Poco prima che giovedí il Presidente del Consiglio Mario Monti si recasse alla Casa Bianca da Barack Obama, abbiamo visto al Dipartimento di Stato il Segretario di Stato Hillary Clinton accogliere il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di San’Agata. Per pochi minuti i responsabili della politica estera dei due paesi alleati si sono mostrati ai giornalisti e abbiamo notato come l’espressione nel viso della Clinton fosse ben diversa da quella vista una settimana prima all’uscita del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Hillary ci é apparsa euforica, con uno sguardo e un sorriso finalmente in armonia e che riflettevano la grande soddisfazione dell’amministrazione Usa per i risultati giá raggiunti da Monti, l’uomo che Barack Obama vede al posto giusto nel momento giusto, in grado di salvare l’Italia e l’Europa da quel baratro finanziario che sconvolgerebbe anche l’economia americana.
Quando Monti ha appena concluso l’incontro con Obama, e su twitter si scatenano i flash sul "trionfo" del professore a Washington, noi incontriamo il ministro degli Esteri Terzi all’ambasciata d’Italia, un appuntamento in esclusiva per il nostro giornale.
Ministro, l’attenzione particolare della Casa Bianca nei confronti del Presidente del Consiglio Monti, é dovuta alla paura che l’Europa potesse non farcela, oppure dall’Italia si cerca qualcosa di più?
"Innanzitutto ringrazio America Oggi per darmi la possibilità di parlare agli italiani d’America, questo é il mio primo ritorno negli Stati Uniti dopo la partenza dall’ambasciata per assumere l’incarico di Ministro degli Esteri. Un ritorno in un’occasione così straordinariamente importante, un momento di grandissimo significato per l’amicizia e per i rapporti politici fra Italia e Stati Uniti. Vi era una grande aspettativa per questo incontro del Presidente del Consiglio Monti con il Presidente Obama e anche per la serie di contatti che il presidente del Consiglio avrebbe avuto col mondo economico e finanziario della capitale, col Congresso e anche per parte mia con il Segretario di Stato Clinton. La prima analisi di questo incontro é di grandissima rilevanza: ha consentito di precisare ancora meglio quello che é il ruolo dell’Italia nella stabilizzazione dell’eurozona e nel contributo al percorso di integrazione economica e monetaria dell’Unione europea. Il governo italiano ha fatto dei progressi rapidissimi sul piano dell’equilibrio di bilancio, é riuscito ad essere un elemento fondamentale nel negoziato sul Fiscal Compact e sull’European Stability Mechanism che si é concluso a Bruxelles. E’ rientrato nel circuito dei meccanismi di consultazione ristretta tra i principali paese europei acquisendo un ruolo di protagonista grazie alla capacitá all’interno del paese di superare la crisi economica con misure rapide e coraggiose, seguite dall’opinione pubblica e dal Parlamento. E’ cioé riuscito ad acquisire una credibilità che oggi abbiamo visto entrare nel vivo delle considerazioni della società americana e del governo Usa. Il centro delle conversazioni oggi é stato sicuramente la politica economica, la capacitá di avere un bilancio in equilibrio fin dall’anno prossimo e di avere un attivo primario nella nostra posizione complessiva economica. Ma é stato anche un momento di concertazione molto intensa fra il Presidente del Consiglio Monti e il Presidente Obama sulle misure di crescita. Le strategie nella creazione e nel rafforzamento del mercato unico. Gli esempi che l’Italia porta avanti nel proporre dei modelli di crescita sostenibile e come queste iniziative sulla crescita del mercato interno e della domanda possano coincidere con strategie americane che siano mutualmente interagenti e che quindi possano alimentare al di qua e al di lá dell’Atlantico, occupazione e attività economica. Questo mi sembra essere stato l’elemento forte di un momento politico così rilevante fra Italia e Stati Uniti.
Naturalmente si é parlato molto anche delle questioni che sono al centro dell’agenda di politica internazionale e soprattutto per quanto riguarda la sicurezza dei nostri paesi. Il comune impegno nelle aeree di crisi, il processo di trasformazione in Afghanistan, in vista anche del vertice Nato di Chicago, le grandi preoccupazioni che Italia e Stati Uniti nutrono insieme ad altri partner per il degenerare della crisi siriana, il modo in cui un gruppo ampio di paesi che si sta creando per trovare una via d’uscita politica da questa situazione potrebbe essere incoraggiato da una azione determinata, sia dall’Italia che dagli Stati Uniti, insieme ai paesi della Lega Araba, del Consiglio di cooperazione del Golfo, insieme alla Turchia e ad altri partner europei, per incoraggiare le condizioni di uscita da questa terribile situazione siriana".
