“Noi siamo liberi di accettare o meno Putin, in questo siamo liberi. Possiamo dimostrargli il nostro affetto in modi diversi. Possiamo anche scrivere che ha deviazioni sessuali, sarebbe anche accettabile e questo renderebbe sia Putin che i suoi soci molto felici ma noi non possiamo andare a toccare certi punti che a lui non piacciono. E sono la Cecenia e la crisi cecena, la corruzione degli organi governativi, la corruzione di cui lui è parte e alcuni altri problemi. Oltre un milione di soldati russi hanno attraversato la Cecenia, e hanno preso molte sporche abitudini: se voglio rubo, se voglio uccido, rapisco, faccio tutto quello che mi pare”.
L’eco delle parole di Anna Politkovskaja risuona forte nel docu-film, scritto e diretto da Ferdinando Maddaloni, artista civile, dal titolo “Anna Politkovskaja. Concerto per voce solitaria”vincitore dell’edizione 2016 Hollywood International Indipendent Documentary Awards. 22 minuti che ti tengono incollato alla sedia e ti chiedi anche tu “chi è il mandante dell’omicidio di Anna Politkoskaja?”.

Chi è Anna Politkoskaja? Figlia di genitori sovietici di nazionalità ucraina, di stanza alle Nazioni Unite, nasce a New York il 30 agosto del 1958. Dopo aver lavorato per il giornale Izvestija, comincia a seguire per la Novaja Gazeta il conflitto in Cecenia. Vince, tra i tanti premi, il Global Award di Amnesty International per il giornalismo in difesa dei diritti umani. A Mosca accetta il ruolo di negoziatrice nell’assedio del teatro Dubrovka. Subisce un tentativo di avvelenamento mentre è in volo per Beslan dove si consuma un crimine di guerra. Anna racconta la Russia di Putin e della sua gestione bellica. Le sue inchieste sono scomode come i suoi libri pubblicati soltanto all’estero poiché “sovversivi”. Anna denuncia un mondo stravolto, con il crollo dell’Unione Sovietica e la fine del Comunismo, dai conflitti interni tra crimini di guerra e corruzione fino ai poteri massimi governativi che impone la censura alla stampa e alla cultura. Scrive Anna a proposito di censura: “Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me”. Talmente scomoda che Il 7 ottobre del 2006, a Mosca, un sicario le spara 5 colpi e l’ammazza nell’ascensore del palazzo.Uccidere Anna significa fermare le inchieste sulla verità della guerra in Cecenia. Al suo funerale poco più di mille persone, nessun politico, nessun rappresentante del Governo Russo tranne Marco Pannella, amico della giornalista, omaggia Anna. Quanti reporter, attivisti sono stati ammazzati, non si contano. I reporter ammazzati, scomparsi, finiti nel nulla sono tanti, troppi come suo caro amico Andrej Mironov, giornalista e attivista per i diritti umani. Entrato nel mirino del Kgb durante la Guerra Fredda, arrestato e condannato a quattro anni per propaganda sovversiva antisovietica rinchiuso in cella di punizione di un Gulag, Mironov è costretto a mangiare cibi pieni di vermi e a bere acqua sporca. Muore a Sloviansk, in Ucraina, con il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli: dell’omicidio viene accusato il soldato Vitaly Markiv, di origine italiana, condannato, in primo grado, Il 12 luglio del 2019 dalla Corte d’Assise di Pavia a 24 anni di reclusione. Quando sequestrano donne e bambini nella scuola di Beslan in Cecenia, la Politkovskaja non riesce ad arrivare sul posto, viene avvelenata sul volo per Beslan. A Beslan muoiono 334 persone tra cui 186 bambini:muoiono di fame, di caldo, di sete, provando a sopravvivere a quell’orrore bevendo anche le proprie urine. Strazianti le immagini dei volti dei bambini, delle madri, della disumana aberrazione della guerra in Cecenia che la grande giornalista Anna denuncia dal fronte: si fa testimone anche in Tribunale. La Politkovskaja proprio non piace al Governo Russo. Scrive in uno dei suoi articoli: “Perché ti sei fissata sulla storia della testa tagliata?”, mi ha chiesto a Mosca Vasilij Panchenkov, che dirige l’ufficio stampa delle truppe del Ministero degli Interni, pur essendo una persona perbene. “Non hai altro a cui pensare?”. Mi sono rivolta a lui per avere un commento su Kurchaloj per la Novaja Gazeta. “Lascia perdere, fai finta che non sia successo niente. Lo dico per il tuo bene!”. Ma come posso dimenticare? Detesto la linea del Cremlino elaborata da Surkov, che divide le persone tra chi “è dalla nostra parte” e chi “non lo è” o addirittura “è dall’altra parte”. Se un giornalista è “dalla nostra parte” otterrà premi e rispetto, e forse gli proporranno perfino di diventare un deputato della Duma, il Parlamento russo. Ma se “non è dalla nostra parte”, sarà considerato un sostenitore delle democrazie europee e dei loro valori, diventando automaticamente un reietto. Questo è il destino di chiunque si opponga alla nostra “democrazia sovrana”, alla “tradizionale democrazia russa”.

