L’ambasciatore d’Italia a Washington Claudio Bisogniero, nato a Roma 57 anni fa, prima di essere nominato lo scorso febbraio a capo della più importante missione diplomatica italiana nel mondo, aveva svolto una trentennale carriera diplomatica che lo aveva portato, nel 2007, ad essere nominato Segretario Generale Delegato della Nato a Bruxelles, cioè il numero due dell’Alleanza Atlantica. Quando questa settimana siamo andati a intervistarlo all’ambasciata di Washington, ci siamo accorti subito che di fronte avevamo un “osso duro”. Un diplomatico cioè che non commetterà mai l’imprudenza di una parola “fuori posto”. Noi ci abbiamo pure provato a porre all’ambasciatore Bisogniero qualche domanda “difficile” toccando qualche tema “provocatorio”, ma era troppo esperto Bisogniero per non tenere fermo il timone sulla rotta tracciata dalla Farnesina. Non per niente il ministero degli Esteri resta forse ancora l’unica istituzione pubblica italiana dove, per arrivare alle posizioni al top della carriera, le capacità e i meriti contano prima di qualunque altra “appartenenza”.
Bisogniero l’abbiamo trovato pieno di impegni. Subito dopo l’intervista, ha annunciato in Ambasciata il Premio giornalistico Urbino, andato quest’anno al bravissimo giornalista italoamericano Sebastian Rotella che scrive grandi inchieste per Propublica.org. Poi la mattina dopo, giovedì e sempre in ambasciata, ha accolto la Secretary per la Homeland Security Janet Napolitano, per una affollatissima cerimonia di riconsegna di sette opere d’arte antica di italiane che erano state trafugate negli Usa. E nel pomeriggio poi l’abbiamo visto ricevere una calorosissima accoglienza al Congresso, per un evento organizzato in suo onore dalla National Italian American Fondation con il gruppo di legislatori italoamericani che volevano conoscere il nuovo ambasciatore d’Italia negli Stati Uniti. E infatti la prima domanda di questa lunga intervista prende spunto da questo ultimo evento:
L’ambasciatore Claudio Bisogniero con Janet Napolitano, Secretary for Homeland Security
Ambasciatore, domani lei sarà l’ospite d’onore di un ricevimento dei congressman e senatori italoamericani. In concreto, quanto può servire all’Italia coltivare un rapporto così stretto con i politici americani di origine italiana?
“Questa è una dimensione molto importante del lavoro di qualsiasi ambasciatore italiano negli Stati Uniti. Quindi anche per me. Io conosco bene gli Usa, ci ho passato quasi otto anni della mia carriera sia a Washington che a New York. Una realtà che conosco bene, l’importanza della comunità degli americani di origine italiana, 18 milioni di cittadini americani che sui dati ufficiali del censimento hanno indicato questa origine di cui sono orgogliosi. E questo si riflette anche nel mondo politico americano, perché gli americani di origine italiana hanno acquisito delle posizioni di grande prestigio in tutti i settori, nell’economia e la finanza, la politica, la cultura, ma anche la ricerca, la moda, il cinema, la musica. I politici svolgono un ruolo fondamentale. C’é un coucus degli italo americani in Congresso costituito da ben 35 senatori e congressmen, che sono tanti e quando ne parlo con i miei colleghi di altri paesi sono impressionati e colpiti forse anche con un po’ di invidia di questa presenza così massiccia. Ed è per noi un punto di riferimento molto importante. Sappiamo che in Congresso abbiamo attraverso questi rappresentanti, ma anche nell’amministrazione del Presidente Obama, con il segretario alla Difesa Panetta e alla Home Security Napolitano, con i quali abbiamo rapporti stretti, e potrei poi citare due giudici della Corte Suprema (Scalia e Alito), e potrei continuare. Quindi una predisposizione favorevole nei confronti dell’Italia e, devo essere sincero, questa la riscontro a prescindere anche spesso da questo legame di origine italiana. Trovo che l’Italia gode negli Stati Uniti nel mondo politico ed economico e giornalistico americano tendenzialmente di una buona immagine. La reazione nei nostri confronti è sempre molto positiva”.
Ma oltre ai politici ci sono le organizzazioni italoamericane composte soprattutto da imprenditori e businessmen di successo che costituiscono le cosidette lobby italoamericane. Con organizzazioni come la Niaf e non solo. Ecco, che cosa queste fanno o possono fare per gli interessi italiani negli Usa?
