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December 6, 2013
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Primarie PD in Nord America: perché ci siamo candidate

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
A sinistra, per Matteo Renzi: Lucina Di Meco; al centro, per Pippo Civati: Pamela Campa; a destra per Gianni Cuperlo: Elena Luongo

A sinistra, per Matteo Renzi: Lucina Di Meco; al centro, per Pippo Civati: Pamela Campa; a destra per Gianni Cuperlo: Elena Luongo

Time: 17 mins read

 

Domenica in tutta Italia, ma anche all'estero, si vota alle primarie per scegliere il segretario del Partito Democratico. Grande favorito è il sindaco di Firenze Matteo Renzi che da leader del PD punta a diventare premier. A sfidarlo, i parlamentari del PD Gianni Cuperlo e Giuseppe (detto Pippo) Civati, il primo vicino all'ex premier Massimo D'Alema, il secondo, outsider che fino a qualche tempo fa nessuno credeva in grado di impenseriere i due principali rivali.

Anche a New York gli italiani potranno votare, senza necessità di essere iscritti al Partito Democratico. Dalle 10 alle 19, presentando un documento di identità e con due dollari di contributo per le spese organizzative , si potrà esprimere la propria preferenza in due seggi: a Manhattan, all’Immigration Center, 25 Carmine Street; nel Queens, all’Auburndale Soccer Club, 25-44 Francis Lewis Blvd, Flushing. 

Registrandosi sul sito entro venerdì 6 dicembre si può votare anche online. 

Per aiutarvi a scegliere il candidato più vicino al PD che vorreste, La VOCE di New York ha intervistato tre giovani donne che hanno deciso di impegnarsi per l'Italia scegliendo il maggiore partito della sinistra: Lucina di Meco, Pamela Campa ed Elena Luongo. 

Raccontaci chi sei:

Lucina Di Meco Lucina Di Meco (lista per Renzi): Sono nata a Sanremo, ho una laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche e un Master in Economia dello Sviluppo. Da oltre 10 anni vivo e lavoro fuori dall’Italia, prima in Messico, un Paese che amo profondamente, ora negli Stati Uniti, a New York. Mi occupo di diritti delle donne e cooperazione allo sviluppo. Le mie passioni sono le pari opportunità, la politica e le scorze d’arancia candite e ricoperte di cioccolato fondente.

Pamela Campa Pamela Campa (lista per Civati): Sono residente a Calgary, Canada. Sono nata 30 anni fa nell'amato Salento che ho lasciato per trasferirmi a Milano a 19 anni. Mi sono laureata in Discipline Economiche e Sociali all'Università Bocconi. Dopo uno stage alle Nazioni Unite a Bangkok, ho conseguito un Master in Development Management all'LSE, per poi appassionarmi alla ricerca. Ho conseguito il PhD in Economics all'Università di Stoccolma, in Svezia, trascorrendo un anno come visiting a UC Berkeley. Ora sono un Assistant Professor in Economics alla University of Calgary, dove mi occupo di ricerca sui temi dell'economia ambientale e dell'economia di genere, e insegno economia ambientale ed econometria. Mi sono iscritta al PD quando Civati ha chiesto “che ci fate là fuori”, perché ha capito che c'era troppo lavoro da fare per rimanere a guardare.

Elena Lungo Elena Luongo (lista per Cuperlo): Sono nata nel 1972 a S.Angelo a Fasanella, in provincia di Salerno. Ho conseguito il Bachelor of Arts presso la Hofstra University, il Master in Lingua e Letteratura italiana alla Columbia University e il Ph.D. alla Johns Hopkins University con una tesi sulla figura materna in Alberto Moravia e Luigi Pirandello. Attualmente risiedo nel Queens e insegno alla Adelphi University e a York College, oltre ad essere impegnata in politica come presidente del circolo PD New York.

 

Perché hai deciso di impegnarti nella politica italiana pur vivendo in Nord America e perché hai scelto il PD?

