Il c.d. semestre europeo a guida italiana si avvia a conclusione, come l’anno solare che ha visto nascere il governo di Matteo Renzi. L’Esecutivo è in carica da dieci mesi giusti: non troppi, ma nemmeno troppo pochi per uno sguardo d’insieme. Si possono scegliere tre diverse (ma convergenti) prospettive: crisi economica, riforme istituzionali e riforma della Sinistra. Tutte partono e tornano all’Unione Europea. Da cui converrà, dunque, prendere le mosse per questa ideale chiacchierata di fine anno.
L’Europa, com’è noto, è una cornice-giogo: tutti i significati che si possono trarre dalla vicenda politica nazionale devono essere “filtrati” dall’irremovibile contabilità unionistica. Su questo terreno, Renzi ha colto lo spunto di una sofferenza emersa anche altrove e che ha trovato varie espressioni: Le Pen in Francia, Lega e Movimento 5Stelle in Italia, Syriza in Grecia, Nagel Faraj nel Regno Unito, hanno tradotto un umore popolare, frequentemente superficiale ma non inautentico, che segnala quale soglia di insofferenza abbia raggiunto quella fissità aristocratico-contabile.
Forte di questo spauracchio, il Presidente del Consiglio ha potuto avviare alcune utili scaramucce con Angela Merkel; affiancandosi però, governo di sinistra, più accentuatamente alla posizione di David Cameron, conservatore, seppur con gli innesti liberal-chic del suo Vice Nick Clegg. Poichè sono stati rivisti i criteri per calcolare il Pil (compresa la fantomatica “cifra nera”), dovremo pagare 400 milioni di euro suppletivi: la rate ottenute sono una mezza vittoria: giacchè i soldi sono sempre quelli, però si è infranto il tabù della lungimirante perfezione europea. Questo nuovo “modo di interloquire” potrebbe rivelarsi fecondo per affrontare Fiscal Compact e Piano Junker.
Si è trattato di una lettura del proprio ruolo appena appena onesta e onestamente nazionale, in quanto protesa alla salvaguardia di una dimensione quotidiana della politica: quella che si riverbera sul pane e sulla pasta: e, così, da tutti percepibile. La nomina dell’ex Ministro Federica Mogherini, quale Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, pur essendo una carica abbastanza simbolica, tuttavia registra una positiva ricezione di questa pur timida novità.
Semmai, non può sottacersi che, per avviare una linea di sinistra nuova, rispetto alla genuflessione mendace di stampo ulivista, la convergenza di Renzi si sia dovuta orientare verso un governo conservatore, e con la duplice, strategica, caratteristica di essere fuori dall’Euro e di essere l’economia più internazionale e finanziaria del pianeta. E’ una sconfessione sistemica della sinistra-manutengola, proprio perchè l’azione di Renzi non è stata rivoluzionaria, ma semplicemente decorosa, rispetto alla genuflessione mendace con cui l’Ulivo ha promosso il nostro aggiogamento. Gli ampi consensi di origine moderata confluiti su Renzi non significano che egli non sia di sinistra, ma che la sinistra-valvassina continua a disprezzare la storia e l’anima più profonde e popolari dell’Italia: tutte aggrumate nella sintesi figurale, deliziosamente nazistica, dell’Evasore-Ignorante-Mafioso-Puttaniere. A sua (della sinistra incolta e raccomandata) eterna vergogna aver permesso che un Tycoon di belle speranze incarnasse questa presenza.
Genuflessione e mendace, dicevo: perchè la Soglia di Conversione voluta da Prodi e da Ciampi è stata resa semiclandestina, così da agevolare un allineamento al dominio dell’Europa settentrionale (non più ricca, ma solo più organizzata); e perchè il concambio reale di questa abdicazione genocida, cioè tassi di interesse bassi e stabili, funzionali ad un’espansione economica diffusa, era, già all’origine, l’anima truffaldina di quella genuflessione: molto perplesso era stato Craxi, per esempio. I Tassi Bassi sono solo serviti a fomentare una finanza irresponsabile che, tradotta sul metro quotidiano, ha significato credito primario e credito al consumo drogati. Questi hanno sostenuto solo l’apparenza di un espansione, mentre il know how del Paese e il suo nerbo manifatturiero venivano duramente ridimensionati in nome dell’economia globale. Oggi, la retorica della Cicala che deve imparare a fare la Formica, se possibile, aggiunge beffa a beffa. La colpevolizzazione del Debito Pubblico è solo un’espressione geopolitica mellifluamente mascherata; il criterio contabile, un succedaneo delle fanterie. Abbiamo perso: e questa sconfitta è patrimonio inalienabile della solo semirottamata sinistra italiana. Europeista ruffiana e prezzolata (per tutti, il Nostro Prodi ebbe in premio di presiedere la Commissione Europea, a genocidio ormai avviato).