“Più che parlare di lobby, io parlerei di quello che fa il sistema Italia negli Stati Uniti. Il termine lobby mi piace meno. Per noi il rapporto con le grandi organizzazioni che radunano gli italoamericani è fondamentale. La Niaf, la Son of Italy, abbiamo in questo paese un grande capitale di simpatia e un gran numero di interlocutori che sono ben predisposti a recepire le nostre esigenze e le nostre aspirazioni. Lavoriamo in maniera molto stretta con questi organismi, e quando ci capita nel nostro lavoro all’ambasciata, nel campo economico, finanziario e imprenditoriale interlocutori di origine italiana, questo è chiaro che rende molto più facile, più naturale e più efficace il rapporto. Siamo molto orgogliosi del lavoro che svolgono negli Stati Uniti questi americani di origine italiana. Devo dire che è un ruolo del quale noi siamo orgogliosi ma devo dire che è anche un ruolo riconosciuto ai massimi livelli dalle autorità americane. Lei ricorderà sicuramente la proclamation che ha fatto l’anno scorso il Presidente Obama in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Già di per se stesso è stato un gesto di straordinario valore e spessore, ma le espressioni, le frasi, i concetti che ha usato il presidente Obama in quella proclamation sono stati francamente per noi motivo di grande orgoglio. In sostanza lui ha valorizzato il grande contributo che gli italiani hanno dato per fare gli Stati Uniti il paese che oggi sono. A questa è seguita proprio al Senato, una ulteriore risoluzione adottata circa un mese fa, nella commissione agli Affari Esteri guidata dal Senatore Kerry una ulteriore risoluzione del Senato che ancora di più riafferma il grande ruolo che gli italiani e gli italo americani hanno svolto per la crescita degli Stati Uniti ma anche quella risoluzione ricorda il ruolo che l’Italia svolge fianco a fianco degli Usa nei grandi scenari di politica internazionale”.
L’anno prossimo sarà un anno particolare per la cultura italiana negli Usa: perché? Che ruolo strategico ha nel suo lavoro la promozione della cultura italiana in America?
“C’è qualcosa di molto strategico dietro. Io credo che nel campo della cultura l’Italia non sia seconda a nessuno. Il ruolo della cultura e dell’arte italiana è riconosciuto universalmente. Credo che siamo un paese guida e leader nel mondo nel campo dell’arte e della cultura. E quindi come ambasciatore d’Italia negli Usa per me questo è un campo di primaria importanza. E credo sia un argomento che possa trascinare in positivo con se tutta la nostra azione negli Stati Uniti. Perché il riconoscimento generalizzato del ruolo che svolge la nostra arte e la nostra cultura ovunque nel mondo e soprattutto negli Stati Uniti, dove basta percorrere i corridoi di qualsiasi museo americano, è tale che automaticamente dà una immagine positiva e una visibilità particolare a tutto quello che noi facciamo. Quindi io intendo dedicare un’attenzione prioritaria alla promozione della cultura italiana negli Stati Uniti. Tra l’altro il concetto di cultura è per me un concetto molto ampio. Che sicuramente tocca gli aspetti tradizionali dell’arte, della scultura, della pittura che hanno reso famosa l’Italia nel mondo. Però è un concetto che io vedo anche in senso più ampio. Cultura è anche innovazione, ricerca, design, e anche moda, musica, cinema. E vorrei sottolineare l’aspetto dell’innovazione. Perché io credo che anche nel tempo del Rinascimento, che è stato sinomino di ricerca e innovazione, basta pensare ai disegni di Leonardo Da Vinci, e tante altre innovazioni che sono state sviluppate in quel periodo, la riscoperta della prospettiva, Alberti, Brunelleschi, questo concetto che l’Italia attraverso l’arte e il Rinascimento ha messo in moto, è un processo che dura tutt’oggi e che vede ancora l’Italia proiettata nel campo del design e dell’innovazione verso il futuro. Questo mi conduce a dire due cose: un brevissimo cenno all’anno della Cultura italiana negli Usa che il ministro Giulio Terzi ha lanciato per il 2013 e che ci vedrà fortemente impegnati per tante iniziative in campo culturale in tutti gli Stati Uniti, con mostre e concerti, una iniziativa di grande spessore.E il leitmotiv è ancora una volta cultura, tradizione e innovazione. La seconda cosa che volevo ricordare è invece tutto quello che abbiamo fatto per la lingua italiana”.
Sì, infatti avevamo una domanda sulla lingua italiana: la situazione con l’Ap program? E’ stato enorme lo sforzo per ristabilirlo, si riuscirà a mantenere l’esame d’italiano? Ma poi, questo esame e soprattutto gli investimenti che sono stati necessari per mantenerlo, valgono veramente la pena per la diffusione dello studio della nostra lingua, o chi la studia in America lo farebbe a prenscindere che ci sia o no l’Ap Program? Senza l’Ap d’italiano si comprometterebbe il successo della lingua italiana negli Usa?