Lucina: Ho deciso di fare attivismo nel Partito Democratico, come iscritta prima e come Segretaria ora del Circolo PD New York, perché non credo che stare a guardare e criticare da fuori sia sufficiente. Noi italiani all’estero rappresentiamo una risorsa estremamente importante per il nostro Paese, vista la chiarezza e la pienezza, spesso dolorose, con cui vediamo la situazione italiana.

Sul perché fare attivismo nel PD, non l’avrei fatto in nessun altro partito perché il PD è, a mio avviso, l’unico portavoce credibile di una visione di Italia giusta, moderna e piena di opportunità. L’unica alternativa al malgoverno della destra e alla bacchetta magica dei populisti che promettono finti futuri o impossibili ritorni al passato. L’unica opposizione sistematica a una visione personalistica e ultraliberista di Paese. Un Partito che è stato l’unico, nel suo programma, a includere chiaramente e fortemente le politiche per le donne.

Pamela: Pur vivendo all'estero da sei anni, in Italia ho trascorso la porzione più grande della mia vita e ho gli affetti più cari. Credo che nessun Paese al mondo abbia un potenziale più inutilizzato del nostro; questo rende le sfide della politica nel nostro Paese più urgenti e appassionanti. Ho votato l'Ulivo, perchè ho sempre creduto che il progresso debba essere comune e diffuso, e poi il PD, perché credo che abbia, appunto, il più alto potenziale inutilizzato tra tutti i partiti e movimenti d'Italia.

Elena: Sebbene viva negli Stati Uniti da diversi anni, non ho mai smesso di pensare all’Italia con profondo orgoglio ed affetto. Anzi, nel cogliere la sofferenza che stanno vivendo i miei connazionali sento di amarla ancora di più. Se ho deciso di entrare in politica è perché voglio provare a dare un seppur piccolo contributo per arrestare il declino del mio Paese. L’Italia ce la può fare e credo che il Partito Democratico possa offrire le condizioni giuste affinché questo possa realizzarsi. Continuo a credere che il mio Partito, nonostante gli alti e bassi di questi anni, possa realmente interpretare le istanze dei più deboli e attuare le politiche indispensabili per il bene della collettività. 

 

I candidati in queste primarie sono Gianni Cuperlo, Matteo Renzi e Pippo Civati: perché hai scelto questo candidato sugli altri due? 

Lucina: Mi sono candidata nella lista Renzi perché credo Matteo sia l’unico candidato in grado di offrire alla sinistra italiana il profondo cambiamento di cui ha bisogno, avvicinandola alle persone comuni e dando un’anima e una direzione al grande progetto politico rappresentato dal Partito Democratico. Credo che quella che abbiamo è un’opportunità storica per votare un segretario nazionale del PD che sia in grado di proporre un’idea moderna e vincente di sinistra, rinnovare il più grande partito italiano e liberarci delle zavorre ideologiche e clientelari del passato per guardare al futuro. Votando Matteo, gli italiani e le italiane possono dimostrare che credono in un’Italia dalle risorse infinite, capace di guardare all’Europa e alle sfide del futuro senza paure. Un Paese nel quale valga la pena investire e per il quale valga la pena darsi da fare, costruendo un avvenire in cui i nostri figli potranno avere sogni più belli e grandi del posto fisso e del contratto a tempo indeterminato. Un Paese per giovani.