L’orrore della guerra in Cecenia, l’omicidio di Anna, smuove le coscienze del mondo e degli artisti civili. Ferdinando Maddaloni, attore- regista- sceneggiatore, accende i riflettori a teatro e nei suoi docu-film “Anna Politkovskaja. Concerto per voce solitaria” e “Non cercare la logica dove l’hai messa tu” sugli omicidi di Anna Politkovskaja, Andrej Mironov e Andrea Rocchelli e di tanti giornalisti e attivisti ammazzati e scomparsi con l’unica colpa di aver provato a raccontare la verità.
Come incontri “Anna Politkovskaja”?
“Non conoscevo Anna Politkovskaja. Durante la crisi del Teatro Dubrovka nell’ottobre 2002 rimasi colpito dalle immagini televisive che mostravano una giornalista russa, accettata dai terroristi ceceni come intermediatrice, che attendeva di entrare in teatro in una piazza vuota e ai suoi piedi aveva due cassette d’acqua minerale. Servivano per dissetare gli ostaggi”.
Cosa ti ha spinto a “non dimenticare” Anna?
“Perché ho fatto due promesse sulla sua tomba e mio padre mi ha insegnato che le promesse si mantengono. Era il 2 gennaio 2009: il solito freddo gelido moscovita, non ricordo a quanti gradi sotto zero. Io e Carmen Femiano raggiungiamo il cimitero di Troekurovskij, molto lontano da Mosca: tutto ricoperto dalla neve. Per trovare la tomba di Anna usiamo le mani protette da insufficienti guantini. La troviamo: una pagina di un libro con 5 fori che rappresentano i 5 colpi di makarov con cui è stata uccisa. In quel momento di forte commozione, Carmen decide di scattare una foto per immortalare per sempre quella promessa, ossia di non dimenticare mai il suo sacrificio e raggiungere Beslan al suo posto. Poi mi accorgo che le mie mani e quelle di Carmen erano ormai viola per il freddo, i piedi congelati, per strada nessun taxi a riportarci indietro. Non sapevamo come fare, ma “qualcuno dall’alto” ha deciso di aiutarci: una coppia, dopo una serie di dinieghi, ci accoglie nella loro calda macchina e ci salva da quell’incubo”.

Poi realizzi il docu-film dal titolo emblematico “Anna Politovskaja. Concerto per voce solitaria di Ferdinando Maddaloni.
“Concerto” perché la formula dello spettacolo che abbiamo portato in giro per anni con Nicola Dragotto e Carmen Femiano era quello del teatro canzone; “per voce solitaria” perché Anna come canta Nicola nella sua meravigliosa “Zdravstvujtye mama” non ha mai fatto parte del coro”.
Ai funerali della giornalista nessun membro del governo russo ha omaggiato Anna e la verità aspetta ancora giustizia.
“Se ti riferisci al mandante hai perfettamente ragione. Dopo un lunghissimo iter invece grazie all’ostinazione e alla tenacia dei due figli di Anna Ilya e Vera, il processo all’esecutore materiale dell’omicidio e ai suoi complici , si è concluso con due ergastoli e tre condanne dai 12 ai 20 anni” .
La Politkovskaja quando negozia con i separatisti ceceni al teatro di Mosca ha paura, come riporti nel docu-film. Che idea ti sei fatto dell’omicidio?