Ma su questa crisi l’opinione pubblica occidentale é rimasta perplessa e confusa dal diverso atteggiamento tenuto rispetto alla Libia. In nome della ‘responsabilità di proteggere’ una popolazione civile aggredita dal proprio governo, si é intervenuti in Libia. Per la Siria invece le risoluzioni all’ONU rimangono bloccate. Quale dei due approcci tra le due crisi é quello giusto: la determinazione ad intervenire in Libia o la prudenza mostrata in Siria?
"Le situazioni storiche non si ripetono mai nello stesso modo. Le operazioni in Libia per un certo numero di paesi che si sono mossi sulla base di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, sollecitata dalla Lega araba e da altre componenti della comunità internazionale, per proteggere la popolazione che era pesantemente colpita dagli eccidi causati da Gheddafi, ecco questa operazione é stata un successo. Ci sono stati 60 mila fra morti e feriti in un paese di pochi milioni di persone, una catastrofe di immani proporzioni che si é creata nonostante l’intervento autorizzato e richiesto dalle Nazioni Unite. Ora nessuno ha mai pensato che ogni volta che si crea una situazione che rasenta la guerra civile o nella quale vi sono dei governanti che massacrano la propria popolazione, si creino esattamente le stesse condizioni di via d’uscita che si sono create per la crisi libica. Ma non c’é alcun dubbio che se il Consiglio di Sicurezza avesse autorizzato la risoluzione che era stata proposta, ci troveremmo oggi con una missione di osservatori dell’Onu, magari in collaborazione con la Lega araba, ben più consistente e si creerebbe un fortissimo freno all’atteggiamento criminale di un regime che sta massacrando la sua popolazione. Per me il problema sta in termini diversi. Non é di ripetere all’infinito un’operazione che si é portata avanti in Libia, ma é di capire cosa in un contesto particolare come la situazione siriana si possa fare. Ora noi riteniamo che un atteggiamento responsabile debba essere quello di far sí che il Consiglio di Sicurezza si possa esprimere e quindi possa creare le condizioni politiche e di legalità internazionale che consentano un intervento più intrusivo di una missione di monitoraggio internazionale che fermi questo massacro e che quindi si ridia voce ad un minimo di democrazia e di rappresentatività del popolo rispetto ad un regime che non rappresenta ormai che una piccolissima frangia di militari ed una piccola minoranza etnica. L’Italia sta svolgendo un’azione intensissima, sono in contatto frequente con la Lega Araba, con i principali paesi della regione e i partner europei, ridiscuteremo di questo problema al consiglio degli affari esteri il 27 di questo mese a Bruxelles, con l’idea di accresce la pressione sul regime ma anche di trovare i modi di sostenere gli interventi umanitari a favore degli espatriati e a favore dei campi che ospitano le popolazione colpite".
Lei, che é stato anche ambasciatore in Israele, prevede una tempesta in arrivo con l’Iran? E’ preoccupato, per quanto riguarda l’Italia, sulle conseguenze che si potrebbero abbattere sulla missione di peacekeeping dell’ONU in Libano guidata proprio dall’Italia?
"Noi abbiamo contribuito sin dal 2006 alla forza di pace Unifil in Libano. Per tre anni c’é stato un comandante italiano che a giudizio di tutti ha compiuto un lavoro eccezionale e adesso, da fine gennaio, c’é stato richiesto di riprendere il comando di questa operazione di pace. Riteniamo che Unifil sia un elemento di grande stabilitá di fatto fra Israele e il Libano. Certo la destabilizzazione del quadro interno siriano é potenzialmente pericolosa per l’intera regione, ma la mia sensazione é che l’attuale governo libanese e la capacitá anche delle forze armate libanesi di collaborare sia un elemento che ci da fiducia per tenere fuori il Libano da questo elemento di destabilizzazione che si é creato in Siria. Nei confronti degli altri paesi vicini, l’Iraq, Israele, l’Iran, certamente tutto può entrare in un gioco molto complesso e ci sono diverse voci che addebitano all’Iran forme di interferenze interna alla Siria. E’ difficile dire se questo sia vero, ma se c’é un appello che mi sento di fare alle autorità iraniane, é quello di mostrare un atteggiamento collaborativo sul piano regionale in modo da manifestare una credibilità internazionale che possa servire anche ad affrontare in via negoziata la questione del nucleare iraniano".
Kissinger lamentava che non aveva un numero di telefono per chiamare l’Europa. Dopo questa visita di Monti, Obama potrá comporre il prefisso di Roma per avere notizie sull’Ue?