Pamela: Mi sono appassionata al progetto politico di Civati per tre ragioni. Primo, perché Civati non ha paura di portare nell'agenda del PD temi che sono e devono essere di sinistra. Penso alla maggiore patrimonializzazione del sistema fiscale. In un Paese in cui il gettito da IMU in percentuale del PIL è meno della metà di quello della Francia e dell'Inghilterra, e in cui abbiamo una tassazione del lavoro tra le più alte d'Europa, la sinistra dovrebbe dichiarare l'abbassamento delle tasse su chi crea lavoro e su chi lo presta una priorità non negoziabile, piuttosto che cancellare l'IMU per chi la può pagare. Penso alla sostenibilità, che con la mozione Civati diventa finalmente un programma, con le proposte di generazione di elettricità diffusa e di efficienza energetica degli edifici pubblici, di riduzione dei rifiuti alla fonte e di riconversione ecologica degli inceneritori. Secondo, Civati segretario ridarebbe credibilità alla politica, perché sulle questioni dirimenti assume una linea chiara che non si presta ad ambiguità, la segue nel tempo e prende decisioni coerenti con quella linea. L'esempio migliore è la sua posizione sulle larghe intese, verso cui Civati si è mostrato scettico sin da aprile; infatti non incassa l'appoggio di alcun ministro o governista. Terzo, Civati ricostruirebbe l'idea di partito e di circoli non come filiere di tessere e di voti, ma come luoghi di discussione e di elaborazione politica; Civati segretario, per esempio, avrebbe consultato gli iscritti prima di fare le larghe intese, mentre l'attuale dirigenza del PD non ha neppure consultato i gruppi parlamentari.

Elena: Onestamente fino a pochi mesi fa non conoscevo neppure Gianni Cuperlo ma dopo aver esaminato il suo ampio testo pieno di spunti e di proposte, è il candidato a cui mi trovo più vicina per idee politiche e che ha saputo ispirarmi grazie alla sua passione politica di altri tempi. È un candidato di valore, culturalmente solido, serio, che assicura e rassicura la sinistra. Mi colpisce il modo in cui affronta con umiltà e senza populismi temi  fondamentali. Chiama i giovani a reagire e farsi parte in causa del cambiamento e del rinnovo del Partito. Forte è il richiamo a far partire il riformismo dal popolo e non per esso, la riaffermazione dell’etica pubblica che ormai non esiste più, l’invito alla riscossa civile e morale del Paese, di cui l’Italia ha tanto bisogno, in nome di una rivoluzione della dignità per combattere le disuguaglianze sociali e salvaguardare i diritti e la dignità della persona. Gianni Cuperlo antepone il Noi all’Io e in ciò mi ricorda le parole di Bill Clinton, “We are all in it together is a much better philosophy than you’re on your own”.

 

Negli ultimi anni, quale pensi sia stato l'errore più grave del PD che il nuovo segretario dovrà correggere? E cosa non cambieresti mai?

Lucina: Credo che il grande limite del Partito Democratico sia stata la sua limitata capacità di comunicare un messaggio politico chiaro e una visione convincente e appassionante di futuro all’elettorato. Il suo grande pregio sta nella democrazia interna, nella pluralità di opinioni e nella ricchezza intellettuale, umana e culturale della “gente di Sinistra”, a partire proprio dagli attivisti nei circoli.

Pamela: Come dice Civati, si potrebbe fare un corso universitario sugli errori del centrosinistra negli ultimi vent'anni. Tra tutti, faccio più fatica ad accettare il disegno dei misteriosi 101 che hanno impallinato Romano Prodi, e che poi ci hanno portati al governo di larghe intese con la destra, senza definirne durata né punti programmatici. La cosa che non cambierei mai è il fatto che abbiamo una struttura sul territorio; questa può essere utilizzata, come suggerito da Barca e dimostrato dalla squadra di Civati in questa campagna elettorale, per creare un nuovo modo di fare politica, che dialoga con i membri per definire gli obiettivi del partito, e stimola i simpatizzanti e la società civile, promuovendo posizioni anche potenzialmente impopolari come quella sui matrimoni tra omosessuali.

