È il maggio 1996 quando Nora Ephron sale sul palco del Wellesley College, università femminile del Massachusetts in cui si era laureata nel 1962, per la cerimonia di fine anno dedicata alle laureate. Su quel palco la Ephron realizza una delle pagine più belle della sua lunga produzione: un discorso ispirato, sincero, onesto, divertente dedicato alle donne lì presenti, e – inconsapevolmente – un grande insegnamento per quelle che sarebbero venute dopo di loro. Il testo termina più o meno così: «Qualunque cosa scegliate di essere, qualunque strada prendiate, spero che scegliate di non essere una signora. Spero che troviate un modo di rompere le regole e creare scompiglio. E spero che lo facciate non solo per voi stesse, ma per tutte le donne».
Avrebbe compiuto 80 anni, Nora Ephron. Si è spenta invece nel giugno del 2012, per una forma di leucemia, lasciando però dietro di sé una grande eredità che celebriamo ancora oggi. Tracciare un profilo dell’autrice non è semplice, ma partiamo dalle basi. Nora Ephron è stata una giornalista, regista e autrice americana. Newyorchese ma cresciuta a Beverly Hills in una famiglia di origine ebraica, deve il suo nome di battesimo alla protagonista di Casa di bambola, testo teatrale di Henrik Ibsen. Laureata nel 1962 in scienze politiche al già citato Wellesley College, – uno dei Seven Sisters colleges originali, un gruppo di college femminili indipendenti fondati dalla Ivy League – poco prima di conseguire il titolo ha lavorato come stagista alla Casa Bianca con il Presidente Kennedy (ne ha parlato con onestà la prima volta nel 2003 nel pezzo Me and JFK: now it can be told).
Penna brillante, già da giovanissima inizia a collaborare con testate giornalistiche di prim’ordine come The Post e Esquire, mostrando ben presto il suo temperamento. Leggenda vuole che sia scappata a gambe levate dal suo primo lavoro nella rivista Newsweek, storico giornale americano acquistato dalla Washington Post Company nel 1961 e costellato da grandi firme, proprio perché lei – in quanto giovane donna – tra quei nomi tanto illustri non poteva starci. Avrebbe fatto per un po’ di tempo in quella redazione, “la ragazza della posta” (su questa storia ci ha scritto un pezzo bellissimo Gail Collins del New York Times).
Si parla poco di quello che ha scritto e non molte sono le traduzioni italiane dei suoi testi. Sono più famosi i film. Da sceneggiatrice ha firmato l’indimenticabile Harry ti presento Sally, per il quale ha ricevuto una candidatura all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale. Da regista, alcune commedie romantiche che hanno fatto innamorare generazioni di spettatori: Insonnia d’amore, C’è posta per te, Julie & Julia.

Sposata tre volte, il matrimonio più famoso resta quello con Carl Bernstein, un nome che in America ancora fa sognare centinaia di giornalisti alle prime armi e tremare i polsi ai politici. Carl Bernstein, marito numero 2 della Ephron, è il giornalista del Washington Post che nel 1972, insieme al collega Bob Woodward, ha condotto l’inchiesta giornalistica che ha svelato i retroscena dello scandalo Watergate, anticamera delle dimissioni del Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. L’inchiesta del secolo gli vale il Pulitzer e anche un celebre adattamento cinematografico della vicenda: Tutti gli uomini del Presidente di Alan Pakula, che agli Oscar nel 1977 si aggiudica quattro statuette (del film, Nora Ephron scrisse anche una bozza di sceneggiatura, che non fu però mai usata e anzi, creò sul set qualche nervosismo con lo sceneggiatore William Goldman, ma questa è un’altra storia).

Il rapporto alla pari, idilliaco sulla carta tra la Ephron e Bernstein si trasforma ben presto in un matrimonio fallimentare, costellato di tradimenti e insicurezze. Sull’infedeltà del marito («in grado di farsi anche una tenda veneziana» cit.), ma più in generale sui rapporti tra i sessi, Nora Ephron ci avrebbe costruito una carriera. Del loro rapporto resta però una traccia indelebile: il racconto autobiografico Heartburn – Affari di cuore, bestseller della Ephron (uno dei pochi tradotti anche in italiano, ndr), in seguito adattato per il cinema, con niente poco di meno che Meryl Streep and Jack Nicholson nel ruolo dei due protagonisti.
All’età di 46 anni, dopo anni di esperienze nel raccontare gioie e dolori dell’amore e del matrimonio, la Ephron avrebbe trovato finalmente pace. Il suo terzo e ultimo matrimonio è stato infatti con Nicholas Pileggi scrittore e sceneggiatore statunitense, di origini italiane, noto soprattutto per il romanzo Wiseguy, del quale uscì il celebre adattamento cinematografico diretto da Martin Scorsese. Pileggi le sarebbe stato accanto fino alla morte, avvenuta il 26 giugno 2012.
«Mia madre mi ha insegnato che qualsiasi cosa accada, bella o brutta, prendi nota. Ogni cosa è ispirazione», racconta la Ephron nel documentario realizzato nel 2015 dal figlio Jacob Everything is copy (letteralmente “ogni cosa è ispirazione”). Proprio qui si nasconde il segreto dell’autrice. Nora Ephron è stata in grado di raccontare tutto, anche quello che in apparenza non era degno di essere raccontato. Dai tradimenti strazianti, alle ricette in cucina, dalle ansie del mandare una semplice e-mail, fino all’amore per il proprio sentirsi bene dopo il parrucchiere. Nessuna autrice è stata in grado di raccontare con ironia, semplicità, gusto e prospettiva l’universo delle piccole e grandi gioie al femminile come Nora Ephron. Lo ha fatto dall’inizio alla fine, dagli anni della gioventù fino alla maturità, toccando spesso argomenti di politica e attualità con ironia e astuzia, dicendoti «esattamente quello che non vuoi sentire, ma chissà perché suona bene».
Se potessimo intervistarla oggi torneremmo a quel discorso del 1996, al Wellesley College con carta, penna e un gioco: scrivere le cinque parole che raccontano nel 2021 chi è Nora Ephron. Sono tanti i suggerimenti che potremmo darle per aiutarla in questa lista: il più bello, forse, è che ci ha lasciato pagine autentiche, attuali e mai opache, dedicate alle donne di ogni età e che in qualche modo ci accomunano. A partire dal brillante saggio Il Collo mi fa impazzire, pubblicato nel 2006, quando ormai sessantacinquenne ha raccontato con una grazia non scontata l’invecchiamento, tra dolori muscolari, perdita di memoria e maxi-borse confusionarie in cui perdiamo tutto.
«Above all, be the heroine of your life, not the victim» ci ha suggerito e oggi – più che mai – suona ancora bene.
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