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June 10, 2012
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INTERVISTA A LUIS MORENO OCAMPO/ Giustizia globale? Inevitabile

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
In foto Luis Moreno Ocampo

In foto Luis Moreno Ocampo

Time: 5 mins read

Al Palazzo di Vetro dell’ONU incontriamo Luis Moreno Ocampo, il Procuratore del Tribunale penale internazionale dell’Aja che ha appena terminato il suo ultimo briefing al Consiglio di Sicurezza prima della scadenza del suo incarico. Ai CdS ha parlato del Sudan, del mandato di cattura per il presidente Bashir e altri Ministri sudanesi – mandati emessi da cinque anni e che ora sembrerebbero mettere in pericolo la stessa credibilitá della Corte internazionale. 

Procuratore, nel Consiglio di Sicurezza avete parlato di come il mandato di cattura non venga rispettato, lei ha anche dato delle idee al Consiglio per farlo rispettare…

E’ una questione di credibilitá per quanto riguarda la Commissione sui crimini, perché la Corte ha trovato delle prove che i Ministri sudanesi commettevano atrocità di massa, incluso il genocidio. E sono ancora Ministri, sono ancora al potere, hanno ancora le possibilità di commettere dei crimini. Il mio suggerimento al Consiglio di sicurezza è stato che il Consiglio dovrebbe esplorare nuove idee e ho suggerito che una di quelle possibili, anzichè contare che le autorità sudanesi arrestino gli incriminati, fosse di autorizzare eventualmente un’altra forza, un altro Stato a farlo. Già soltanto la discussione nel Consiglio genererebbe un consenso, e poi non ci sarebbe nemmeno bisogno di mettere in pratica la decisione. La discussione e decisione stessa farebbe scappare Bashir. Abbiamo bisogno di nuove strategie per affrontare questi crimini, e il Darfur é uno dei casi per cui non riusciamo a trovare una buona soluzione.

Che impressioni ha avuto dal Consiglio di Sicurezza? Come sono state accolte le sue proposte?

E’ ancora tutto così complicato ma non ho mai richiesto di iniziare la discussione ora. Ho detto ‘a vostro tempo potrete farla’ perchè è una discussione lunga e un dibattito difficile; al momento non c’è ancora un consenso ma solo diversi punti di vista. Certamente non c’è ancora un accordo per come farlo, quindi gli ho suggerito che dovrebbero discutere ed esplorare altre possibilita’. In questo modo le vittime si sentiranno protette. E quelli che sono incriminati sentiranno che non c’è più la possibilità di restare impuniti. E’ per questo che è importante.

E’ giunto alla fine della sua missione iniziata nove anni fa. Come ha detto in conferenza stampa, la situazione è molto diversa rispetto a quando inizió a lavorare alla Corte Internazionale del’Aja. E’ stato un successo che si aspettava?

No. Prima di tutto, non avrei mai immaginato che sarei diventato procuratore. Quindi per me è stato incredibile, un grande privilegio. Si, il mondo sta cambiando, e la Corte è parte del cambiamento. E’ incredibile quanto abbiamo cominciato nel bel mezzo del conflitto in Libia, quando tutti stavano discutendo la legalità di quell’invasione. E su Gheddafi noi e i membri del Consiglio di sicurezza siamo stati in completo accordo accordo sull’urgenza di fare giustizia. Avevamo iniziato con qualche membro del Consiglio di sicurezza che si opponeva apertamente al coinvolgimento della Corte e abbiamo concluso con un consenso unanime, assieme agli Stati Uniti, la Cina, l’India, la Russia. Il mondo si sta evolvendo, dicevo, e sì, anche l’ufficio, il mio ufficio, si sta evolvendo. All’inizio io avevo 6 piani vuoti, 3 dipendenti. Fatou Bensouda che prende rà il mio posto, ha adesso 300 persone che lavoreranno per lei e che conosce molto bene. Al primo giorno di lavoro lei dovrà presenziare alla Corte che sta processando l’ex-presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbagbo per confermare le accuse. Il mondo e l’ufficio del procuratore stanno cambiando. Ed è molto interessante poter essere testimone di questi cambiamenti”.

Aveva già detto anche che dobbiamo essere pazienti perché tra 20-30 anni il mondo sarà diverso. Vuol dire che avremo finalmente la giustizia internazionale?

Sì ci sará. Perchè c’è una domanda di giustizia. Come quello che è successo con la Siria: tutti i suoi colleghi mi chiedevano sulla Siria, ed è interessante perchè io non ho nessun giurisdizione su quello Stato. Ma quando rappresenti le persone che chiedono giustizia, non puoi accettare che quello che è successo è come se nulla fosse. E’ un nuovo mondo: vedi quel video ’Kony 2012’, è diventato come un virus: in sei giorni raggiunse cento milioni di spettatori, mentre a Lady Gaga ce ne vorrebbero 18 giorni per arrivare alla stessa cifra. Un "nuovo mondo" significa che queste giovani persone pensano ’globalmente’ e non possono accettare che certi crimini restino impuniti: vogliono giustizia. E per questo credo che sia una questione di tempo e continueremo a evolverci.

Gli italiani sono molto orgogliosi del Tribunale internazionale e del suo lavoro. Ricordiamo che il trattato della sua istituzione fu firmato a Roma…

 Certo, infatti inizió tutto a Roma, assolutamente…

Lì il partito dei Radicali e poi il governo italiano spinsero per arrivare alla costituzione di un Tribunale penale internazionale. Alla fine del suo mandato, possiamo dire che valeva la pena di combattere quella battaglia?

Credo che sia stato un grande obiettivo ed Emma Bonino è una delle madri di questa istituzione. Ma penso che i leader dell’Italia dovrebbero continuare ad andare avanti: immaginate di ridurre le spese dell’esercito se la legge internazionale funziona, immaginate quanto si potrà migliorare il budget in questo modo. Per coltivare quest’idea, abbiamo quindi bisogno che la vostra classe politica continui ad occuparsene. Grazie per quello che voi italiani avete fatto, ma abbiamo ancora bisogno di un impegno da tutti i leader politici.


*Una versione precedente di questo articolo è disponibile su www.lindro.it/

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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