"Cosa succede in Venezuela" è anche il titolo del video che la cittadina venezuelana e attivista Adreina Nash ha montato e postato in maniera virale e mondiale ormai da qualche giorno.
Ed è molto di più di ciò che il mainstream nazionale italiano sta divulgando in questi giorni da quando il 12 febbraio scorso, dopo una 3 giorni di tensioni e già gravi scontri tra polizia e manifestanti, quattro studenti sono rimasti uccisi e decine sono stati i feriti. L’ultima in ordine di tempo è la morte della studentessa 23enne Genesis Carmona, colpita alla testa mentre manifestava da uomini che hanno aperto improvvisamente il fuoco e fatto anche 8 feriti.
Il 12 febbraio è ormai da due secoli la festa della gioventù venezuelana e quest'anno migliaia di studenti e giovani hanno riempito le strade di Caracas, Valencia e San Cristóbal di striscioni e proteste. Su Twitter, l’hashtag riconoscibile degli utenti, il #12F accompagnava il percorso delle strade, un asse piazza-virtuale come non se ne vedevano dalla cosiddetta Primavera Araba.
Migliaia di studenti soprattutto, e cittadini, hanno invaso le strade delle città venezuelane reclamando a gran voce i loro diritti: diritti a essere difesi dalla insicurezza che batte le strade ogni giorno (tra rapine e omicidi come fossero scampagnate), l'inflazione quasi al 60%, l’ormai irreperibilità di alimenti e prodotti (proprio ieri sembra che Maduro, il presidente col testimone di Chávez, abbia concesso l’approvvigionamento di farmaci e prodotti alimentari per i prossimi 4 mesi).
A guidare le proteste, il leader del movimento Volontà Popolare, Leopoldo López, il quale martedì, dopo che il governo aveva lanciato il mandato di cattura contro di lui e aveva fatto irruzione nella sua abitazione e in quella dei genitori, si è consegnato alle autorità “perché tutti cittadini si sveglino e per il mio paese”. I quotidiani italiani inizialmente avevano riportato dell’arresto avvenuto e non del solo mandato di cattura, a dimostrazione che i “subbugli” in Venezuela rappresentano qualcosa di lontano e sconosciuto per i media e il paese. Infatti, le gravi proteste sono solo l’ultima spia accesa di tante cose accadute: servizi di trasporto tagliati nelle zone in cui più massiccia è la residenza dei manifestanti, canali TV nazionali chiusi o comprati dal governo, social network messi a tacere (e ‘liberati’ poi da una rete di hackers), bande militari vicine al governo, “i colectivos”, che sequestrano e malmenano gli studenti… insomma, non esattamente poco da raccontare anche se i 25 morti a Kiev (altro luogo di scontri tra manifestanti e polizia che si stanno ripetendo da giorni in Ucraina, dopo una prima tregua, e che tuttavia ha fatto battere le tastiere nostrane soltanto alla notizia dei 25 morti) è comprensibile facciano più rumore e prendano più spazi.
Ma come dicevamo, le proteste erano in corso da tempo: il 2 febbraio scorso un politico figlio di immigrati italiani e originario di Corvara (PE) è stato arrestato, Giuseppe Di Fabio il suo nome, con l’accusa di aver partecipato alle proteste di fronte all'hotel Venetur, dove alloggiava la squadra cubana di baseball.
Parlare con i cittadini armati di cellulari è ancora possibile, a colpi di wattsapp e Twitter: Magda M., pediatra in una clinica, alterna la partecipazione alle manifestazioni al suo lavoro con i bambini e nonostante la mancanza continua di medicinali e strumenti medici. La clinica in cui lavora al momento dello scambio (martedì 18 febbraio) è vuota, molti hanno lasciato il posto per seguire Leopoldo López che ha deciso di arrendersi alla Guardia Nacional. Magda indica un sito internet e una web tv dal quale seguire le vicissitudini delle proteste e delle rappresaglie eutv.net: "E’ nuova e poiché trasmette da satellite non è possibile spegnerla o comprarla".
Non pubblichiamo il suo nome per intero per non farla incorrere in ripercussioni spiacevoli: Che tipo di ripercussioni, Magda? "Persecuzioni oppure perdita di lavoro soprattutto nel pubblico: parlare con la stampa equivale a cospirare contro il governo". "Come ai tempi di Chávez – riprende Magda – quando istituirono una lista, la lista Tascón, che individuava tutti coloro che avevano firmato contro Chávez; costoro dopo l’approvazione di un referendum furono licenziati dal pubblico". Si tratta, infatti, del referendum del 2004 successivo alla petizione indetta tra il 2003 e il 2004.
Intanto Twitter ribatte come un motto i 4 nomi degli studenti assassinati: ”Mi nombre es.. Bassil da Costa.. Il mio nome è Robert Redman, il mio nome è José E. Méndez fino a Genesis Carmona.
Il Presidente Maduro ricorre sempre al termine “fascisti” per gridare al golpe e alla violenza “commessa dai manifestanti” appoggiato in questo anche dal Presidente della Bolivia Evo Morales, il quale urla contro l’impero americano e le manovre per sovvertire la democrazia in Venezuela. Proprio martedì, Maduro, ha comunicato l’ordine di espulsione di tre diplomatici americani accusati di aver incontrato alcuni studenti in protesta.
E’ un fatto questo, della divisione destra-sinistra, molto spesso usato nella sua ambiguità in Venezuela e in genere nei paesi centro-americani, usato da governi in pectore o governi-contro. Non sta a noi dare delle definizioni (anche perché i parametri con il nostro paese in tal senso non sono assimilabili), ma lo stesso coordinatore nazionale del maggiore partito di opposizione “Primero Justicia”, Julio Borges, in un’intervista del 2012 aveva apertamente dichiarato di non essere affatto indicabili o assimilabili come partito di “destra” bensì come partito “centro-progressista” (intervista del 20 febbraio 2012 su “El Universal”, uno dei maggior quotidiani venezuelani stampato a Caracas) sottolineando la necessità di chiuderla con gli estremismi. Henrique Capriles, leader di “Primero Justicia”, non ha voluto seguire i manifestanti nell’esasperata ribellione contro Maduro e il suo governo, dichiarandosi contrario alla protesta in questa forma forte e quindi operando una divisione netta tra quello che era maggiormente il suo elettorato e il partito.
"Anche per questo – afferma Magda – non credo sia possibile pensare a un’operazione destabilizzante organizzata appositamente dall’opposizione; in Venezuela non esistono divisioni politiche nette… (in effetti la destra in quanto tale esiste nel partito di Maria Corina Machado, la “Asemblea Nacional” che è comunque presente con i suoi seggi nel parlamento venezuelano, ndr)".
Due giorni fa il giornalista Castro Ocando ha pubblicato dal suo account twitter una foto che mostra il dispiegamento di un gruppo speciale di militari cubani (Los Fusileros” – I fucilatori – ) ma per la conferma di quanto dichiarato attendiamo anche la risposta del giornalista Nelson Bocaranda in supporto al governo di Maduro. Twitta Ocando:'I cubani hanno inviato un gruppo speciale conosciuto come los fusileros, esperti nel contrastare ribellioni. Lo hanno già fatto in Africa".
I buchi lasciati liberi dalla stampa italiana sono a tratti coperti da cronache smilze e affrettate, a parte qualche piccolo approfondimento su Repubblica e anche un pezzo più dettagliato e ricco di immagini a cura della giornalista Anna Mazzone su Panorama on line. Forse è malafede o forse è Sanremo chissà.