Joseph LaPalombara, Arnold Wolfers Professor of Political Science & Management alla Yale University, un quarto di secolo fa scrisse un libro molto discusso nei "think tank" frequentati dai politologi americani che si occupavano d'Europa. In Democracy Italian Style, La Palombara capovolse l'interpretazione che vedeva l'Italia come il "malato d'Europa", paese condannato all'instabilità politica permanente e imprevedibile. Circolava allora una battuta tra gli americani che andavano in Italia per affari, per studio o in vacanza, i quali non sapendo il nome del capo del governo italiano, esclamavano: no problem, quando l'aereo atterrerà, il capo del governo sarà già cambiato… Il Professore di Yale invece sosteneva nel suo saggio "controcorrente" che il sistema politico italiano, pur con tutte le sue disfunzioni, fosse una storia di successo, in grado di servire un paese "speciale", uscito in ginocchio dalla guerra ma che grazie proprio alla sua Democracy Italian Style, era riuscito a diventare la quinta potenza economica mondiale.
La profonda conoscenza dell'Italia da parte di LaPalombara non era basata solo sul lavoro del ricercatore accademico che da dietro una cattedra di una prestigiosa università dedicava le sue energie intellettuali all'analisi dell'oggetto di studio. LaPalombara, nato e cresciuto a Chicago da una famiglia di origini abruzzesi, infatti, non solo ha vissuto in Italia per anni, ma ogni volta che tornava, aveva incarichi professionali diversi. Da diplomatico all'Ambasciata di Via Veneto, a professore in varie università della penisola, a consigliere di grandi società italiane pubbliche e private. Tanti i personaggi protagonisti della politica, dell'economia e della cultura italiana che LaPalombara ha incontrato e che ha considerato, oltre che amici, "oggetto" del suo studio, troppi per elencarli tutti. Sicuramente, Joseph LaPalombara, tra i politologi "italianisti" d'America, resta il più famoso nei piani alti della politica italiana.
Noi de La VOCE di New York, in questo 2014 appena iniziato, abbiamo voluto porre una serie di domande all'autore di quel famoso libro, sicuri che il professore di Yale avrebbe avuto ancora delle idee "sorprendenti" sullo stato di salute dell'Italia.
Professor LaPalombara, sono passati 25 anni dal suo Democracy, Italian Style. In quel libro descriveva un sistema politico che, sebbene inadatto ad altre democrazie occidentali, secondo lei funzionava bene per l'Italia. Da decenni si vuol "rifondare" il sistema politico italiano, con scarsi o nulli risultati raggiunti finora. Lei cosa salverebbe ancora della Prima Repubblica?
Vedo che lei non condivide la fantasia che esista in Italia una Seconda o magari persino una incredibile Terza Repubblica. Infatti, dal 1948, c'è stata soltanto una Repubblica in Italia e, nonostante tutto, una straordinariamente buona, quella costruita dai famosi 75 saggi che furono chiamati a scrivere una costituzione per un paese lasciato in condizioni miserabili dall'esperienza fascista. Al contrario dei francesi, che quando si stancano di una repubblica, ne creano ufficialmente un'altra, gli italiani sembrano contenti di riferirsi a delle repubbliche che esistono forse soltanto nella loro individuale immaginazione.
Francamente lascerei intatta la maggior parte della costituzione esistente. Questa Costituzione, così come interpretata dalla Consulta, ha permesso all'Italia di gradualmente trasformarsi economicamente, socialmente e anche politicamente. Ha sviluppato un sistema democratico che può facilmente essere paragonato – e direi che tal volta supera in qualità – a molti degli altri sistemi democratici esistenti, incluso quello degli Stati Uniti. L'ho già affermato e documentato molte volte in passato, e non ho ancora alcuna ragione per cambiare il mio giudizio.
Ma se lei avesse tra le mani la lampada di Aladino con la possibilità di far avverare tre desideri, quali sarebbero le tre riforme più urgenti che vorrebbe in questo momento per l'Italia?
Anche se avessi la lampada di Aladino, se il genio dentro sapesse della sua domanda non verrebbe fuori! Questo perché le riforme che vorrei con urgenza, almeno quelle più importanti, non sarebbero considerate. La mia prima riforma, e nel mio pensiero quella di cui ovviamente c'è più bisogno, coinvolgerebbe infatti la magistratura. La seconda si riferirebbe alla forma di governo nazionale, e la terza avrebbe a che fare con la legge elettorale.
Qualche anno prima di Tangentopoli, scrissi che l'unico serio pericolo per la democrazia italiana era la magistratura stessa. Poi, una volta avvenuto quel coup effettivamente orchestrato dai magistrati durante gli anni di Mani Pulite, l'ho scritto di nuovo, accentuando ancora di più il concetto. Ho visto la magistratura, specialmente dopo il 1994, essere attivamente coinvolta nel far cadere più di un governo. Per qualche tempo la magistratura è stata uno stato dentro lo stato. I suoi membri sono degli "intoccabili". Ogni critica verso i magistrati viene immediatamente silenziata dall'ANM e anche dalle fazioni politiche e da una parte dei media. Anche il Presidente della Repubblica può essere pubblicamente fustigato, se dovesse permettersi di essere anche solo leggermente critico nei confronti dei magistrati, suggerendo, per esempio, che dovrebbero astenersi dal cercare continuamente di apparire nei titoli dei giornali. La prima e più critica riforma è assolutamente la separazione del ruolo investigativo di un magistrato da quello della funzione di giudice. Il fatto che, per legge, questi due ruoli, nel tempo, possono essere intercambiabili è già di per sé una fondamentale ragione di allarme. Questo sarebbe solo un primo passo, perché ci sono tante altre riforme necessarie, in cui il comportamento dei magistrati che conducono le indagini sarebbe interessato.
Per quanto riguarda poi la forma di governo, l'Italia dovrebbe riformare quella parte della costituzione in modo che la sua forma diventi ancor più genuinamente parlamentare, al contrario dell'accordo esistente in cui il premier non è realmente paragonabile al primo ministro britannico o al cancelliere tedesco. Il presidente del Consiglio italiano è essenzialmente a capo di una commissione. I membri del governo italiano possono tenere conferenze stampa in cui esprimono opinioni opposte alle politiche del premier, incluse quelle che sono state accettate dalla maggioranza degli altri membri dell'esecutivo. Qualcuno crede che un sistema semi-presidenzialista, di tipo francese, sarebbe la soluzione giusta. Io non sono affatto d'accordo, per il semplice motivo che l'Italia è troppo divisa internamente, in molte dimensioni, per poter evitare che un sistema presidenzialista del genere non divida il paese ancora di più.
Giustizia: che fare allora?
Come ho già detto prima, i magistrati, nell' entrare in servizio, dovrebbero essere obbligati a scegliere tra la carriera investigativa di procuratore, e quella di giudice. Inoltre aggiungo che non si dovrebbe accordare loro la sicurezza di un mandato a vita non appena entrano in servizio, ma dovrebbero essere strettamente monitorati e valutati per le loro competenze, incluse quelle attuali. Al contrario di quello status visto come "al di sopra della politica" che credono di avere.
Legge elettorale: secondo lei quale sistema funzionerebbe meglio per l'Italia?
Quella esistente è semplicemente ridicola e mi sembra che questo sia stato capito da tutti in Italia. Il presidente Giorgio Napolitano ne fece una condizione per accettare un secondo mandato, che l'attuale legge elettorale venisse cambiata. È ovvio che il paese non dovrebbe tornare alle urne senza che prima avvenga una riforma della legge elettorale. Io ho firmato con altri 99 una lettera per appoggiare un sistema a due turni, molto simile a quello francese. Farei adottare questo sistema soltanto per il potere legislativo, e le elezioni dovrebbero avvenire all'interno di ogni singolo distretto. Il ballottaggio tra due candidati accadrebbe ogni volta che nessun candidato riesce ad avere la maggioranza dei voti espressi. Anche un ritorno al sistema della Prima Repubblica sarebbe meglio del Porcellum, ma almeno dovrebbe essere introdotto il limite del 4% per evitare che partiti minuscoli vincano seggi nella legislatura. Ripeto: il presidente Napolitano aveva posto come condizione al suo inedito secondo mandato la riforma elettorale, e questo patto dovrebbe essere rispettato immediatamente.

