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Perché la pandemia di Fake News diffusa da Trump contro Biden ha contagiato l’Italia

Il pubblico riceve un’informazione e, anche se questa non corrisponde alla realtà dei fatti, se conta l’idea che l’individuo si è fatto, subito la condivide

Francesco PirabyFrancesco Pira
Perché la pandemia di Fake News diffusa da Trump contro Biden ha contagiato l’Italia

Matteo Salvini mentre indossa la mascherina pensata per supportare Trump (fonte: Facebook Matteo Salvini)

Time: 5 mins read

In queste ore in Italia le tifoserie sono scatenate. Chi ha creduto nel “ritorno alla normalità” di Biden, all’America da curare, non vede l’ora che faccia trionfalmente il suo ingresso alla Casa Bianca. Chi invece ha creduto a Trump grida al complotto e aspetta che gli avvocati del Presidente uscente facciano il loro lavoro. Un’altra partita è legata alla prima Vice Presidente “mulatta”, come è stata definita, degli Stati Uniti. Anche su di lei si scatena la macchina delle fake. Ma è bene, come dice il popolare conduttore televisivo italiano Gigi Marzullo, farsi una domanda e darsi una risposta: perché le fake diffuse da Donald Trump nel nostro paese sembrano vere?

La copertina del libro di Francesco Pira e Raimondo Moncada “Fake news, manuale semiserio di sopravvivenza contro le bufale” (Medinova 2020)

Diciamo che chi fa il tifo vive ovviamente di pregiudizi. E quindi si crede quasi per fede, per luce riflessa, per dovere di schieramento. Ormai da anni mi occupo di Fake News. Studiarle e analizzarle è oggetto quasi costante del mio lavoro di ricerca. In Italia ci siamo, ovviamente resi conto, soprattutto da quando c’è l’emergenza pandemica, che l’allarme Fake News è serio. Ho anche l’onore di presiedere un Osservatorio Nazionale, quello di Confassociazioni, presieduto da Angelo Deiana, sulle Fake News. La società si trasforma senza sosta e la tecnologia è ormai parte integrante delle nostre vite. Viviamo sempre connessi e i social media sono diventati il non luogo da noi abitato per molte ore al giorno. Tutti noi siamo guidati dalle varie funzionalità sviluppate all’interno di queste interfacce tecnologiche e non riusciamo a farne a meno.

Le analisi, e le indagini recenti, condotte sia a livello internazionale che nazionale convergono nel sostenere che gli individui utilizzano come fonte di informazione gli ambienti digitali e selezionano i contenuti, seguendo una serie di algoritmi che possono portare alla mistificazione della realtà. La falsa percezione fornita dal processo di disintermediazione fa emergere l’incapacità di distinguere il vero dal falso, tra realtà e falsa rappresentazione. A ciò si aggiunge la perdita di credibilità nelle istituzioni e nelle fonti ufficiali di informazione e conoscenza. Questo genera un’ulteriore proliferazione di notizie  prive di fondamento, immesse sul mercato dell’informazione consapevolmente e condivise magari inconsapevolmente.

La facilità con cui le Fake News vengono rilanciate attraverso il web e persistono negli ambienti digitali è la dimostrazione di quanto possa essere complicato identificarle e di quanto sia difficile smascherare la disinformazione, perché confonde il margine tra il fatto e opinione. Il risultato è che il pubblico riceve un’informazione e, anche se questa non corrisponde alla realtà dei fatti, se conta l’idea che l’individuo si è fatto, la condivide e non riflette nemmeno per un istante sul contenuto. Questo, quello che è accaduto in questi mesi perché, seppur da lontano, noi italiani abbiamo seguito la campagna elettorale americana che ha visto come protagonisti Donald Trump e Joe Biden.

Trump vs Journalists (Illustration by Antonella Martino)

Un articolo di Repubblica, di Raffaella Menichini, ha raccontato come gruppi e account organizzati diffondono video, post, fotomontaggi per provare che negli Stati chiave ci sono state irregolarità nel voto e manovre poco chiare nello spoglio. A quanto pare, poi tutto è stato smentito.

Tantissime le bufale, costruite ad arte, diffuse in tutti i social e fatte circolare dai politici più importanti. Per assurdo il primo a diffondere notizie false sulle elezioni è stato proprio Trump. Il fenomeno della disinformation è stato incrementato in vario modo anche dall’estero per destare continui sospetti sul candidato democratico. Notizie false su Biden e i suoi familiari, compresa la gravissima accusa di pedofilia.

