Il Premio Nobel per la Pace è andato a Maria Ressa e Dmitry Muratov, entrambi giornalisti impegnati nella tutela della libertà di espressione. La prima, co-fondatrice di Rappler, sito di giornalismo investigativo, “usa la libertà di espressione per esporre l’abuso di potere, l’uso della violenza e il crescente autoritarismo” nelle Filippine. Muratov, direttore di Novaya Gazeta, si è rifiutato di abbandonare la politica seguita dal periodico russo, difendendo l’indipendenza e i diritti dei giornalisti.
L’Accademia svedese ha premiato “la loro coraggiosa battaglia per la libertà di espressione“. La presidente della Commissione norvegese per il Nobel, Berit Reiss-Andersen, nell’annunciare il riconoscimento ha sottolineando quanto la libertà di espressione sia “pre-requisito per la democrazia“. I due premiati rappresentano “tutti i giornalisti che si battono per questo ideale in un mondo in cui la democrazia e la libertà di stampa affrontano condizioni sempre più avverse“, ha aggiunto.
Dal Palazzo di Vetro anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è congratulato con i vincitori riaffermando “il diritto alla libertà di stampa“. “Nessuna società – ha proseguito Guterres, – può essere libera ed equa senza giornalisti in grado di indagare su illeciti, fornire informazioni ai cittadini, responsabilizzare i leader e dire la verità al potere“. Ma il capo dell’Onu è allarmato per i crescenti attacchi contro i media e l’aumento della disinformazione. “Questa non può diventare la nuova normalità“, ha detto.
In effetti, il loro premio arriva in un momento di attacchi senza precedenti ai giornalisti con repressioni, sorveglianza digitale e addirittura omicidi e torture.
“Dmitry Muratov e Maria Ressa incarnano i valori della libertà di stampa – ha dichiarato Joel Simon direttore esecutivo del Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) – questi sono giornalisti sotto minaccia personale, che sfidano continuamente la censura e la repressione per riportare le notizie“.
Filippine e Russia hanno alcuni dei più alti tassi di impunità negli omicidi di giornalisti a livello globale. Dal 1992, 58 giornalisti sono stati uccisi per il loro lavoro in Russia e 87 nelle Filippine. Secondo CPJ, dal 1992 in tutto il mondo sono stati uccisi 1416 giornalisti, mentre il 2020 ha segnato un numero record di giornalisti dietro le sbarre.

Muratov è il terzo russo a ricevere il Nobel per la pace dopo Andrey Sakharov e Mikhail Gorbaciov. Nel 1993 è stato tra i fondatori di Novaja Gazeta, “il cui giornalismo basato sui fatti e l’integrità professionale ne hanno fatto una fonte importante di informazione su aspetti censurabili della società russa, raramente menzionati su altri media. Da quando è stato aperto, sei dei suoi giornalisti sono stati uccisi“, ha ricordato la Commissione.
Anche Ressa si è dimostrata una “paladina senza paura della libertà di espressione” alla guida di Rappler, il sito di giornalismo investigativo che ha puntato “l‘attenzione sulla controversa e mortale campagna antidroga del regime di Duterte“.
“Niente è possibile senza fatti“, ha dichiarato Ressa commentando la notizia. Muratov ha dedicato il Premio a Novaja Gazeta e ai suoi giornalisti uccisi in questi anni. Il direttore ha sottolineando di aver ottenuto il riconoscimento non per merito suo ma dei colleghi morti per la libertà di stampa.
Il Nobel per la Pace a Ressa e Muratov è un “premio alla libertà di stampa in ambienti ostili al giornalismo indipendente“, ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.