“Io credo che il risultato ottenuto dall’Italia con il reinserimento dell’esame Ap program per la lingua italiana sia stato uno straordinario successo del mio predecessore l’ambasciatore Terzi e io intendo operare in un senso di grande continuità su questa strada. Sin dal primo giorno qui mi sono impegnato al massimo in questa direzione, ho già organizzato svariate riunioni di coordinamento per non soltanto monitorare come sta andando l’applicazione del programma ma anche per studiare e approfondire con tutti i soggetti interessatì quali possano essere le iniziative ancora concrete per renderlo ancora più di successo. E qui vorrei subito ringraziare i diversi organismi che negli Stati Uniti si sono adoperati per raggiungere questo risultato. Tra cui torno a dire le organizzazioni italoamericane come la Niaf, l’Osia e il caucus italomericano e tra le iniziative prese per monitorare e rafforzare il successo di questo progetto, abbiamo istituito un osservatorio della lingua italiana che riunisce tutti i soggetti interessati a questo programma e che si riunisce periodicamente e che permette appunto di verificare lo stato di attuazione del programma Il 9 maggio andrò in Congresso con il caucus italoamericano, con l’osservatorio sulla lingua italiana e quindi faremo una riunione di questo con il caucus italoamericano proprio per assicurare la massima attenzione da parte dei Congressmen che rappresentano ovviamente tutti gli stati degli Usa a questo importante programma. I due co-presidenti del caucus, gli onorevoli Pascrell e Tiberi sono entrambi fortemente coinvolti. Sottolineo tra l’altro uno democratico e uno repubblicano, perché c’è su questo un grande sentimento bipartisan e veramente fa premio l’italianità rispetto a qualsiasi altra considerazione di carattere politico. Lei mi chiedeva due cose: se siamo soddisfatti dei risultati dell’Ap e mi chiedeva se la lingua italiana avrebbe successo comunque. Dunque i dati sono i seguenti: per quanto riguarda il successo credo che siamo sulla buona strada perché l’obiettivo che dobbiamo raggiungere nel 2016 è quello di avere 2500 esaminandi per poter mantenere l’italiano nell’Ap Program. Bene, gli ultimissimi dati che abbiamo visto dimostrano che siamo già arrivati ad oltre duemila. Quindi sono molto fiducioso che in cinque anni il numero necessario sarà facilmente raggiunto. Però dobbiamo mantenere alta l’attenzione e l’impegno dell’ambasciata e di tutti gli altri resta altissimo. Sull’altro aspetto io credo che questo programma in sostanza si inserisca su un terreno fertile. Perché lei giustamente diceva che partecipano a questi programmi non soltanto italiani o italoamericani ma anche cittadini americani che non hanno un legame specifico con l’Italia ma che semplicemente apprezzano il nostro paese e la sua cultura. Quindi credo che sia un intreccio delle due cose. È un programma indispensabile che si inserisce su un terreno molto fertile. Io poche settimane fa sono stato a New York alla grande serata della Scuola d’Italia Marconi, e devo dire che mi ha colpito vedere il grande successo rispetto a come io l’avevo lasciata nel 1999, e ora la scuola ha raggiunto un’altra dimensione rivolgendosi non soltanto ai figli di italiani e italoamericani ma anche semplicemente a cittadini americani che vogliono mandare i propri figli ad una scuola in cui si impara l’italiano perché lo considerano una carta importante della realtà di oggi”.
Torniamo ai rapporti tra Stati Uniti e Italia: perché il nostro paese in Europa rimane ultimo nell’attrarre investimenti dagli Usa? Perché gli investitori Usa ingnorano l’Italia e preferiscono altri paesi europei e cosa lei da qui puó fare col suo lavoro per ridurre questa anomalia nei rapporti tra i due paesi?