Elena: Non essere riusciti a contrastare l’ascesa elettorale di  Berlusconi e quella culturale del Berlusconismo, che hanno prodotto un imbarbarimento del nostro Paese, una involuzione democratica e plebiscitaria e una regressione sociale, politica e culturale. Questo è accaduto perché per anni si è pensato che bastasse riuscire ad avere la guida del Governo per cambiare il Paese e che non c’era bisogno di un partito di sinistra radicato nella società dal punto di vista culturale e politico, ma che bastasse il consenso elettorale. Ciò che non cambierei mai, dunque, a questo proposito, è la prassi ormai consolidata che il segretario del PD non è automaticamente il candidato alla Presidenza del Consiglio, perché ciò consente di avere, come sostiene Cuperlo, un segretario che si dedica a tempo pieno al Partito, alla sua elaborazione politica e culturale, al suo radicamento nella società e che, senza ambizioni di un più alto ruolo istituzionale del suo segretario, possa essere quella cinghia di trasmissione tra il Governo e la società. Per fare tutto questo serve un impegno a tempo pieno al Partito, tra la gente e sul territorio. Non ce la può fare un segretario che fa anche il sindaco di una grande città e che poi si candiderà anche alla Presidenza del Consiglio. Non riuscirebbe a far bene nessuna delle tre cose, o delle due se dovesse rinunciare a fare il sindaco, cosa che tra l’altro non mi auguro per la bella città di Firenze.

Roosevelt

 

Se il tuo candidato perdesse la corsa alla segreteria del PD, quale degli altri due preferiresti vincesse? E se invece a prevalere fosse quello che non avresti proprio voluto, continueresti a far politica nel PD?

Lucina: Civati e Cuperlo sono senza dubbio uomini politici dal percorso chiaro e assolutamente rispettabile. Credo che nessuno dei due sarebbe però in grado di portare al partito e di conseguenza alla sinistra e al Paese il cambiamento di cui ha bisogno. Chiunque vinca, spero che dopo le primarie i tre candidati possano lavorare insieme per costruire un Partito Democratico forte e moderno, capace di dare stabilità al Paese. Non c’è dubbio che seguirei nel PD indipendentemente da chi vincerà queste primarie.

Pamela: Il progetto politico di Renzi non mi appassiona, perché lo trovo privo sia di visione che di contenuti; però Renzi è una persona nuova, e quindi è perlomeno in condizione di promettere il cambiamento di cui abbiamo bisogno, sebbene abbia incassato il supporto di parecchi esponenti dell'apparato. Cuperlo, per quanto bravissima persona e uomo di grande cultura, non è in condizione di cambiare il PD da segretario. Non si ricambia una classe dirigente fallimentare eleggendo i vice di chi ha fallito. Questa è una posizione decisamente personale, diversa da quella di altre persone che sostengono Civati, il quale tra l'altro non si è espresso su questo punto.

Se vincesse Civati avrei meno ragioni per rimanere nel PD, perché saprei che finalmente è in buone mani. Se non vince, non posso che rimanere nel partito, perché vorrà dire che c'è ancora molto lavoro da fare.

Elena: Preferirei vincesse Civati ma se vincesse Renzi non abbandonerei la politica… in fin dei conti, facciamo parte della stessa famiglia. La mia priorità sarà sempre il bene del Paese per cui continuerò a lavorare con lo stesso impegno, dedizione e spirito di collaborazione. 

 

Credi che sia giusto che alle primarie di domenica possano votare tutti, anche i non iscritti al PD? 

Lucina: Assolutamente si. Non mi piace l’idea di un partito che chiude le porte a chi vuole votare e lascia le persone a casa. Nel momento storico che vive il nostro paese, di grande scetticismo e crescente astensionismo, credo che le primarie aperte siano un bellissimo esercizio di partecipazione democratica e di speranza.

Pamela: Assolutamente sì, ogni cosa che aiuti a ricucire il rapporto dei cittadini con la politica è una priorità in Italia, quindi anche le primarie aperte.

Elena: Non credo che sia per niente giusto che in casa PD venga a decidere chi non si riconosce nei nostri valori e a chi del nostro partito non importa nulla.

 

Della tua esperienza all'estero, cosa credi ti sarebbe più utile nell'eventualità ti trovassi nelle condizioni di poter lavorare a fianco del nuovo segretario del PD? Il primo consiglio che gli daresti?

