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Obama e le vertigini del potere

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Barack Obama con Silvio Berlusconi nell'Ufficio Ovale

Barack Obama con Silvio Berlusconi nell'Ufficio Ovale

Time: 4 mins read

Qualche giorno fa scrivevamo che anche Barack Obama ci nasconde la verità. Perché sorprenderci, sostenevamo, il potere, anche quello democratico, è sempre stato allergico alla trasparenza. Chi ci governa non si fida mai della verità, pensa sempre che i propri cittadini can’t handle the truth, non sarebbero in grado di sopportarla. Così è stato per l’omicidio di JFK mezzo secolo fa, così continua ad essere anche con questo presidente che entrando alla Casa Bianca avrebbe dovuto rappresentare l’Hope realizzato nel sogno di Martin Luther King. Obama invece è ormai diventato, come ci faceva notare in questi giorni anche Marco Pannella incontrato a New York (puoi vederlo qui), un attento custode della ragione di Stato.

Ovviamente nel caso delle circostanze della morte dell’ambasciatore Chris Stevens in Libia, questo naturale “terrore” della verità era agevolato dalle elezioni per la riconferma ormai vicinissime: certe notizie avrebbero danneggiato la campagna del presidente che aveva fatto fuori Bin Laden…

Ma questa settimana sono arrivate altre notizie che ora, lo diciamo francamente, ci fanno apparire Obama ancora più ambiguo. Si viene a sapere infatti che il Dipartimento della Giustizia ha spiato i record delle telefonate (e forse email?) dei giornalisti dell’Associated Press, la più grande agenzia di stampa Usa, per cercare di scoprire chi fossero certe fonti che avevano passato le informazioni top secret su operazioni anti terrorismo in Medio Oriente. Di solito, prima di iniziare questo tipo di operazioni ai danni di  organi di stampa  protetti dal Primo Emendamento della Costituzione, non solo si dovrebbe ottenere l’autorizzazione di un giudice, ma la prassi vuole che si avvertano anche i giornalisti sul fatto che il governo sta cercando di ottenere certe informazioni. Questa volta sembra che invece il Ministero della Giustizia guidato da Eric Holder abbia fatto tutto nella segretezza e senza avvertire i giornalisti dell’AP. E Obama cosa replica? Ci dice che ha assoluta fiducia nell’operato del suo Attorney General.

Ci eravamo già accorti, da circa due anni a questa parte, che l’amministrazione di Barack Obama aveva tradito la sua stessa “dottrina” sulla libertà di informazione come diritto umano enunciata dal Segretario di Stato Hillary Clinton nel gennaio del 2010. Era stata subito rinnegata con grande ipocrisia quando Wikileaks ha cominciato a far circolare nel mondo i confidential files del governo Usa.  Ma ora l’amministrazione Obama si comporta in un modo che ci ricorda quello dell’amministrazione di Richard Nixon, emblema dell’arroganza del potere a Washington.

Con la scusa che la questione riguarda la “sicurezza nazionale”, Barack Obama nel giardino delle rose della Casa Bianca, ai giornalisti che cercavano di metterlo alle strette sullo scandalo dei controlli sulle telefonate dell’AP, ha replicato: “Non devo chiedere scusa… Va bene la libertà di informazione,  ma le fughe su questioni di sicurezza nazionale mettono a rischio delle persone”.

Ora, con queste parole, il Presidente Obama  assomiglia  a Nixon,  perché inganna i cittadini americani, e lo fa peggio di Tricky Dicky, perche’ almeno quarant'anni fa, anche per Riccardino l’imbroglione la questione non era ancora del tutto chiara. Ma Barack non ha scuse, lui prima di far politica é stato un professore di diritto costituzionale, sa alla perfezione come  la Corte Suprema nel 1971 (http://en.wikipedia.org/wiki/New_York_Times_Co._v._United_States)  rigettò la pretesa dell’amministrazione Nixon di voler bloccare i giornali che pubblicavano documenti che per  la Casa Bianca avrebbero messo in pericolo la sicurezza nazionale. In quel famoso caso dei Pentagon Papers, la Corte Suprema decise che spettasse sempre e solo ai giornali decidere l’opportunità o meno di pubblicare per ragioni di sicurezza e mai all’esecutivo in carica che ovviamente avrebbe sempre favorito la sua tendenza alla segretezza sul diritto del cittadino di conoscere quello che il governo vuol nascondergli. Da allora, il Quarto potere Usa non può essere fermato dalla Casa Bianca, e quindi non dovrebbe nemmeno essere spiato con l’inganno per cercare di impedirgli così di svolgere la sua funzione costituzionale di guardiano del potere. Infatti ai giornalisti Obama non può far nulla, ma i funzionari del governo che passano certe informazioni ai giornali rischiano in alcuni casi di spendere il resto della loro vita in galera.

Come ha scritto il New York Times, l’amministrazione Obama, in materia di libertà di stampa, si sta comportando come la peggior presidenza degli ultimi trent’anni. Che tristezza, Obama, soprattutto per chi ti ha votato.

Mentre riflettavamo su questo fatto, arrivano notizie dall’Italia che il Pdl di Berlusconi, rimasto ancora dentro le stanze dei bottoni, vorrebbe spingere il Parlamento ad approvare la cosiddetta legge bavaglio, che non solo si scaglia contro l’utilizzo delle registrazioni nelle inchieste giudiziarie,  ma che prevede il carcere per quei giornalisti che si azzardano a pubblicare le intercettazioni. Ma guarda, chi l’avrebbe mai potuto immaginare, Obama e Berlusconi alleati contro la libera informazione. Se continua così, a Barack gli mancherà solo il bunga bunga nell’Ufficio Ovale per poter assomigliare al nostro Silvio, nell’arroganza  di chi non sa reggere alle vertigini del potere.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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