Alla fine Rosario Crocetta, presidente della Regione siciliana, è diventato il responsabile di tutti i mali di un’Isola sempre più disastrata. E i partiti che lo hanno fatto votare? E gli alleati di Confindustria Sicilia? E gli esponenti delle forze politiche che governano con lui da due anni e mezzo? Tutti senza responsabilità?
Su Crocetta, ormai, se ne dicono tante. Sulla rete viene dipinto in tutti i colori. Anche a Roma non scherzano. Qualche giorno fa la ministra Maria Elena Boschi ha pronunciato la parola ‘fatidica’: commissariamento della Sicilia. Vicenda che ha sollevato un vespaio di polemiche. I giuristi dicono che la Regione siciliana non si può commissariare per questioni finanziarie. Anche se, in realtà, l’assenza di un bilancio potrebbe configurare la persistente violazione dello Statuto (la Sicilia è una Regione autonoma con un proprio Statuto). Con conseguente commissariamento, che deve essere comunque votato da Camera e Senato in seduta congiunta. Con il successivo invio di tre commissari.
Ma il tema, oggi, non è questo. Il tema, oggi, è Crocetta che è diventato, come già accennato, il capro espiatorio di tutti i mali della politica siciliana. Affrontiamo questo tema – con tutto quello che politicamente ci gira attorno – con Tommaso Lima, coordinatore del Megafono di Palermo, considerato l’ideologo del movimento che fa capo al presidente della Regione. Lima nella vita è psichiatra infantile. E fa politica da quando era ragazzo. E’ cresciuto nel vecchio Pci a pane e Gramsci. E non ha perso il gusto della sinistra. Lima, per essendo vicino al presidente della Regione siciliana, non fa parte del ‘cerchio magico’. E’ rimasto fuori da tutti i ‘giochi’ di governo. Ma rimane un osservatore attento. Con lui una chiacchierata si può fare. Anche perché ha sempre dimostrato grande onestà intellettuale.
Allora Lima: che sta succedendo in Sicilia?
“Succedono tante cose. Però dobbiamo partire da una premessa. La Sicilia, o meglio, la questione siciliana va inquadrata in un ragionamento più ampio. La Regione siciliana è amministrata da quasi sette anni dal centrosinistra. Ed è proprio in questa terra dalle mille contraddizioni, patria del trasformismo, che si sta consumando, più che nel resto d’Italia, la crisi della sinistra. E qui dobbiamo fare un passo indietro”.
Facciamolo.
“Intanto partiamo da un presupposto: con la caduta del Muro di Berlino è morta anche la socialdemocrazia. Ed è in profonda crisi la stessa democrazia. Oggi, in Europa, la politica è un’appendice della grande finanza. Con un unico obiettivo: il governo. E’ inutile che ci giriamo attorno: oggi l’Unione europea non è più democratica. L’esecutivo dell’Unione, la Commissione, non è espressione della volontà popolare. La mancanza di democrazia si riverbera, a cascata, nei Paesi che fanno parte dell’Unione europea. Con una stretta antidemocratica maggiore a carico dei Paesi che hanno aderito all’euro. In alcuni Paesi la pressione antidemocratica dell’Europa dell’euro si sente meno. In altri Paesi, come in Italia e Grecia, tale stretta si avverte in modo piuttosto pesante. La mancanza di democrazia che promana da Bruxelles colpisce Roma. E da qui si diffonde in tutte le Regioni d’Italia. Colpendo di più le Regioni più deboli e meno difese, a cominciare dalla Sicilia”.
L’Europa dell’euro ci chiede le riforme. Ma le riforme si possono conciliare mancanza di democrazia?
“Bisogna in primo luogo intendersi sul concetto di riforme. In Europa l’idea riformista della politica non esiste più. Piaccia o no, ma ormai ci troviamo a vivere in una dimensione politica post democratica. In questo scenario quelli che contano sono i riformatori, cioè coloro i quali pongono la questione democratica. Ovvero la rappresentanza democratica nel governo dell’Europa”.