“Ho sempre ammirato Anna perché nei suoi scritti non ha mai nascosto le sue paure, i suoi dubbi che condivideva con il lettore rendendolo co-protagonista delle sue storie. Per chiudere lo spettacolo ho scelto, non a caso, un brano “profetico” e che, leggendo tra le righe, ricordando che il 7 ottobre è anche il giorno del compleanno di Putin, può essere illuminante per rispondere alla tua domanda basta leggere le parole di Anna: “Perché Kadyrov (ndr il Presidente della Cecenia ) vuole uccidermi? Una volta l’ho intervistato e ho pubblicato le sue risposte senza cambiare una virgola, rispettando tutta la loro incredibile stupidità e ignoranza. Kadyrov era convinto che avrei riscritto completamente l’intervista, per farlo apparire più intelligente. In fondo oggi la maggior parte dei giornalisti, si comporta così… Naturalmente gli articoli che mi presentano come la pazza di Mosca non mi fanno piacere. Vivere così è orribile. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo”.

Come sei arrivato a Beslan?
“Prima di conoscere la prigione locale, anche se per poche ore, il mio arrivo a Beslan assieme al mio fraterno amico Andrei Mironov e al fotografo italiano Andy Rocchelli , è uno dei momenti che resteranno indelebili nella mia vita”.
Fermati! Perché vai in prigione? Ma che storia è?
“Ho fatto un errore da pivello principiante: il secondo giorno ho preso un taxi a Vladikavkaz per tornare a Beslan, dimenticando di cambiare cassetta alla videocamera. Al poliziotto che mi ha fermato per un normale controllo di passaporto, è bastato tornare un po’ indietro per sentire le interviste del giorno precedente nelle quali si parlava proprio di Kadirov. Sono stato condotto nella locale caserma. L’interrogatorio, rigorosamente con interprete inglese, ha raggiunto punte di alta comicità, visto che le mie risposte erano in stretto dialetto napoletano. Poi mi hanno messo in attesa in una cella: ora a ripensarci sorrido , ma ti confesso che me la sono vista brutta, almeno fino al momento della mia liberazione avvenuta per un motivo a me ancora sconosciuto. Ogni anno che torno, trovo lo stesso poliziotto ad attendermi fuori la scuola n°1: ora per fortuna sono nel registro dei buoni!”.
Esperienza forte. Dicevamo: come sei arrivato a Beslan?
“Passeggiavo con Andrei sulla strada principale del villaggio e mi viene incontro un bambino, molto diffidente. Gli chiedo un sorriso e lui mi risponde Cosa mi dai in cambio? Prendo un dvd dalla mia valigetta, mi mostra un sorriso forzato , lo afferra e scappa via. Ci resto malissimo, in fondo era solo un modo per instaurare un dialogo. Ma appena voltiamo l’angolo io e Andrej veniamo circondai da tutti i bambini sorridenti che chiedevano in cambio i dvd. Ecco come è nata per strada una videoteca per Beslan”.

Una videoteca per Beslan, la maglia numero 10 di Maradona, tante donazioni. Poi un manoscritto di Anna, ritrovato dal tuo amico Massimo Bonfatti, deceduto poche settimane fa.
“Nel 2014 tutti organizzavano eventi legati al decennale della strage. Io volevo fare qualcosa che distraesse i piccoli. Non avevo fondi, ma solo tanta energia ed entusiasmo. Con 20 euro ho acquistato il pallone ufficiale del Napoli e mi sono inventato il torneo di calcio BeslaNapoli, inondando il piccolo villaggio osseta di gadget della mia squadra e messo in palio la maglietta originale dell’Argentina che Diego mi ha fatto arrivare da Dubai chiedendo in cambio il solo video della consegna. La maglietta è esposta nella sala del memoriale della Scuola N. 1 di Beslan. Il lavoro di Massimo Bonfatti, mio caro amico, resta un lavoro prezioso con la sua Associazione Un mondo in cammino con i suoi progetti di cooperazione internazionale. Massimo si è occupato a lungo di Bielorussia, di Chernobyl e dei bambini di Beslan. E il manoscritto di Anna che Massimo ha ritrovato è un libro che, per volere della famiglia di Anna, i cui proventi sono devoluti a progetti di beneficenza tra cui una videoteca di Beslan“.