Lucina: Investire in politiche per le donne. L'Italia è un paese in cui metà della popolazione (proprio quella metà con le migliori performance scolastiche e accademiche) non viene valorizzata a causa di discriminazione, gap salariale e una ripartizione del lavoro famigliare tale che obbliga molte a lavorare, diciamo così, nel tempo libero. L'economia italiana è insomma come una bicicletta che cerca di andare avanti, anche in salita, con una gomma sempre sgonfia.

Pamela: Il confronto con realtà diverse da quella italiana. Ho vissuto in Inghilterra, dove si fa ricerca di qualità nelle università pubbliche; in Svezia, dove c'è un welfare universale con meno trasferimenti e più servizi; negli USA e in Canada, dove c'è lo ius soli. Sono tutti obiettivi a cui credo che l'Italia debba guardare. Consiglierei a Civati di impiegare ogni risorsa per attaccare la disoccupazione giovanile: bisogna abbassare le tasse sul lavoro, sostenere chi un lavoro non ce l'ha con reddito minimo garantito e sussidio di disoccupazione universale, fare un piano di politica industriale che cambi il sistema produttivo italiano, con una politica fiscale selettiva orientata agli investimenti di lungo periodo.

Elena: Non gli darei un consiglio, ma dal momento che l’esperienza americana mi ha insegnato che è importante restituire qualcosa al proprio Paese, gli offrirei la mia collaborazione per portare il meglio dell’America in Italia.

 

Perché  non c'è una candidata donna alla Segreteria del maggior partito della sinistra italiana? Ti farebbe riflettere  se nelle prossime elezioni il candidato a premier del centrodestra fosse una donna? 

Lucina: Ci dovrebbe essere, non c’è dubbio, ma anche e soprattutto in politica esistono tutte quelle barriere culturali e sociali che ci rendono ancora oggi una società profondamente disuguale dal punto di vista di genere, nella quale pochissime sono le donne che, in tutti i campi, arrivano al top.

Se il centrodestra (whatever that means, a questo punto) candidasse una donna penserei che sono furbi, ma rimarrei convinta che la sinistra è ancora, almeno nel nostro Paese, l’unico luogo politico davvero amico delle donne, dove l’attivismo politico può rappresentare un percorso di affermazione non solo delle donne, ma dei loro diritti e delle loro necessità. Questi diritti e queste necessità la destra italiana spesso li ignora. Un esempio? In occasione delle scorse politiche, il programma del PDL menzionava la parola “donna” una sola volta, nella frase “la famiglia, comunità naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna”. Nel Programma del Movimento Cinque Stelle, invece, la parola “donna” semplicemente non c’era. Neanche una volta. Il 50% della popolazione: invisibile.

Pamela: Perché in Italia, come dice Civati, c'è una questione maschile. Il nostro è un Paese dove le donne partecipano poco al mercato del lavoro e hanno difficoltà di accesso a posizioni e carriere ambiziose. È un Paese dove si pensa che quello della conciliazione tra lavoro e famiglia sia solo un problema femminile, e in cui i modelli di donna proposti sono o quello delle vallette televisive, o quello di angelo del focolare. Una candidata premier del centrodestra mi farebbe riflettere se fosse scelta con le primarie, ma se i criteri di selezione sono quelli visti fino ad ora, sicuramente no.

Elena: Credo semplicemente che nessuna si sia voluta candidare questa volta. Ci tengo a puntualizzare che il Partito Democratico sta dando molto spazio alle donne non solo per una questione di equa rappresentanza ma perché rappresentano un enorme patrimonio umano in termini di potenziale intellettivo, diversità e particolare sensibilità se si pensa, per esempio, alla politica della famiglia. Per quanto riguarda il centrodestra, io credo che debba prima cominciare col restituire dignità alle donne dal momento che, negli ultimi anni, ne ha saputo proporre solo un’immagine e una concezione estremamente squallida e antiquata. 