In Italia a porre la questione democratica non sono in tanti. Per non parlare della Sicilia…
“La Sicilia, in questo scenario, deve fare i conti con una doppia questione: europea e nazionale. E con il trasformismo storico, tipico della politica meridionale in generale e siciliana in particolare. Una melassa trasformista che ci portiamo dietro dai tempi di Crispi e di Giolitti”.
Cos’è per la Sicilia l’Unione europea?
“L’Europa unita è lontana dalla nostra Isola. Viene nominata per i fondi europei, che utilizziamo poco e male, sia per responsabilità nostra, sia per il modo spregiudicato con il quale il governo nazionale si prende le nostre risorse per dirottarle in altre aree del Paese, come ha fatto con i fondi Pac. A livello nazionale, insomma, siamo deboli. Tanto deboli che i governi romani, come già accennato, trovano del tutto normale toglierci le risorse finanziarie: cinque miliardi in due anni e mezzo strappati dal bilancio regionale, come che voi scrivete spesso. E adesso il taglio dei fondi per l’autostrada Catania-Ragusa. E Roma avrebbe anche introdotto il pedaggio sulle autostrade Palermo-Trapani-Mazara del Vallo e Palermo-Catania se non fosse crollata la collina che ha travolto il viadotto Imera. In più c’è il problema del già citato trasformismo siciliano. Senza i moderati, in Sicilia, non si vincono elezioni, ci ripetono fino alla noia. Tesi che è vera solo in parte. E che, in ogni caso, dà luogo a confusione. Basti pensare all’inciucio di Agrigento, dove il Pd, debolissimo, ha cercato e cerca ancora un accordo con ambienti di Forza Italia”.
A dir la verità, anche Crocetta è andato ad Agrigento a plaudire all’alleanza tra Pd con ambienti di Forza Italia…
“Anche l’esperienza di Crocetta è costellata da limiti ed errori politici. Però in Crocetta c’è la buona fede. Lo stesso Crocetta, sulle 'pastette' di Agrigento, ha capito di avere sbagliato ed è tornato indietro. Ma una parte del Pd – mi riferisco al parlamentare nazionale Angelo Capodicasa e al deputato regionale Giovanni Panepinto – sono ancora convinti di accodarsi al candidato sindaco Silvio Alessi, pur sapendo che è un esponente di centrodestra che governerebbe la città di Agrigento con il centrodestra”.
Capodicasa e Panepinto sanno che il Pd ad Agrigento – soprattutto dopo lo scivolone delle primarie del centrosinistra con Forza Italia – è debolissimo. E cercano di nascondersi dietro i voti di Alessi…
“Ho capito: ma non è nascondendosi che si risolvono i problemi politici. Ad Agrigento, purtroppo, c’è stato un tentativo, peraltro ancora parzialmente in piedi, di mescolare il Pd con la melassa trasformista che in Sicilia blocca ogni tentativo di cambiamento”.
Però in questa melassa ci sta anche Crocetta. Vogliamo parlare del Muos di Niscemi? In campagna elettorale, due anni e mezzo fa, l’attuale presidente della Regione si dichiarava contrario al mega radar. Poi è diventato filo-americano. Oggi, dopo che la magistratura ha bloccato il Muos, dice che è anche una vittoria sua. Insomma, ci ricorda Zeilg, il protagonista di un celebre film di Woody Allen…
“In verità, in un incontro a Tusa, Crocetta ha dichiarato di essere contro il Muos”.
E perché poi ha cambiato opinione?
“In lui ci sono limiti caratteriali”.
O ha avuto paura a mettersi contro gli americani?
“Non è così, il coraggio a Crocetta non manca. E l’ha dimostrato”.
Quando?
