Mi dispiace che il professor Troiani si sia lanciato in un attacco così esteso ad un libro che non ha mai letto. E non lo dico per appetiti di marketing e vendite (può averne una copia gratuita), ma perché leggerlo gli avrebbe risparmiato parecchio tempo.
A cominciare dall'accusa che il titolo venga dal dipartimento marketing della casa editrice; se avesse letto il libro si sarebbe accorto che è stato invece preso da Francesco Saverio Borrelli, il capo del pool di Milano, che paragonò la sua operazione alla Rivoluzione francese.
Ma quando Troiani prende alla lettera le parole metaforiche di Borrelli, con la sua frecciatina en passant agli Stati Uniti nel far notare quando la pena capitale è entrata in disuso in Italia, sono con lui con tutto il cuore, nonostante l'irrilevanza di questo argomento per il nostro soggetto.
La sua ignoranza del solido fondamento fattuale dell'analisi contenuta nel libro è naturale per chi non lo abbia letto. Le fonti non sono solo chiaramente citate, ma sono tutte fonti pubbliche, a disposizione di chiunque voglia controllare. Anche una recensione del libro apparsa su L' Unita' ne riconosce l'accuratezza ben basata sulle fonti.
Avrebbe inoltre trovato che il libro mai suggerisce che sia stata pronunciata alcuna sentenza che fosse in disaccordo con le leggi approvate dal Parlamento. Il libro si concentra essenzialmente sulla fase istruttoria dell'operazione.
Né compare nel libro una tale semplificazione come “…il magistrato di turno pendente a sinistra condanna il politico di destra…”. Come appena osservato, non è sulle sentenze che il libro si concentra. Ma se il professor Troiani ritiene che le chiare prove di finanziamento illecito dei dirigenti del PCI siano state trattate con lo stesso zelo e allo stesso livello di (illegale) divulgazione di informazioni riservate con cui sono stati trattati altri casi, allora l'onere di sostanziare un'opinione tanto sorprendente è nelle sue mani.
L'idea che l'affermazione che alcuni di questi magistrati fossero effettivamente organizzati per perseguire una linea politica sia infondata, mostra ancora una volta l'ignoranza della storia raccontata nel libro. Sarebbe stato sufficiente che il professor Troiani avesse letto le dichiarazioni venute fuori dai congressi di Magistratura Democratica negli anni '70 per accorgersi che quell'affermazione non è venuta da me, ma dai magistrati stessi.
Leggendo avrebbe anche scoperto che il libro sottolinea che Di Pietro si differenziava ideologicamente dai colleghi del suo pool. Qui Troiani si dà parecchio da fare per esprimere pieno accordo con il libro.
Il professore ha ragione a dire che un raggruppamento tale come quello che ebbe luogo a Milano ha poche probabilità di verificarsi nei normali meccanismi di assegnazione dei magistrati. Ma ciò non vale, in questo e in altri casi, quando vengono costituite delle unità speciali.
Il direttore di questa straordinaria pubblicazione, La VOCE di New York, ha familiarità con uno dei più recenti episodi che ha svelato le pressioni contro una pubblicazione italiana del libro. Se potrà sollevare il velo di riservatezza sotto il quale questa informazione ci è stata trasmessa, i lettori potrebbero trovarla interessante. Ma questa è solo l'ultima pagina (a causa della mia età e fatica) di un lungo percorso che ha avuto inizio in una pubblicazione americana quando l'Italia si classificò al di sotto di altre nazioni occidentali nelle liste di ONG che monitorano la realtà della libertà di stampa. So cosa dice la Costituzione italiana. Diceva la stessa cosa anche pochi mesi fa, quando il direttore de Il Giornale è stato arrestato. Di fatto, questo ha parecchio a che fare con l'esistenza, e la necessità, de La VOCE di New York.
Mi dispiace deludere le teorie complottiste del professor Troiani su una mia connessione con Berlusconi. La verità è che per lungo tempo sono stato persona non grata nel suo campo, a causa di articoli che avevo scritto e interviste che avevo rilasciato. Quando la famosa copertina del The Economist pose la domanda "è quest'uomo adatto a governare l'Italia?" accompagnata da una foto di Berlusconi, diversi giornali da entrambi i lati dell'Atlantico posero la stessa domanda a me. La mia risposta fu un chiaro no. Ma dovetti aggiungere che era mia opinione che neanche i leader politici che a lui si opponevano meritassero alti punteggi quanto ad adeguatezza. Come Stefano Vaccara ha spiegato chiaramente, a volte tutti in uno scontro a fuoco indossano un cappello nero.
Temo che il professor Troiani non abbia nemmeno letto la stessa intervista cui risponde, o forse sono io che non mi sono spiegato bene. In nessun passaggio ho fatto l'assurda affermazione che chi ha votato contro Berlusconi facesse parte di una gigantesca cospirazione di estrema sinistra. Ho scritto confrontando le intenzioni dichiarate dai magistrati in un periodo precedente con quello che è stato l'esito del percorso da cui erano partiti. È un fatto che alcuni dei magistrati originari del pool di Milano sono ancora in carica. La maggior parte non lo sono. Lo slancio dell'attacco del pool di Milano a Berlusconi (vedi descrizione contenuta nel libro della consegna della avviso di garanzia a Berlusconi in occasione della conferenza delle Nazioni Unite a Napoli ) è stato raccolto e portato avanti da politici, giornalisti e magistrati, senza bisogno dell'iniziale squadra d'assalto.
Ho paura che sia il professor Troiani a peccare di eccesso di semplificazione e a sguainare la sua spada a un mulino a vento di sua stessa creazione. È un peccato: lui ed io dovremmo restare uniti nel cercare di comprendere quel periodo fittamente complicato della storia italiana. Ma, da uomo anziano, lascio ad altri questo compito.
Uno dei migliori tra questi altri è l'eminente avvocato ed esperto di procedure giudiziarie, Fabio Cammalleri, i cui commenti appaiono in questa stessa pubblicazione. Se avessi le sue conoscenze e la sua eloquenza, il mio vecchio libro sarebbe stato un libro migliore, magari abbastanza buono perché il professor Troiani lo leggesse.