso dal dibattito sulla riforma costituzionale, ridotto ai minimi termini negli investimenti infrastrutturali. Le cose non stanno come le descrive nel DEF il Governo. Il Sud e la Sicilia rimangono inchiodati alla crisi".
In effetti il divario cresce: "Nello scostamento tra andamento del PIL del centro-nord (+0,7%) e sud-isole (-0,4%), quest'ultimo ha registrato nel 2014 una flessione dell'1,3%, sprofondando a -14,5% rispetto al 2007, Immaginando una crescita del PIL regionale costante all’1% attenderemo così sino al 2030 per ritornare ai livelli pre-crisi.
La recessione nel periodo 2008-13 ha ridotto gli occupati nel Mezzogiorno di 520.000 unità (-8,2%), oltre due volte e mezzo il calo di 193.000 unità (-1,2%) registrato nel Centro Nord e nel Sud il tasso di disoccupazione (20,7%) è prossimo a quello Grecia (Centro studi Confartigianato).
"La Sicilia è al default – ha continuato Armao – non più virtuale, ma effettivo grazie alla incapacità dei governi Crocetta e per colpa di quella bancarotta preferenziale di cui parliamo da mesi nei confronti del governo nazionale. Ma alle convenienze delle burocrazie politiche nazionali conviene nascondere la povere sotto il tappeto e t'irare a campare'.
In questo contesto Sicilia Nazione ricorda:
– la mancata conclusione degli accordi di federalismo fiscale;
-la rinuncia a circa 6 miliardi con l'accordo scellerato del 4.6.14, siglato da Crocetta e l'ultima sentenza emblematica della Corte costituzionale, la n. 65/201, non potrà dispiegare effetti per le finanze regionali a causa della clausola di remissione dei contenziosi di quell'accordo;
– la riduzione irragionevole della compartecipazione statale dal 50% al 25%.
Sulla programmazione europea che riduce gli investimenti per la Sicilia;
– la sottrazione di 1 md di investimenti con la finanziaria dello Stato;
– l'accensione di nuovo 1,5 md di nuovo debito per coprire i mancati pagamenti dello Stato;
– l'utilizzazione di oltre 1 md di fondi Pac e FSC solo per garantire il contributo agli equilibri di finanza pubblica;
In conclusione per Sicilia Nazione "Crocetta e Baccei portano a termine il lavoro di devastazione delle finanze pubbliche della Sicilia. Dopo aver rinunciato a 9 miliardi di risorse dei siciliani in favore dello Stato, senza neanche concludere il negoziato sul federalismo, il governo regionale – sostenuto dalla rabberciata maggioranza – dimostra l'incapacità di concepire riforme e crescita e vara documenti finanziari senza consistenza, che impegnano risorse "nelle more" di improbabili accordi con lo Stato, subordinati alle beghe di partito".
Alla fine della onferenza stampa è stata annunciata l'iniziativa per il 15 maggio prossimo ( #15cinque15) che si terrà a Palermo, in Piazza Massimo, "per l'autodeterminazione della Sicilia e per mandare a casa un Presidente inadeguato e che ha tradito l'autonomia".