Matteo Renzi
Che idea si è fatto del sindaco di Firenze Matteo Renzi? Cosa si aspetta che farà da leader del PD e cosa pensa non potrebbe mai fare in futuro?
Per ovvie ragioni Matteo Renzi resta un enigma, per molti, in Italia così come all'estero. Non emerge nulla di particolarmente eccezionale riguardo alla sua leadership come sindaco di Firenze. La sua retorica nella campagna elettorale effettivamente risulta astratta, come molti dei suoi critici affermano, e questo potrebbe anche essere inevitabile, date le condizioni spezzettate in cui si trova non solo il corpo elettorale ma lo stesso PD. Io credo che Renzi favorisca la conversione dell'attuale sistema bicamerale non in una camera unica ma, piuttosto, in un sistema che assomigli al modello tedesco, dove il Bundesrat, come organismo che rappresenta il territorio invece che la popolazione, avrebbe poteri limitati rispetto al Bundestag. Credo che questo abbia un senso, soprattutto se lo paragoniamo al modello USA.
Matteo Renzi, come Enrico Letta, rappresenta una generazione più giovane di leader politici, che stanno premendo per togliere le redini della guida politica a quella vecchia. È un passo positivo anche se, come ha avvertito il Financial Times in un suo editoriale, si spera che Renzi sia paziente ed eviti di sconvolgere l'attuale delicato equilibrio politico. Mi è stato già chiesto se penso sia possibile che Letta e Renzi possano andare d'accordo e diventare amici. Ho risposto che forse aspettarsi l'amicizia tra due toscani, tra un fiorentino e un pisano, sarebbe troppo. Ma penso che sia nell'interesse politico di entrambi ricordarsi del vecchio proverbio: chi va piano, va sano e va lontano.
Quanto a ciò che Renzi non sarà in grado di fare, almeno non nel futuro a medio termine, penso a cose come la riforma della magistratura; una drastica riduzione del debito pubblico; una radicale riduzione dell'evasione fiscale; unire la sinistra.
Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle. Alle prime elezioni nazionali ha raggiunto il 25%. Come giudica l'impatto di questo movimento politico nato praticamente su Internet attorno al blog di Grillo? Secondo lei ha provocato una scossa necessaria per il Palazzo della politica italiana o sarebbe un pericolo per la democrazia?