“È sicuramente un tema importante e sia l’ambasciata americana a Roma che noi siamo impegnati su questo. Devo dire nei due sensi. Io credo che vanno favoriti più investimenti americani in Italia ma vanno anche favoriti più investimenti italiani in America. Noi stiamo operando in tutte le due direzioni. Devo dire che è un’azione che coinvolge non soltanto l’ambasciata e quindi l’ufficio commerciale ma anche una volta di più il sistema Italia presente negli Stati Uniti. Per esempio gli uffici Ice hanno una specifica sezione dedicata a questo settore. Io credo che sia necessaria un’opera paziente e continua per promuovere questo tipo di investimenti. Sono anche convinto che molte delle misure che il governo italiano sta adottando in questi giorni per il risanamento dell’economia ma anche per la riforma dell’economia e rendere più snello il meccanismo per la creazione d’imprese e più efficiente la burocrazia, meno impedimenti burocratici per tutte le attività commerciali che ha visto queste decisioni per rendere molto più efficiente il sistema, ecco io sono convinto che molte di queste riforme automaticamente faciliteranno la presenza degli investitori stranieri in Italia compresi gli investitori americani. Mentre invece un settore che va molto bene è il settore commerciale. Abbiamo scambi commerciali molto positivi con gli Stati Uniti. L’anno scorso le nostre esportazioni negli Stati Uniti sono aumentate del 19% e l’Italia ha un surplus commerciale nei confronti degli Usa di quasi 18 miliardi di dollari. Francamente un surplus elevatissimo, tra i più elevati che l’Italia ha nel mondo. Gli Stati Uniti restano per l’Italia il principale mercato non europeo con quasi il 6% delle nostre esportazioni che vanno negli Usa. E questi sono in assoluto il terzo mercato per l’Italia dopo Germania e Francia. Quindi abbiamo una condizione di grande preminenza su questo mercato con un surplus commerciale che ci incoraggia molto e sono convinto che sarà una tendenza che continuerà. E poi non si deve considerare che sia un surplus commerciale considerato soltanto da prodotti alimentari, dai vini, tra l’altro importantissimi dove siamo nettamente al primo posto e di gran lunga rispetto ai concorrenti, e non soltanto prodotti di abbigliamento e lusso, ma ci sono anche prodotti di meccanica, e prodotti sofisticati con delle apparecchiature avanzate che noi esportiamo negli Usa. La composizione del nostro export negli Stati Uniti è veramente notevole”.
Appunto, sembra proprio una anomalia che un paese con tali rapporti strategici e commerciali poi venga ignorato dal lato degli investimenti… Lei aveva accennato prima al governo Monti. Ecco nel suo viaggio di due mesi fa a Washington e New York, Monti ha riscosso tanta fiducia. Ma da quei giorni, la politica italiana è stata colpita da ulteriori scandali e i partiti appaiono sempre piú screditati. Lei ha notato tra i suoi interlocutori americani attenzione a questi problemi? C’è preoccupazione? C’è apprensione e magari anche non comprensione per tutto quello che sta avvenendo nel sistema politico italiano? Il governo Usa le appare preoccupato della situazione, teme per la tenuta del governo?
“No, assolutamente. Negli Stati Uniti c’è grandissima attenzione ma anche apprezzamento per quello che l’Italia sta facendo. Questo c’è stato sia nella visita del Presidente Monti, con il Presidente Obama che è stato esplicito nell’esprimere tutto il suo appoggio e il suo apprezzamento per quello che l’Italia sta facendo con così tanto coraggio. Ma anche dopo varie settimane continuo a registrare grandissima attenzione e apprezzamento per gli sforzi che l’Italia sta facendo. Pochissimi giorni fa ho sentito il ministro del Tesoro Geithner di nuovo esprimere fortissimo apprezzamento nei confronti dell’Italia e delle misure del governo. C’è chiara percezione che l’Italia è sulla buona strada, che le misure importanti che il governo sta portando avanti sono le misure giuste e che sicuramente saranno sostenibili e funzioneranno nel lungo periodo. E sono tre le misure che vengono apprezzate: quelle di contenimento del deficit, le tipiche misure di contenimento del disavanzo pubblico; ma anche le misure alle quali facevo cenno prima di riforma dell’economia, per rendere l’apparato economico più snello e la burocrazia più efficace. C’è stato grande apprezzamento per le misure che sono state prese, la riforma delle pensioni e potrei continuare ma anche, un terzo aspetto importantissimo, le misure che portano alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. Sono temi sui quali gli Stati Uniti stessi sono impegnati e sui quali sono particolarmente sensibili, attenti e apprezzano gli sforzi che l’Italia sta facendo”.
Ma riguardo all’atmosfera di sfiducia che il popolo italiano, colpito dalla crisi, in questo periodo nutre per le proprie istituzione politiche, soprattuto dopo certi scandali che hanno colpito i partiti, ecco questa atmosfera di sfiducia e preoccupazione nonostante gli sforzi del governo non arriva fin qui?
