I tre eventi principali che hanno occupato le pagine dei giornali americani in questo inizio d’anno sono stati, in ordine cronologico, l’anniversario dell’attacco al Campidoglio da parte dei seguaci dell’ex presidente Trump, l’esplosione di Omicron, la nuova variante del Covid 19, la cui virulenza ha provocato una nuova impennata di contagi e l’invasione russa in Ucraina.
Tre storie che sembrano molto diverse e distinte tra loro ma che, in realtà, hanno in comune più di quanto possa apparire a prima vista.
La dinamica generale della comparsa e della diffusione di Omicron è un fenomeno abbastanza chiaro da capire. Un virus non è altro che un filamento di materiale genetico rivestito da una sottile membrana lipidica quindi un organismo estremamente semplice che ha, proprio in questa semplicità, la sua forza. Come molti organismi parassitari, i virus sono incapaci di eseguire in proprio alcun processo metabolico ad eccezione di quello riproduttivo ma, malgrado questo, rappresentano una delle strutture biologiche di maggiore successo evolutivo. Il loro asso nella manica consiste nella capacità di mutare continuamente e rapidamente la loro struttura genetica adattandosi di volta in volta alle circostanze ambientali. Questo è il motivo per cui i vaccini di malattie come l’influenza o lo stesso Covid, devono essere aggiornati anno dopo anno per rispondere alle nuove e continue mutazioni dei virus che, a loro volta, reagiscono ai vaccini stessi provando nuove combinazioni genetiche in grado di aggirarli.
Se i virus si contraddistinguono per la loro semplicità, i meccanismi di creazione del consenso politico e della coesistenza sociale di individui e gruppi sono una materia più complicata. Questi meccanismi agiscono in maniera diversa in “organismi” diversi: a seconda cioè se parliamo di regimi autoritari o democratici.
Nella Russia putiniana ad esempio, così come in Cina, Iran o Corea del Nord, il controllo dell’informazione e la diffusione della disinformazione avvengono secondo il buon, vecchio sistema censorio: il governo elimina ogni voce di dissenso, monopolizza i mass media e fa passare solo ed esclusivamente il proprio messaggio tenendo la popolazione all’oscuro di ciò che accade dentro e fuori il paese. E’ un sistema tradizionale e collaudato ma, in un’era come la nostra, caratterizzata dall’esplosione dei canali d’informazione e dei social media, non più molto efficace, anzi, addirittura potenzialmente controproducente perché la repressione e la censura, quando smascherate, tendono a generare opposizione e dissenso. In altre parole, tendono a generare nel corpo sociale una sorta di “reazione immunitaria”.
Nei sistemi democratici invece, malgrado l’apparente clima di trasparenza e di libera circolazione delle idee, la manipolazione dell’informazione e, soprattutto, la diffusione della disinformazione, presentano caratteristiche molto diverse e potenzialmente più insidiose.
La democrazia è un modello di organizzazione socio-politico basato sul suffragio universale. I nostri rappresentanti politici cioè, vengono scelti da noi cittadini attraverso il voto e, come è giusto che sia, ogni voto vale esattamente quanto un altro. Tutto questo è legittimo e sacrosanto ma, se da una parte le scelte elettorali dei singoli hanno tutti lo stesso valore assoluto, le intenzioni di voto che le determinano hanno un “peso specifico” molto diverso.
Ad esempio, se io ascolto i programmi di governo del candidato Mario Rossi e li trovo validi perché coerenti con le mie posizioni ideologiche, posso decidere di votarlo alle prossime elezioni mentre se il mio vicino di casa ha opinioni politiche diverse dalle mie, molto probabilmente voterà per un’altra persona. Ma se il mio vicino decide di votare per un altro candidato perché si convince che Mario Rossi è un alieno introdottosi tra noi terrestri assumendo sembianze umane per ridurci in schiavitù, i nostri voti individuali avranno ancora lo stesso valore assoluto a dispetto del fatto che, la sua decisione è basata su un’allucinazione demenziale.