Beppe Grillo
Dopo la totale distruzione del sistema politico italiano dei partiti nato nel dopoguerra ad opera di magistrati militanti, l'elettorato italiano divenne e resta ancora, altamente fluido e potenzialmente volatile. Spesso si dimentica che la prima persona ad avvantaggiarsi di questa situazione è stata Silvio Berlusconi. Nessun leader politico nella storia delle democrazie si avvicina ad eguagliare la sua prima performance: dopo aver fatto oltre un miliardo di dollari col business, abbandonare il business e decidere di entrare in politica; invece di entrare in un partito esistente, crearne uno tuo ex novo e chiamarlo con una frase che si grida negli stadi durante le partite di calcio… E appena 120 giorni dopo aver fondato questo nuovo partito diventare, attraverso libere elezioni, il premier del tuo paese! E quindi tornare ad essere premier una seconda e una terza volta! E poi essere sconfitto politicamente non alle urne ma per mano di magistrati politicizzati e per colpa di uno stupefacente e stupido comportamento personale.
Ecco che una volta stabilito questo, l'impresa di Beppe Grillo appare meno impressionante. Ma detto questo, Grillo e i Cinque Stelle rappresentano certamente un movimento populista che non si limita soltanto all'Italia, anche se sta emergendo qui in una forma più forte. Anche se non posso andare nei dettagli del significato e delle implicazioni di questo movimento, io credo che l'austerità economica e le condizioni di crescita dei livelli di ineguaglianza, ormai endemici nei sistemi democratici europeo e americano, siano le cause alla radice di questi potenziali cambiamenti destabilizzanti. Per fortuna per l'Italia, credo che Grillo sia abbastanza superficiale e appare tanto imprudente quanto indisciplinato.

Enrico Letta
E come giudica finora l'operato del governo Letta?
Date le circostanze, mi sembra che Letta abbia fatto abbastanza bene. Grazie all'aiuto arrivato da alcuni esponenti del PDL, sembra che sia riuscito a sopravvivere politicamente, e potrebbe ora essere nella posizione, con l'aiuto del Colle, di fare dei passi avanti verso le riforme. È anche vero che l'Italia economicamente si trova ancora in grossi guai e il 2014 sarà ancora molto difficile. Ma è allo stesso tempo vero che i denigratori si sbagliavano a definire l'Italia il "malato d'Europa", date le condizioni di altre economie europee dentro l'eurozona. Inoltre senza Letta al governo, credo che sarebbe stato più difficile per il presidente Napolitano garantire quella benedetta leadership che continua ad esercitare.
Come giudica l'operato del presidente Giorgio Napolitano? E se potesse dargli un suggerimento per l'anno nuovo?