“L’ha dimostrato e lo dimostra ancora oggi. E’ uno dei pochi governanti siciliani che ha provato e continua a provare a liberare la politica siciliana dalla melassa trasformista. Pur tra limiti ed errori, lo ripeto, è l’unico governante dell’Isola che sta provando a fare a meno della vecchia politica politicante”.
A onor del vero ha ‘imbarcato’ nella propria maggioranza mezzo centrodestra siciliano…
“Questa è una lettura politica strabica. E’ vero, in tanti si sono avvicinati al governo di Rosario Crocetta. Mi riferisco ai deputati del Parlamento siciliano e ad altro personale politico. Ma chi ha pensato di utilizzare Crocetta per salire sul carro dei vincitori ha sbagliato indirizzo. Tant’è vero che oggi sono tutti contro di lui: lo attaccano i deputati della maggioranza e anche quelli dell’opposizione. Di Crocetta si lamentano tutti. E questo vi dovrebbe fare riflettere”.
Cioè?
“Passi l’opposizione di sinistra. Cioè l’opposizione di chi vorrebbe l’acqua pubblica, la raccolta differenziata dei rifiuti, il no al Muos e il no all’elettrodotto nella Valle del Mela. Ma contro Crocetta – e in modo più agguerrito – ci sono tutti i cascami della vecchia politica siciliana e i potentati non tanto e non soltanto del centrodestra, ma di tutta la borghesia mafiosa. Crocetta ha tanti limiti, ha commesso tanti errori, ha sbaraccato il sistema della formazione professionale siciliana senza creare un’alternativa: ma il vero dato politico, oggi, è l’astio della borghesia mafiosa nei suoi riguardi. E quando dico borghesia mafiosa mi riferisco a un’altra melassa, ben più pericolosa di quella trasformista. Anche se borghesia mafiosa e trasformisti, in Sicilia, vanno storicamente di pari passo. E non è un caso se queste categorie della vecchia politica siciliana, oggi, siano contro l’attuale governo”.
Anche il Pd è spesso critico con Crocetta. Prima era il Pd siciliano. Adesso quello romano…
“Guardi, il Pd romano lascia il tempo che trova. Questa storia del commissariamento della Regione siciliana non sta né in cielo, né in terra. La Sicilia è in crisi perché l’Unione europea del rigore mette in ginocchio Roma che, a propria volta, penalizza la Sicilia, forse in modo più accentuato rispetto ad altre Regioni italiane. L’ipotesi di commissariamento della Sicilia, che la stessa ministra Maria Elena Boschi ha peraltro negato, sarebbe un autogol del governo Renzi. I siciliani non sono stupidi. E ci sono giornali che, sui conti della Regione, scrivono la verità. Il Pd non potrebbe commissariare se stesso”.
In che senso?
“Nel senso che Crocetta è sempre stato leale con Renzi e con il suo governo. Roma ha tolto alla Sicilia tante, forse troppe risorse finanziarie”.
Avrebbe potuto difendere di più la Sicilia.
“E’ quello che sta facendo. Ma lo fa da esponente di un governo regionale che parla ad un governo nazionale amico. Con Roma l’attuale presidente della Regione non è mai andato sopra il rigo. Sono stati, semmai, certi dirigenti del Pd che lo hanno attaccato, a Roma e a Palermo. E hanno fatto male, perché attaccare Crocetta significa attaccare Renzi. Perché Crocetta sta provando a dare alla Sicilia un Bilancio 2015 facendosi restituire da Roma i soldi che Roma ha preso alla Sicilia. Lo sta facendo utilizzando le leggi della politica, da uomo di governo che parla, lo ripeto, a un governo nazionale amico”.
Bilancio a parte, è saltata anche la riforma delle Province.
“E non è certo saltata perché così ha voluto Crocetta. Il discorso ritorna alla melassa trasformista, che non risparmia certo la maggioranza che sostiene l’attuale governo regionale. Alla fine sa perché è saltata la riforma delle Province? Perché c’è qualcuno convinto di andare avanti un altro anno con i commissari. Se questo non è trasformismo, cos’è?”.