"Il presidente del Consiglio Monti ha detto che esiste il numero di telefono a Bruxelles e che deve essere un numero di riferimento per l’amministrazione americana. Naturalmente vanno bene i rapporti bilaterali tra Usa e paesi europei, noi siamo molto fieri di una amicizia così forte e una collaborazione diretta fra i nostri due paesi, ma teniamo anche a sottolineare l’importanza che l’amministrazione americana consideri l’Europa come una realtà e una dimensione in crescita sul piano politico ed economico e che quindi questo numero venga sempre più utilizzato".
Passiamo agli italiani all’estero. La chiusura di Rai International, l’annuncio di ulteriore tagli ai fondi destinati per la stampa all’estero, decisioni che sembrano annunciare l’allontanamento dell’Italia dai cittadini italiani nel mondo. Sono decisioni permanenti?
"Sul mio impegno personale di ministro degli Esteri, devo sottolineare a tutti un aspetto ben preciso, una responsabilità che avverto profondamente: io mi sento ministro degli esteri e ministro degli italiani nel mondo. E’ una finalità che si collega in pieno ad un’azione che ho svolto soprattutto da ambasciatore negli Stati Uniti. Affermavo all’epoca che un ambasciatore italiano é innanzitutto un elemento di collegamento fra gli italiani che risiedono all’estero e il paese di origine. Perché é in queste comunità che risiede una delle risorse più grandi per la proiezione internazionale del paese. In un mondo globale la forza di un paese é la proiezione internazionale. E per l’Italia questo significa basarsi, interagire, sostenere, le nostre comunità all’estero ed essere da loro sostenuti. Questa realtà di sostegno delle comunità all’estero del nostro paese io l’ho sperimentata di persona nella grande campagna di diffusione della lingua italiana e la grande risposta che ho visto da Washington negli anni scorsi al rilancio del programma Ap. E’ un esempio ma potrei farne molti altri nel ricordo di quello che é stato l’epopea delle celebrazione del 150esimo anniversario dell’Unitá d’Italia negli Usa. Quindi abbiamo deciso, per quanto riguarda la nostra proiezione culturale, che il 2013 sarà l’anno della cultura italiana negli Stati Uniti. Cioè intendiamo cogliere questa grande dinamica che si é creata tra 2011 e 2012, per proseguire in tutta una serie di iniziative nei musei, con concerti, mostre che potremo organizzare in compartecipazione con identità americane, iniziative che non saranno portate avanti solo con finanziamenti pubblici ma con capacitá di gestione manageriale di attività culturali da parte dei nostri uffici consolari, degli istituti italiani di cultura, della ambasciata.
Il senso di abbandono che si può essere diffuso, lo riconosco, a causa dei tagli drammatici che abbiamo avuto sul bilancio pubblico, spero sia transitorio. Dal momento in cui ho assunto le mie funzioni ho tenuto a congelare qualsiasi decisione di chiusura di consolati o istituti di cultura. Penso che si possano trovare altre formule per compensare delle spese che sono sempre crescenti e sempre più onerose, con il bilancio della Farnesina che ha subito una decurtazione drammatica, 206 milioni di euro su un bilancio di spese disponibile di 800 milioni. E’ una mia forte determinazione quella di non solo contenere le riduzioni dei programmi di finanziamenti ma anche di recuperare nei prossimi esercizi in tutto questo settore. Siamo anche impegnati nella riforma degli organismi elettivi della comunitá italiana, che deve andare incontro alle aspettative che ci sono fra coloro che, con grande generosità, si occupano dei loro connazionali, si occupano dei rapporti culturali, delle forme di assistenza, e anche della rappresentanza delle nostre comunità. Ritengo che non dobbiamo fare delle riforme al ribasso, dobbiamo fare delle riforme di efficienza, confido che le forze parlamentari possano esprimersi in modo favorevole e soprattuto che ci sia un contributo positivo da parte dei parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere. Ecco tutto questo insieme di attività penso che sia ben compreso nell’attuale governo, un governo che é fortemente impegnato nel riavvicinare le distanze in tutti i sensi con i connazionali all’estero. Naturalmente ravvicinare le distanze non significa avere più risorse da spendere, il discorso che abbiamo fatto all’inizio sulle compatibilità economiche e i grossi sacrifici che fanno tutti gli italiani in Italia e all’estero, per riportare salute al bilancio dello stato e per continuare a costruire sulla nostra credibilità in Europa é un dato di fatto che non ci possiamo nascondere".
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