Quando le differenze di voto non sono solo più il prodotto di divergenti opinioni ideologiche (come nei regimi democratici) o delle informazioni disponibili agli elettori (come nei regimi autoritari) ma emergono da percezioni della realtà che sconfinano nell’ambito della patologia psichiatrica, le conseguenze per la coesione sociale si fanno disastrose, soprattutto quando queste allucinazioni collettive vengono alimentate, manipolate e strumentalizzate dalla classe politica. Non solo, ma l’abbandono dell’ambito cognitivo della razionalità, vanifica anche la possibilità di colmare le nostre differenze di opinione attraverso un dialogo e un proficuo scambio di informazioni, proprio come due persone che non possono comunicare perché parlano lingue diverse.
La conseguenza più catastrofica di ciò è che, quando questa comunicazione viene meno, persino l’evidenza dei fatti cessa di essere tale.
In aggiunta ai deliri sui democratici pedofili e sui riti satanici praticati nelle pizzerie di Washington, gli aderenti alle teorie complottistiche di QAnon, erano anche convinti che dopo l’elezione presidenziale del 2020, Donald Trump sarebbe stato reinsediato alla Casa Bianca il 20 gennaio 2021, giorno dell’inaugurazione di Joe Biden.
Quando questo, ovviamente non si è verificato, la narrativa prevalente si è prontamente trasformata spostando, in base ad una teoria altrettanto assurda, la data della “resurrezione trumpiana” al 4 marzo.
Quando, passato il 4 marzo, Joe Biden è apparso ancora saldamente al comando del paese, i Qanonimi hanno cambiato nuovamente i termini della “profezia” fissando la data del “miracolo” per il 20 marzo.
Sfortunatamente, neanche l’arrivo della primavera ha realizzato i loro sogni golpisti e così le date dell’attesa restaurazione sono state ulteriormente aggiornate prima al 13 agosto e, quando ancora una volta non è successo nulla, al 25 novembre.
La resurrezione delle fortune politiche trumpiane non è la sola psicosi di massa che affligge le frange del movimento conservatore americano. A novembre scorso un gruppo di “IQ-anomali” si è riunito a Dallas in attesa di un’altra resurrezione, questa volta non politica ma letterale: quella del presidente John Fitzgerald Kennedy! Quando l’auspicato ritorno di JFK non è avvenuto, i nostri eroi hanno immediatamente cambiato pronostico basando la nuova data sul calendario giuliano anziché su quello gregoriano!
Quando il 6 gennaio 2021 orde di seguaci trumpiani hanno preso d’assalto il Campidoglio di Washington nel tentativo di portare a compimento il golpe istigato dall’ex presidente, nemmeno ore e ore di immagini dal vivo degli eventi hanno scalfito le certezze granitiche dei suoi sostenitori, molti dei quali, scegliendo di ignorare l’evidenza, ancora oggi continuano a minimizzare l’incidente paragonandolo ad una “legittima dialettica politica” o inventandosi teorie su fantomatiche infiltrazioni di agitatori di sinistra travestiti da trumpisti.
In altre parole, proprio come accade per i virus che ricombinano la propria struttura genetica per sfuggire alle difese del nostro sistema immunitario, nell’ecosistema della propaganda di destra, le informazioni, anche quelle più incontrovertibili nella loro auto-evidenza, vengono continuamente manipolate, trasformate, rielaborate e adattate ad una narrativa preconcetta che distorce l’interpretazione della realtà. E se, grazie a questo meccanismo di continua reinvenzione, un virus può risultare letale per un organismo biologico, la distruzione del nostro comune sostrato cognitivo che ha preso il sopravvento da qualche anno a questa parte, può avere lo stesso catastrofico effetto sulla nostra coesistenza sociale e sul modello democratico su cui si fonda.