“No guardi, io questo non lo percepisco. Non c’è una attenzione che io noto di dettaglio per questi temi. E poi devo dire un certo rifiuto da parte delle opinioni pubbliche nei confronti della politica tradizionale è un fenomeno molto diffuso ovunque nel mondo, compreso negli Stati Uniti dove la fiducia per esempio nei confronti del Congresso è credo nei livelli piuttosto bassi per via delle differenze di posizioni così nette. Quindi non percepisco in nessun modo una preoccupazione o una sfiducia dettata da questi motivi”.
Lunedì arriva a Washington il ministro della Difesa Di Paola che incontrerá il collega americano Panetta. I rapporti strategici militari tra Usa e Italia restano strettissimi e preoccual prossimo vertice Nato di Chicago, si discuterà delle scelte per il ritiro dall’Afghanistan. Inoltre la crisi in Siria e in Medio Oriente in generale, con l’Italia che ha il maggior numero di caschi blu dell’Onu nella zona, che è al comando della missione in Libano dell’Unifil, e quindi rischia anche molto di più di altri in un allargamento del conflitto. E quindi nel lungo braccio di ferro per il nucleare iraniano, con l’aumento delle sanzioni Usa e Europee, in cui sicuramente l’Italia è quella che ha sacrificato di più, dato che Roma era il primo partner commerciale di Teheran. Ma l’Italia é soddisfatta di quanto é riuscita finora a contare nel processo decisionale degli alleati occidentali e le altre potenze mondiali rispetto all’infuocato scacchiere mediorientale? Gli Stati Uniti sono sensibili nel cercare di sostenere un maggior peso decisionale dell’Italia, all’interno della Nato e non solo, quando si tratta di Medio Oriente?
“Assolutamente sì. Il vertice Nato ormai si avvicina e tutto va nella direzione di rendere questo vertice dell’Alleanza a Chicago un grande successo. Per la Nato, ma anche un grande successo per gli Stati Uniti in quanto paese ospite e i grandi temi che saranno l’Afghanistan, saranno i partenariati, saranno la difesa missilistica ma anche I rapporti con la Russia sulla difesa missilistica, la questione su come mantenere uno strumento di difesa adeguato in questi momenti di difficoltà di bilancio. Cioè tutti temi che sono ben sulla via di essere risolti molto positivamente al vertice di Chicago che sarà un grande successo. Le tematiche della collaborazione nel campo della difesa tra Italia e Stati Uniti sono tradizionalmente il nostro fiore all’occhiello. La collaborazione è sempre stata di altissimo livello e il ruolo che svolgono i nostri militari impegnati nelle operazioni di pace ovunque nel mondo, quelle attuali, quindi Afghanistan, Kosovo, la pirateria, il nostro ruolo nella crisi libica. Il presidente Obama ha detto testualmente al presidente Monti che senza l’Italia la missione in Libia che ha avuto tanto successo non si sarebbe potuta fare. Così come viene riconosciuto assolutamente il ruolo guida che svolgiamo in Libano. Quindi questo intero spettro di tematiche è veramente un biglietto da visita di grande successo e di grande visibilità dell’Italia nei confronti degli Stati Uniti perché c’è una grandissima vicinanza. Per quanto riguarda i temi politici ai quali lei ha fatto cenno, io devo dire che ho avuto proprio in questi giorni moltissimi contatti ad altissimo livello per preparare al meglio la visita del ministro della Difesa Di Paola e abbiamo sviluppato proprio questi argomenti, come la Siria, l’Iran etc. E devo dire che c’è grande riconoscenza per tutte le tematiche alle quali facevo cenno prima e per il ruolo che noi svolgiamo nelle missioni di pace nonostante le limitazioni di bilancio, ma anche, per esempio come lei accennava sull’Iran, gli americani hanno molto apprezzato che l’Italia a Bruxelles sia stata tra i paesi guida nel chiedere, nello spingere e nell’ottenere un regime di sanzioni sull’Iran più incisivo nonostante avessimo importanti interessi commerciali. Questo gli americani lo hanno molto apprezzato c’è forte riconoscenza da questo punto di vista. L’Italia è stata inserita in un gruppo di paesi ristretto annunciato dal Segretario di Stato Clinton che hanno diminuito in maniera significativa le importazioni dall’Iran e questo ci esenta da qualsiasi ipotesi di sanzioni e così apprezzano che in applicazioni delle sanzioni europee noi interromperemo tutti gli acquisti dall’Iran. Quindi sono temi sui quali c’è grande vicinanza e un dialogo politico continuo con gli Usa su questi temi come Siria e Iran e quindi non ho dubbi che sia nella visita del ministro Di Paola sia negli incontri politici al vertice di Chicago ci sarà un forte riconoscimento del ruolo dell’Italia”.