Dal docu-film alla versione teatrale: quale è stata la reazione del pubblico?
“Dalla prima rappresentazione al PAN di Napoli il 27 maggio 2008 all’ultima replica a Formello il 21 aprile 2017, il mio obiettivo, è sempre stato quello di spingere il pubblico alla consapevolezza che chiudendo sempre gli occhi , girandosi dall’altra parte, aspettando che qualcun altro lo faccia per noi , si finisca poi per dar ragione al pastore Niemöller, il pastore luterano che ispirò Bertold Brecht “… un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare“. Lo so che non diventerò mai famoso col mio Teatro Civile , ma non ringrazierò mai abbastanza Anna perché leggendo i suoi libri, sono comunque diventato un uomo migliore ed un Artista. Con il mio teatro civile ho cercato di mantenere quell’impegno preso nel fare qualcosa. Ho scritto e portato in scena monologhi per Antonio Russo (Mai dietro a una scrivania) e Ilaria Alpi (Una vacanza finita male). Poi una battuta d’arresto dovuta alla scomparsa del mio grande amico, Andrei Mironov, amico di Anna Politkovskaja”.

Cosa ti ha raccontato Mironov di Anna?
“Posso dire di aver conosciuto Anna attraverso le lunghe chiacchierate su Skype con Andrei grazie al suo perfetto italiano. Non mancava mai di sottolineare come Anna si occupasse sempre dei più deboli, come detestasse il ruolo di eroina. Era una donna forte sul lavoro, ma era anche fragile perchè figlia, moglie, madre e stava per diventare nonna”.
E’ appena inizia la seconda fase del giudizio del processo per l’omicidio di Andrej Mironov e Andrea Rocchelli condannato in primo giudizio a 24 anni. C’è un tentativo di ribaltare il giudizio per le pressioni diplomatiche ucraine. Al processo si è costituita anche “La Federazione Nazionale della Stampa si è costituita parte civile per l’omicidio di del collega – scrive Articolo 21 – anche se Andy non era iscritto all’ordine dei giornalisti né al sindacato, Articolo 21 è accanto alla Fnsi e alla famiglia Rocchelli e continuerà ad esserlo fino in fondo”.
Cosa ne pensi?
“Non conosco le carte processuali, non ho potuto ascoltare le intercettazioni, non sono a conoscenza delle prove che ha presentato l’accusa. Io almeno lo ammetto mentre altri, nella mia stessa condizione, sparano giudizi e sentenze a casaccio. Mi attengo ai fatti. Il pm aveva richiesto 16 anni mentre la corte ha condannato il soldato italo ucraino Vitaly Markiv a 24 anni in primo grado. Si vuole far passare il principio che erano nel posto sbagliato. Questo non lo accetterò mai”.
La Politkovskaja testimonia i fatti che ha “visto con gli occhi, toccato con mano”, al netto delle proprie opinioni di donna e di giornalista. Le sue parole arrivano dritte al cuore dei lettori, utilizza un linguaggio schietto, rigoroso e chiaro, volto a far rivivere l’evento stesso descritto nelle proprie inchieste, creando consapevolezza. Il 7 ottobre su Facebook in occasione del flash mob “Noi non dimenticheremo Anna Politkovskaja/2020” di Ferdinando Maddaloni, va in rete con gli altri appuntamenti della giornata, il talk in diretta Facebook della Voce di New York alle 19 h italiana (01 PM New York), nel talk dal titolo “Anna Politkovskaja la voce scomoda della guerra”, con Stefano Vaccara, Paolo Di Giannantonio, Ferdinando Maddaloni, Antonio Coviello, Eiji Furukawa e la sottoscritta. Per il flash mob uno speciale video “Io vivo la vita e scrivo ciò che vedo” realizzato in diverse lingue con Laura Bercioux (italiano), Yesim Kaya (turco), Carmen Femiano, (francese), Lina Coppola (tedesco), Gaia Piricò (castigliano), M’Barka Ben Taleb (arabo), Ornella Cascinelli (ebraico), Désirée Klain (italiano), Olga Matsyna (russo). Musica di Nicola Dragotto. -Lettura a due voci (Carmen Femiano e Katia Nani) di “Come ci si lava in guerra” di Anna Politkovskaja
Per Anna, per le vittime di Beslan e della barbarie della guerra.