 

Secondo te quanto dovrebbe durare l'attuale governo Letta? Si dovrebbe tornare a votare al più presto possibile,  o questo governo dovrebbe durare almeno un altro anno?

Lucina: Come Matteo Renzi, credo che questo governo debba durare se è in grado di fare le cose che si è proposto, a partire dalla legge elettorale e dal patto di stabilità. Se non saranno in grado di farlo, come, francamente, temo, mi pare giusto si vada a votare il prima possibile.

Pamela: Se possiamo dare credito alle dichiarazioni di Grillo, esiste una maggioranza parlamentare per tornare al Mattarellum. Facciamo questa riforma della legge elettorale, e torniamo a votare in primavera. L'Italia ha bisogno di una maggioranza che sia espressione del voto e non di accordi ibridi, e che avvii un risanamento economico e sociale. L'attuale maggioranza ha dimostrato di non avere la forza di avviare questo risanamento.

Elena: Il governo Letta dovrà durare tanto quanto basta per fare le riforme anti-crisi che diano risposte concrete e immediate al Paese, e realizzare una nuova legge elettorale che possa garantire un governo stabile.

 

Se dopo le prossime elezioni non vincesse nettamente il PD e per formare un nuovo governo,  si dovesse ricorrere di nuovo a un governo di coalizione, tra M5S e Forza Italia, chi preferiresti come alleato di governo? E continuando per ipotesi, cosa preferiresti tra le due opzioni: che sia ancora del PD il prossimo premier o che lo sia ancora la Presidenza della Repubblica? E quindi, tra Beppe Grillo o Silvio Berlusconi, chi mai e poi mai vorresti occupasse una delle due cariche?

Lucina Di Meco Lucina: Silvio Berlusconi ha rappresentato una sciagura terribile per il nostro Paese, non solo da un punto di vista politico, ma anche economico, istituzionale, sociale, etico e di salute della democrazia. Berlusconi è ora più che mai inadatto a ricoprire qualsiasi ruolo politico e istituzionale. È ora di voltare pagina.

Alle prossime elezioni il PD deve vincere e vincere alla grande, garantendosi sia un premier che un Presidente della Repubblica che vengano dal PD o per lo meno dal centro sinistra e godano della fiducia e della stima popolari. Anche per questo voterò Matteo Renzi, perché è l’unico davvero in grado di farci avere una vittoria di questo tipo.

Pamela Campa Pamela: Sceglierei il M5S, perché concordo con alcune delle loro posizioni, quali il sì al reddito minimo garantito, il no agli F35, la ferma convinzione, che sembra non appartenere a Forza Italia, che un condannato in via definitiva debba stare lontano dalle istituzioni.

L'italia è una Repubblica parlamentare, non presidenziale, e in virtù di ciò vorrei un premier espressione del PD. Recentemente il ruolo del Presidente della Repubblica non è stato semplicemente di garanzia, ma ritengo questa un'eccezione dovuta alla latitanza della politica, dalla quale bisogna rientrare al più presto.

Se proprio dovessi scegliere, preferirei Grillo, del cui progetto politico non condivido diversi contenuti e soprattuto il metodo, però lui non è, per dirla con l'Economist, the man who screwed a country.

Elena Lungo Elena: Voglio sperare che la nuova legge elettorale impedisca che ciò avvenga: sarebbe impossibile governare con Forza Italia per la totale incompatibilità tra noi e loro, ma anche con il M5S in quanto nonostante gli importanti risultati elettorali ottenuti, ha preferito tenere in ostaggio un Paese già in macerie. Ora come non mai, l’Italia ha bisogno di competenza e di un forte spirito costruttivo per poter uscire dalla crisi. Se, nella più remota delle ipotesi, si formasse un governo di coalizione, naturalmente mi piacerebbe che il PD occupasse entrambe le cariche. In ogni caso, sia Grillo che Berlusconi sono incompatibili con le cariche pubbliche, poiché entrambi condannati in via definitiva, tant’è che Berlusconi è stato fatto decadere dal Senato solo il mese scorso.

