Il Coronavirus ha fatto un’altra vittima: America Oggi. Il glorioso giornale in lingua italiana fondato a New York quasi 35 anni fa continuerà ad essere presente solo online. Forzato dalla chiusura delle edicole in seguito alla pandemia il giornale non sarà più stampato dalla fine del mese*. Lo ha comunicato martedì agli azionisti il direttore e presidente della società editrice Andrea Mantineo.

Fondato nell’ottobre del 1988 da venti ex dipendenti (tra loro anche chi scrive) di un altro glorioso quotidiano, il Progresso Italo Americano, fu una mossa forzata dopo che tutti i dipendenti furono licenziati su due piedi all’inizio dell’estate del’88. Un giornale, che per quasi 100 anni era stato della famiglia Pope, all’inizio degli Anni Ottanta venne acquistato dall’editore del Giornale di Sicilia, Piero Pirri Ardizzone, che con Oscar Maestro e Carlo Caracciolo volle tentare l’impresa New York.
Dopo 10 anni di esperimenti i tre decisero di passare la mano e lo cedettero a un gruppo di imprenditori romani che decisero di non rispettare i contratti con i sindacati. Da lì uno sciopero organizzato dal New York Newspaper Guild e dal sindacato dei tipografi poiché la proprietà, dopo aver intascato i contributi delle provvidenze per l’editoria, si dileguò. In questo modo, rimasti senza lavoro, alcuni ex dipendenti del Progresso Italo Americano decisero di lanciare America Oggi.
Nell’ottobre del 1988 uscì la prima copia. Da allora, per oltre 25 anni, America Oggi fu una success story tutta americana: un gruppo di 20 soci, tutti con la quota azionaria del 5%, con un investimento iniziale di 5 mila dollari ciascuno, riuscì a creare un quotidiano che veniva distribuito da Boston a Filadelfia.

Nella sola zona metropolitana di New York-New Jersey e Connecticut si vendevano circa 35 mila copie al giorno. Internet non esisteva, le stazioni televisive in lingua italiana non c’erano. I risultati di calcio, la politica, la cronaca delle vicende italiane venivano portate nelle case da America Oggi. Ma non solo. La cultura, i personaggi, la cucina, le tradizioni avevano tutte un palcoscenico sul giornale. Furono portate avanti iniziative e battaglie importanti. Come quella contro la pena di morte, la doppia cittadinanza, la lotta alla discriminazione. E poi le campagne per la ricostruzione nelle zone italiane colpite dai terremoti, oppure il giornale a scuola, nelle classi AP dove si insegnava l’italiano.
Un modo per mantenere vivi i rapporti dei giovani con il Paese di origine dei loro genitori. L’impresa più ardua però è stata quella per il diritto di voto per gli italiani all’estero, mettendo insieme il lavoro di due parlamentari delle opposte vedute politiche: Mirko Tremaglia e Angelo Lauricella. Il primo sanguigno oratore dell’italianità nel mondo, il secondo fine architetto che al Senato riuscì a costruire quella convergenza di vedute nella maggioranza che permise il travagliato passaggio della modifica costituzionale. Un successo per tutti gli italiani emigrati e per il giornale che aveva già avviato la collaborazione con Repubblica che usciva come “panino” editoriale. E questo, grazie anche ai contributi governativi per la stampa, fu il momento di maggior splendore di America Oggi.
A Norwood, in New Jersey, fu acquistata una palazzina dove precedentemente c’era una società farmaceutica. Furono acquistate nuove rotative e venne trasferita tutta redazione e l’intero organico amministrativo, pubblicitario e della distribuzione. E anche gli studi di Radio ICN, la stazione radio italiana che, grazie anche ad un accordo con la Rai, trasmetteva 24 ore su 24.

Iniziative che attirarono i fulmini di Silvio Berlusconi che da presidente del Consiglio, con il suo fido Paolo Bonaiuti, fece la guerra al giornale che in panino aveva Repubblica. Una sfida ìmpari lanciata da un potere politico che anziché valorizzare le iniziative che all’estero legano i propri cittadini al paese di origine decise di ridurre del 50%, retroattivamente, i contributi di legge. Inutile dire che nei bilanci la pianificazione delle spese che America Oggi aveva fatto era stata impostata proprio su questi contributi. Una sforbiciata che tagliò le gambe al giornale. E da lì fu il lento declino sospinto anche dalla crisi economica che aveva colpito le maggiori aziende italiane che operavano negli Stati Uniti: Alitalia, Parmalat, Banco di Napoli che, chiudendo o riducendo le loro attività, non pubblicizzavano più i loro prodotti e servizi sul giornale.
Inoltre, il giornale è rimasto ancorato ad una readership tradizionale, refrattaria alla modernizzazione dell’informazione. Online America Oggi ancora oggi posta solo le pagine del quotidiano stampato non seguendo in tempo reale lo sviluppo delle notizie. E come tanti altri giornali America Oggi non è riuscita a prepararsi all’impatto che l’informazione online avrebbe avuto nel futuro.
Speriamo che ora eliminando le spese per la stampa riesca a reinserirsi nel ruolo che con merito si è conquistato tra i giornali italiani all’estero.
*In una prima versione dell’articolo, avevamo dato notizia che America Oggi non fosse più stampato a partire dall’inizio del mese. Siamo stati poi informati che in effetti la distribuzione del giornale su carta terminerà a partire dalla fine di febbraio.