A noi non piace infierire sui vinti. Non ci è mai piaciuto. La sconfitta è sempre brutta, dura; bruciante in parecchi casi. La sconfitta è gelida, i suoi effetti durano parecchio a lungo, lasciano il più delle volte segni incancellabili. Il vinto si guarda attorno a sé attonito, la parola gli muore in gola, la mente gli si annebbia. Poi, ecco che si mette a indagare in se stesso. Si pone un’infinità di domande, nel suo animo affiora il rammarico… Indaga, sì, in se stesso, ma, forse, con “troppo” ritardo. Lo si lasci quindi per conto suo, si taccia intorno a lui. Si diffonda intorno a lui il silenzio assordante. Peggio d’un plotone d’esecuzione.
E oggi, 27 novembre 2013, Silvio Berlusconi da Milano è un vinto. Risparmiamogli invettive, non cediamo alla tentazione di sottoporlo a scherno, a dileggio. Non sarebbe giusto. Non sarebbe elegante. Ricordate quel Generale inglese che a Waterloo impedì a un suo subalterno di far fuoco su Napoleone che sfilava a cavallo davanti alla sua Armata? “Are you out of your mind”?!, esclamò sdegnato il Generale all’indirizzo del solerte, giovane ufficiale. ‘Noblesse oblige’…
Su Berlusconi da oggi il voto di decadenza espresso ore fa dal Senato della Repubblica Italiana, pesa come un macigno. E’ un macigno. E’ una sentenza perentoria. Una sentenza umiliante. Irrevocabile.
Ma, almeno secondo noi, se l’è voluta lui! Di tutto ha fatto per ridursi così… Ci sembra, perciò, di trovarci dinanzi a un caso straordinario, raro nel Costume italiano: un uomo “di successo”, un “creativo”, un “ottimista”, nella cui (un po’ contorta) psiche s’agita però il gene dell’auto-distruzione; gene di cui lui certo non è consapevole, e questo è un ‘classico’ coi fiocchi, c’è tutta una letteratura a riguardo. Il Berlusconi che inventa, costruisce; il Berlusconi che distribuisce elogi e denari ai suoi collaboratori più efficienti, più entusiasti, il Berlusconi generoso (sì, generoso, su questo non c’è dubbio), il Milanese secondo il quale la vita “può”, deve, essere una favola, un incantesimo, è invece soggetto alla “sindrome”, implacabile, dell’auto-distruzione, dell’auto-dissoluzione. E’ come una cupa, irrefrenabile, voluttà… E’ come un richiamo ‘misterioso’, perciò insondabile. Silvio Berlusconi: il peggior nemico di se stesso, care lettrici, cari lettori. Per anni e anni milioni di italiani col proprio voto hanno riposto fiducia in un uomo il quale è, appunto, il peggior nemico di se stesso. Di quale utilità può quindi essere una persona di siffatta natura? Di quale utilità un epidermico così? Un “istintivo” così?
Quest’uomo in qualità di leader politico, nella veste quindi di personalità pubblica, ha avuto vent’anni di tempo per correggere in questo Paese quello che andava corretto, e corretto nel ricordo della creatività, della lena italiane che resero possibile la rapida Ricostruzione Nazionale avvenuta grosso modo fra il 1948 e il 1955. Quell’impresa avrebbe dovuto ispirarlo, guidarlo. Non lo ha ispirato, non lo ha guidato… Questo, il suo grande limite che la Storia saprà registrare. Tutto registra la Storia. Tutto.
I suoi numerosi Governi non hanno risolto un solo problema economico, sociale, morale nel quadro di un’Italia stretta nella camicia di forza della Ue. Berlusconi avallò con gaudio e, ci risiamo, con “ottimismo meneghino”, la polverizzazione della Lira e il susseguente passaggio all’Euro voluti con sconcertante ostinazione dall’altrettanto discutibile Prodi. In tempi recenti, l’ex-premier e ex-senatore s’è “scoperto” anti-europeista… Ma troppo tardi. Troppo tardi davvero. Una mossa tattica, banalmente tattica, dettata da un capopopolo che le prova di tutte, una dopo l’altra, e non s’accorge di stonare, no, non se ne accorge. Pietà per lui, quindi… Pietà!
Di tutto è successo nel corso dei non pochi Governi Berlusconi: il crescente peso fiscale, tributario; la sempre più esigua produttività nazionale, l’ossequio sia a Putin che a George Walker Bush… La genuflessione, nauseante, al Colonnello Gheddafi, ‘burattinaio’ del terrorismo musulmano e scoperchiatore di tombe di italiani in Libia. Ossa gettate in mare, era il 1970…
Di tutto, sì. La vita presentata come godimento, godimento assoluto, cerebrale, ancor prima che carnale… La propria opulenza, il proprio potere politico e economico sbattuti sulla faccia di vecchie vedove sotto sfratto e obbligate a campare con pensioni di 600 euro al mese… L’affermazione d’un Potere ‘sibarita’, ma privo del senso estetico, della classe dei Sibariti… L’affermazione del “principio” secondo il quale ogni donna, ogni uomo hanno un prezzo. Basta pagare l’una e l’altro. Basta pagare “a dovere”. Basta che in cassa entrino almeno 100mila Euro al mese… E’ l’abiezione. E’ il mercanteggiamento osceno. E’ l’Italia dei ‘nuovi ricchi’, dei ‘parvenu’. Degli incolti che come certi altri lombardi si vantano di non aver letto un solo libro…
Ma, per il suo bene, speriamo che ora egli si ravveda. Che capisca l’esigenza di ravvedersi. Il ravvedimento pulisce. Monda. Restituisce a vita nuova. Quindi, riscatta. Certo che riscatta.
Questa la ‘chance’ che gli resta. Ma saprà accorgersene?