 

Cosa della politica estera italiana degli ultimi anni vorresti che il PD cambiasse  subito se andasse al governo?

Lucina: Credo la classe politica italiana sia stata incapace di affermare le necessità del Paese presso i partner europei. Nascondendosi dietro al pretesto di “ce lo chiede l’Europa” hanno portato avanti delle misure di cui non volevano assumersi la responsabilità politica, contribuendo quindi a generare un pericoloso sentimento anti-europeo. Vorrei che l’Italia assumesse la leadership del progetto di integrazione europea nei confronti non solo degli altri Paesi dell’Unione, con un messaggio chiaro e coerente non solo nei confronti dei partner europei, ma dei nostri cittadini.

Pamela: Vorrei un'Italia che, tramite un governo del PD, si facesse davvero promotrice di un Unione Europea che sia un luogo di diritti e non solo un mercato. E vorrei una sterzata nella politica per l'immigrazione,  con l'abolizione della Bossi-Fini, con il Mediteranneo che diventi un corridoio umanitario e non di morte, e l'Italia a capo di un progetto europeo per disinnescare le tensioni nelle aree di crisi in Africa e Medio Oriente.

Elena: Quell’atteggiamento della politica estera amicale e delle “pacche sulle spalle” che ha caratterizzato la fase berlusconiana e che ha danneggiato enormemente sia l’immagine del nostro Paese nel mondo sia le strategie geopolitiche, soprattutto in aree strategiche del pianeta, nelle quali, tra l’altro, la nostra presenza storica e il nostro valore aggiunto politico e culturale, la nostra consuetudine, erano determinanti. Penso al nord Africa e alla sponda sud del Mediterraneo, al Medio Oriente, ad esempio, o al Sud America e persino agli USA. In queste aree del Pianeta dobbiamo tornare ad avere un protagonismo non legato alle amicizie del Presidente del consiglio, ma alla strategia geopolitica dell’Italia, alla tradizione di politica estera del nostro Paese e ai legami storici e di sangue con i nostri connazionali e discendenti nel mondo.

 

Quale è il/la leader della politica italiana di tutti i tempi, che ti ha ispirato di più? E del mondo?

Lucina: Per l’Italia, penso a Mazzini, don Sturzo e Gramsci e più recentemente penso a due personaggi delle istituzioni, difensori della democrazia più di molti politici: i giudici Falcone e Borsellino. Per il mondo, mi vengono in mente Franklin Delano Roosevelt, Jawaharlal Nehru e Eleanor Roosevelt, personaggi che, anche facendo errori, hanno saputo portare il loro Paese e per certi versi l’interna comunità internazionale oltre quelle che sembravano montagne insormontabili nel tortuoso cammino verso la modernità.

Pamela: Altiero Spinelli tra gli italiani, per il coraggio dell'antifascimo, la capacità di autocritica, e la visione, che è riuscito a tradurre in atti concreti, di un'Europa Federale, che io sogno e in cui spero un giorno di poter vivere. Elizabeth Warren, soprattutto quella degli ultimi dieci anni, tra i leader politici del mondo, perché ha dimostrato che non è vero che non si vince se si è radicali. Spero che gli elettori del Partito Democratico tengano questo a mente quando andranno a votare domenica.

Elena: Nella politica italiana Nilde Iotti,  grande donna del Novecento che con grande equilibrio, forza e passione è stata protagonista di molte battaglie per l’emancipazione femminile e ha saputo lasciare  un segno indelebile nella vita politica ed istituzionale italiana. Nel mondo, Barack Obama, simbolo della speranza di poter realizzare qualsiasi cosa se ci si crede. È questa la speranza che deve smuovere le nostre coscienze, soprattutto quelle delle future generazioni, per riportare l’Italia al posto che merita.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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