Giorgio Napolitano
Il presidente Napolitano sicuramente non ha bisogno dei miei consigli. Considero la sua presenza al Quirinale e la sua decisione di accettare un secondo mandato presidenziale un altro dei miracoli italiani. Il notevole equilibrio e senso dello stato che ha portato nel suo ufficio, l'esempio di rettitudine politica e morale che esibisce ogni giorno, questi sono tutti fattori che spiegano il perché, politicamente parlando, l'Italia non sia precipitata nel caos. Forse io sono anche un po' troppo compiaciuto del fatto che, tanti anni fa, ero tra quelli che negli USA aiutarono a portare questo straordinario essere umano all'attenzione del mio Paese.
Come giudica i venti anni in politica di Silvio Berlusconi? Secondo lei il Cavaliere è veramente politicamente finito o conterà ancora nella politica italiana? E secondo lei Angelino Alfano sarebbe un traditore, un opportunista oppure seguirebbe ancora una strategia politica dettata dal suo padrino politico?

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano
Soltanto un accecato di partigianeria politica o, un cretino, rischierebbe di seppellire politicamente Silvio Berlusconi. Come ho detto prima, la sua ascesa politica è stata senza eguali nella storia delle democrazie del dopoguerra. Ovviamente lui continua ad attrarre il supporto di milioni di italiani, molti dei quali credono, come pure io del resto, che col suo comportamento personale ha consentito troppo facilmente ai magistrati di orchestrare la sua caduta politica. Allo stesso tempo, Giulio Andreotti, un altro degli obbiettivi favoriti dai magistrati, era stato sette volte primo ministro, quindi può essere benissimo che non abbiamo ancora finito di vedere Berlusconi protagonista in politica. Per quanto riguarda Angelino Alfano, lascio a voi giornalisti cercare di capirlo.
Se lei fosse in questo momento l'ambasciatore USA in Italia, e dovesse inviare a Washington un rapporto sulle previsioni politico-economiche-sociali dell'Italia per il 2014: sarebbe positivo o negativo?

Joseph LaPalombara
Se dovessi scrivere quel rapporto per Washington in questo momento dall'Italia, ricorderei prima di tutto che negli ultimi 60 anni l'Italia è stata troppe volte giudicata non più aggiustabile e quindi impossibile da salvare politicamente. Quindi metterei in risalto che, a paragone con gli stessi Stati Uniti, malgrado i suoi molti problemi, l'Italia si trova in una situazione migliore riguardo alle aspettative di vita dei suoi cittadini, alle condizioni dell'assistenza sanitaria, all'incidenza di molte malattie, alla proporzione della popolazione che vive sotto i livelli di povertà, alle aspettative dei genitori riguardo il futuro sociale ed economico dei loro figli, ai risultati nell'istruzione degli studenti nelle varie fasce d'età a confronto, all'assistenza per i disoccupati, alla struttura del debito pubblico nazionale, e persino nell'abilità delle sue pur fratturate istituzioni nazionali di governo di evitare quel tipo di paralisi e pericoli di inadempienza finanziaria che hanno recentemente caratterizzato l'America. Quindi esorterei chiunque a non svendere l'Italia, persino in questa situazione quando, è ovvio, il 2014 rimarrà ancora una difficile sfida per i leader economici e politici italiani.
Nei 65 anni di Repubblica italiana, qual è stato secondo lei il miglior leader politico? E il peggiore?

Alcide De Gasperi
Difficile identificare un singolo eccezionale leader politico italiano. Allo stesso tempo viene altrettanto difficile negare ad Alcide De Gasperi quel riconoscimento. Senza la sua statura morale e senza il suo coraggio, particolarmente nel suo modo di confrontarsi con gli Stati Uniti in un momento critico della storia del dopoguerra, non si sa dove l'Italia e, per la stessa ragione, anche l'Europa, sarebbero adesso. Se devo nominare un altro italiano, sarebbe Enrico Mattei. Per quanto riguarda invece il peggiore dei leader, preferisco un no comment.
L'Unione Europea conviene ancora all'Italia?
L'Italia non ha altra opzione eccetto quella di continuare a rimanere un membro attivo e aderente dell'UE. Ho i miei dubbi che l'Eurozona possa sopravvivere nella sua presente configurazione. Ma non spetta all'Italia, in nessun modo, sconvolgere certi equilibri esistenti, per quanto delicata e problematica possa essere la situazione.