Lo scopo centrale è quello di dimostrare che il voto è stato truccato e Biden non può, e non deve essere, il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Nonostante gli americani si siano espressi senza riserve su chi vogliono alla Casa Bianca.

Si è persino parlato di pennarelli difettosi distribuiti agli elettori repubblicani, per far in modo che le schede non venissero convalidate. Si è detto anche di schede false, aggiunte in un secondo momento.

In tutto questo Facebook si conferma il social che più di tutti riesce a far circolare tantissime bufale. Eppure Zuckerberg ha cercato di arginare il diffondersi delle Fake News, ma il meccanismo messo a punto attraverso gli algoritmi per stanarla necessita di molte ore per definire il processo. Insomma, sono nate diverse pagine e diversi gruppi pronti a condannare la vittoria di Biden, oltre a diffondere articoli virali.

In tutto questo gli italiani hanno seguito lo svolgersi degli avvenimenti, dimostrando le loro simpatie e antipatie. I politici italiani hanno scelto di schierarsi da una parte o dall’altra, esponendone pubblicamente anche le motivazioni.

Il dato che mi ha fatto riflettere, e dovrebbe far riflettere un po’ tutti, e come mai gli italiani hanno creduto a buona parte di queste false notizie e le hanno condivise.

Election Day (Illustration by Antonella Martino)

Diversi studi, a cui è giunto anche il team di ricerca dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, dimostrano come la società digitalizzata, dove è centrale l’io-utente, ha creato una distorsione negli effetti generati dal crescente numero di informazioni a cui gli individui sono esposti e che creano allo stesso tempo una fruizione caratterizzata da superficialità. Infatti, sono tantissimi i dati che non si riescono ad approfondire e apprendere, esiste l’incapacità sempre più diffusa di identificare notizie false o manipolate, è nata una dipendenza dall’accesso ai dati e la possibilità di essere sempre iperconnessi è diventata un elemento imprescindibile del vivere quotidiano. Uno degli effetti più dirompenti di questo contesto socio-mediatico è dato dall’attivazione del processo di disinformazione che nei social network, soprattutto su Facebook, trova terreno fertile per radicarsi.

Un vero mercato di massa delle notizie che sottrae strumenti all’interpretazione corretta e riduce l’importanza dei contenuti.

Probabilmente, il desiderio di condividere tutto e subito, sui social e sulla messaggistica istantanea, ci impedisce di andare oltre l’hic et nunc. Complice di tutto questo è, quasi sicuramente, la situazione che stiamo vivendo che ci ha ovviamente stravolti. Aggiungerei anche la prassi della de-ideologizzazione della società che ci induce a ricercare nuovi punti di riferimento. Questa terribile pandemia ci ha segnati al punto tale da essere totalmente disingannati dalla politica e dalle promesse che molto spesso non vengono mantenute. Il sociologo Zygmunt Bauman ha rintracciato le linee fondamentali del decadimento delle strutture della società tra cui proprio le istituzioni politiche, che pongono innanzi i propri interessi piuttosto che quelli dei cittadini. Come se non bastasse l’identità nazionale e partitica, che si annulla a vantaggio di logiche di mercato.

Ecco perché, probabilmente, gli italiani hanno creduto tendenzialmente a tutte le Fake News di questo mirabolante universo americano. Ormai, gli italiani non si stupiscono più di niente si chiama effetto disillusione.

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Francesco Pira

Francesco Pira

“Il potere è fare le cose per gli altri”. Questa frase scritta nella piccola sacrestia di un prete cristiano caldeo a Bagdad è quella che mi ha sempre accompagnato nelle mie esperienze umane e professionali. Amo leggere, scrivere, ma soprattutto quando posso narrare. Mi piace, come sosteneva Enzo Biagi, raccontare storie di persone comuni. Scrivo da quando avevo 14 anni. Fin da giovane ho coltivato la passione del giornalismo. Oggi insegno, nell’ambito della sociologia, comunicazione istituzionale e teorie e tecniche del linguaggio giornalistico all’Università di Messina. I miei territori di ricerca comunicazione e giornalismo con focus costanti sul rapporto tra adolescenti e nuove tecnologie, la comunicazione politica, sociale e pubblica. Sono un siciliano che ama il “lato giusto” della Sicilia. Vivo con il sogno prima o poi di trasferirmi negli Stati Uniti.

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