Pertanto, la cornice-giogo dell’Europa è primaria per valutare l’andamento del Governo Renzi. Infatti, gli altri due punti di osservazione, riforma della sinistra e riforme istituzionali ne sono ampiamente determinate. Sul fronte più internamente politico-culturale la più parte l’ho appena sorvolata. “Svoltare” da quella condizione usuraria, non schiamazzando come fanno Grillo e Salvini, ma muovendosi da governante con altri governanti, è un promettente inizio.
Dove Renzi ha cominciato a balbettare è proprio verso gli ambiti in cui quelle scelte culturali e quelle politiche (propagandate dai nostrani Big Players: Gruppi editorial-finanziari variamente illuminati) si mettono in pantofole e abiti domestici: cioè magistratura e riforme istituzionali. La magistratura merita una menzione a parte. Essendo chi, sul piano strategico di medio e lungo periodo, ha sgombrato il campo da resistenze interne curandone la rimozione fisica, affinchè quella genuflessione avesse luogo. E con la concorrente irrisione del pensiero alternativo e scomunica istituzionale, promosse dai suddetti tutori del Pensiero Unico Illuminato. La “decisione politica”, infatti, è stata in questi venti anni di Seconda Repubblica spostata, dal Parlamento e dai partiti, alle Procure della Repubblica. Singole carriere, come argomenti politici generali, sono oggi il più o meno fedele rispecchiamento di questa giostra impazzita che è la Tirannia Mediatico-Giudiziaria.
Con gli inevitabili difetti, la politica deve rimanere fisiologicamente libera da paure e da ricatti. Con le paure e con i ricatti sempre più “ci si metteranno” mediocri e maneggioni; mediocri e maneggioni agiranno sempre più considerano la “variabile giudiziaria” con serafica indifferenza, come un costo sopportabile per carriere e “benefits” comunque ampiamente appaganti. Una persona perbene, se sospetta di essere un delinquente, e al pensiero di veder brutalmente liquidata la sua vita come losca faccenda da codice penale, si può anche suicidare (Sergio Moroni, Gabriele Cagliari, Raul Gardini). Expo, Mose, Roma “ladrona” e “mafiosa”, hanno questa radice. Seguitare a non capirlo ha l’evidente scopo di mantenere “la politica” in condizione di sudditanza, e di consolidare le “vie brevi” della gestione mediatico-giudiziaria del Potere. Il ripristino dell’equilibrio riconduce al “la DC non si processa” di Aldo Moro, pronunciato in Parlamento: o, più semplicemente, all’equilibrio dei Poteri.
E’ apprezzabile l’ “oh che paura” di Renzi, lanciato all’ANM a proposito dell’ennesima protesta sulla riforma giudiziaria (peraltro, con la separazione delle carriere rimasta sullo sfondo), ma le ultime scelte, su Autorità Anticorruzione (che andrebbe abrogata) e durata della prescrizione, registrano un significativo (e preoccupante) allineamento.
La guerra di posizione voluta sulla riforma del Senato, annunciata con gli insulti del Senatore Mineo: “Renzi è autistico”, è un corollario dell’inerzia reazionaria che quella infausta e persistente sinistra seguita ad imporre all’Italia. Un altro potrebbe tradursi nella scelta del prossimo Presidente della Repubblica. Prodi, ad honorem, e Finocchiaro, in sedicesimo, esprimono tutto quello che la Sinistra italiana non doveva essere ed è stato. Se Renzi prendesse a tartagliare pure sulla successione di Napolitano avrà liquidato la Leopolda: con tutto quel tanto o quel poco che può ancora significare.