“Quando ho iniziato, fondando il sito dopo aver terminato la mia esperienza ad America Oggi, la Voce di New York aveva più le sembianze di un blog, ma un grande numero di collaboratori, circa 40, si sono stretti a me e hanno appoggiato il progetto. Oggi, le firme che scrivono sul nostro giornale sono circa 80 e abbiamo lettori sparsi in più di 170 paesi nel mondo”.
Inizia così l’intervista al Direttore Stefano Vaccara, l’ideatore della Voce di New York che tra qualche giorno, il 25 aprile, compirà otto anni. Rispondendo alle domande di Vincenzo Pascale sul podcast “Stroncature”, Vaccara racconta la genesi e lo sviluppo del suo progetto editoriale.
“Da New York, scrivendo in italiano, restiamo un giornale americano, che fa proprio il taglio statunitense del modo di fare giornalismo”. Due sono i concetti alla base della struttura della Voce di New York. Il primo, la fede assoluta nel “First Amendment” della costituzione americana. Tutti coloro che vivono negli USA sono protetti dal Primo Emendamento, che rientra nel cosiddetto “Bill of Rights”. In materia di libertà di espressione e stampa (e religione), questo protegge il cittadino e chiunque viva dentro i confini dal governo dall’interferire con la libertà di esprimere il proprio pensiero con la parola orale, scritta e stampata.
Il secondo, “liberty meets beauty”, perchè il giornale si pone come obiettivo quello di fondere la libertà tipicamente americana con la bellezza che caratterizza l’Italia. “Una bellezza non soltanto estetica, ma anche etica”.
E soprattutto un’informazione corretta e ragionata. “Gli articoli che appaiono sulla Voce di New York deve reggere il tempo. Noi non pubblichiamo notizie che scadono nel giro di poco tempo, non inseguiamo l’informazione usa e getta. Anche così si può crescere e noi lo stiamo facendo. Basta avere pazienza e credere fermamente nei propri valori”.
Al direttore sono state inoltre state fatte delle domande da Nunzio Mastrolia, fondatore di “Stroncature”, sull’evoluzione dei rapporti tra Stati Uniti e Italia e le trasformazioni che l’avvento dell’amministrazione Biden ha impresso nelle relazioni tra i governi di Washington e Roma rispetto ai tempi di Trump.