Dopo l’interessante conversazione avvenuta lo scorso 14 gennaio tra i giovani ricercatori e aspiranti medici italiani della Grande Mela, il ciclo di incontri Meet the New Italians in New York è proseguito, giungendo mercoledì 24 febbraio al suo secondo appuntamento dedicato al mondo del giornalismo. Il progetto è promosso dal Consolato Generale d’Italia, che intende essere un punto di riferimento per tutti i giovani italiani a New York, favorendo la loro integrazione nel contesto culturale e professionale americano attraverso le varie iniziative delle Istituzioni del Sistema Italia. Come previsto, l’evento ha richiamato l’attenzione di moltissimi ragazzi che, pur lavorando in settori lontani da quello giornalistico, hanno mostrato grande interesse e curiosità. L’evento, basato sul metodo del mentoring ha offerto loro l’opportunità di interagire con affermati professionisti che lavorano nella metropoli dell’East Coast in testate internazionali o come corrispondenti italiani.

“Una delle cose su cui fui messa in guardia all’inizio della mia carriera diplomatica riguardava i rapporti con la stampa. Dovevo essere guardinga, misurare ogni parola e avere una norma di linguaggio, ma mi è capitato spesso di non rispettare queste indicazioni. Sono profondamente convinta che, in diplomazia, le cose di cui non si può assolutamente parlare apertamente siano veramente pochissime”. Così ha raccontato il Console Generale Natalia Quintavalle dopo la proiezione del video realizzato da i-Italy, che ha mostrato un’anteprima dei temi affrontati con una raccolta di interviste a importanti esperti del settore, tra cui Tiziana Ferrario e Giovanna Botteri, entrambe della RAI e presenti tra il pubblico. L’ex Console ha poi ringraziato i panelist per aver accettato l’invito a raccontare le loro esperienze, condividere la loro storia e dare suggerimenti a chi si affaccia su questo settore così competitivo.
Tra di loro Massimo Gaggi, firma del Corriere della Sera dal 1985 e attualmente inviato a New York, dove si occupa da vicino delle trasformazioni della società americana. È esperto in economia e politica degli Stati Uniti e si interessa particolarmente dell’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro. “La verità – ha dichiarato – è che la formula per creare un’organizzazione giornalistica moderna e digitale che stia in piedi economicamente non l’ha trovata ancora nessuno”.
Mario Platero, corrispondente per Il Sole 24 ore da oltre 30 anni, si trova negli Stati Uniti dal 1978. Inviato durante la Guerra del Golfo; ha seguito in diretta a New York una delle pagine più drammatiche della storia recente, l’attacco alle Torri Gemelle. “Il consiglio che posso dare a un giovane aspirante giornalista che approda da questa parte dell’Atlantico, è quello di guardare ai media americani, in quanto possono sicuramente aprire nuove porte e lasciare un impatto che vada al di là dei nostri confini geografici e dei nostri limiti linguistici, rivolgendosi a un pubblico globale”.
D’accordo sull’aspetto linguistico anche James Fontanella del Financial Times, secondo il quale la conoscenza delle lingue dà maggiori chiavi d’accesso. “Ho scoperto nel tempo – ha dichiarato – che esistono tanti colleghi italiani che lavorano per testate straniere e che hanno iniziato a lavorare pur non avendo una conoscenza perfetta della lingua inglese. Ma le cose che attirano l’attenzione di qualsiasi direttore sono l’esclusiva e avere qualcosa da dire che gli altri non hanno”. Fontanella ha lavorato in passato per la stessa testata come corrispondente a Mumbai, a Londra nella sezione Esteri, come inviato speciale in Burkina Faso e in Italia. È stato un regolare commentatore su questioni politico-economiche riguardanti l’Italia anche per la BBC.
Silvia Berzoni, invece, ci informa dal New York Stock Exchange delle ultime novità in campo finanziario con il programma The Floor di Class CNBC. Racconta di ricordare molto bene i primi passi mossi qui negli States: “Il primo giorno di lavoro mi sono trovata di fronte a un team con un’esperienza impressionante. Ho capito che di fronte a un elefante del genere, potevo muovermi come un topolino, cercando di capire quali risorse e quali opportunità sfruttare”. Come lei stessa ha affermato, bisogna avere una vera e propria vocazione ma, soprattutto, per fare questo mestiere è necessario studiare e leggere tanto.
Proprio come ha fatto Filippo Brunamonti dell’Huffington Post, che ha raccontato: “Nel 2005, quando stavo per finire la mia tesi di laurea, mai avrei pensato di approdare al mondo del giornalismo. Leggevo tantissimo, da Dickens alla cronaca sportiva ma non riuscivo a mettere a fuoco la texture dei giornali”. Oggi collabora con il gruppo Espresso ed è critico cinematografico per Il Manifesto, ma in passato ha lavorato a New York in qualità di producer per Rai Coorporation.

L’incontro ha visto inoltre l’intervento di Davide Mancini, che ha presentato il suo progetto realizzato in collaborazione con Fabio Capoferri: la start-up Vox Pop, ovvero uno strumento digitale che raccogliere video-opinioni da chiunque sia collegato alla rete. Il progetto è stato premiato da VICE Media, Knight Foundation e City University of New York.
Rispetto ai tempi in cui una giovane Giovanna Botteri vedeva pubblicate le sue interviste su importanti testate pur non essendo ancora una professionista o una giovane Tiziana Ferrario sperimentava e imparava come si facesse televisione grazie ad enti privati aperti a tutti gli apprendisti, sembra facile dire che la situazione oggi sia cambiata. Soprattutto nel panorama del giornalismo italiano, dove i giovani devono fare i conti con un mercato sovraffollato e senza ricambio generazionale, tra precariato, paghe ridicole, niente orari né tutele. A tale proposito, la nostra Lara Lago ha realizzato un’inchiesta in quattro puntate: in attesa di leggere le ultime due, vi consigliamo Giornalismo: mestiere in via d’estinzione. Ma perchè? e Quel che resta del sogno: giornalismo e resilienza. Di fronte a questo scenario sconfortante, c’è chi perde ogni speranza, sapendo di non poter accedere a una delle caste più vecchie e radicate del nostro Paese, e chi invece non molla, compiendo quotidianamente dei sacrifici pur di continuare a sognare.
Le regole, insomma sono diverse rispetto a qualche decennio fa, ma ci sono anche molte più opportunità per fare giornalismo che all’epoca non esistevano. Secondo la Ferrario, bisognerebbe creare occasioni per confrontarsi e scambiare saperi, poiché si parla di una professione terribilmente in crisi, ma anche in grande evoluzione. Basti pensare alla nascita di nuovi fenomeni editoriali come VICE e Vox.
“Ci sarà sempre bisogno di gente che racconta. Cambiano i mezzi con cui farlo e quelli tecnologici di cui oggi disponiamo, ci consentono di azzerare tempi, confini e distanze”, così ha detto Giovanna Botteri, oggi a New York per raccontare l’America. “Bisogna seguire il proprio cuore, il proprio istinto, quello che ti piace – ha aggiunto – Dev’essere la passione a spingerti, come qualsiasi mestiere e, se veramente ti piace, sei pronto a sopportare qualsiasi sacrificio. Se tieni duro e non molli, arriverà la tua occasione, perché è arrivata per tutti. Arriverà il momento in cui succederà qualcosa e sarai tu a raccontarla”.