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NAZIONI UNITE/ Obama e il discorso americano

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read

Barack Obama ha offerto martedí all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite un discorso tra i piú significativi ed emblematici della sua presidenza. Forse il discorso piú “Americano” sentito alle Nazioni Unite negli ultimi dieci anni. Ovviamente non ha evitato gli argomenti piú scottanti che minacciano la stabilitá mondiale, dall’Iran – “Gli Stati Uniti faranno quello che devono fare per impedire all’Iran di ottenere l’arma nucleare…. il tempo non é illimitato” – alla Siria – “il futuro non appartiene ad un dittatore che massacra il suo popolo” – al processo di pace israelo-palestinese – “il futuro non deve appartenere a coloro che girano le spalle alla prospettiva della pace.” –
Ha anche commosso Obama all’inizio e alla fine del discorso, con il suo ricordo dell’ambasciatore ucciso in Libia Chris Stevens, di cui l’ereditá ideale “vivrá per sempre nella vite di coloro che ha ispirato”.
Ma il cuore del discorso, in cui il presidente Obama ha investito almeno l’80% del suo tempo, era tutto dedicato alla democrazia e a quel suo fondamentale valore che gli Stati Uniti non rinunceranno mai a difendere: la libertá d’espressione.
Ovviamente questo tema centrale del discorso di Obama é scaturito dalle violenze esplose nel Nord Africa, in Medio Oriente e in Asia dopo l’apparizione su youtube del video denigratore del profeta Maometto. Ma Obama ha preso lo spunto non tanto per sottolineare che per il governo Usa quel video é “volgare e disgustoso”, ma soprattutto per ribadire che il principio della libertá d’espressione e della tolleranza resta un valore irrinunciabile.
Obama cita Gandhi: “L’intolleranza é se stessa una forma di violenza e un ostacolo alla crescita di un vero spirito democratico”. E quindi Obama riafferma che “tutti insieme dobbiamo lavorare per un mondo dove le nostre differenze ci daranno piú forza invece che discriminarci. Questo é quello che l’America rappresenta, e questa é la ‘vision’ che noi supporteremo”.
Obama ad un certo punto, lui ex docente di Diritto costituzionale, ha spiegato il valore della libertá d’espressione difesa dal Primo emendamento della Costituzione Usa ed é stato a questo punto che ha ricevuto applausi convinti da un’Assemblea rappresentata da molti governi “allergici” a certi diritti: “Come presidente del nostro paese, e comandante in capo delle nostre forze armate, io accetto che la gente mi definisca in modi orribili ogni giorno. E difenderó il loro diritto a farlo”.
Ma se é la difesa delle libertá democratiche, che secondo Obama hanno determinato l’atteggiamento di supporto della sua amministrazione all’esplodere della Primavera araba in Tunisia ed Egitto, queste non rappresentano solo un “valore” americano. “Abbiamo preso queste posizioni perché noi crediamo che la libertá e l’autodeterminazione non appartengono ad una sola cultura. Questi non sono solo valori americani o Occidentali – questi sono valori universali”.
Concetto che anche il presidente francese Francois Hollande, nel suo discorso di debutto all’Onu, ha ribadito: certi valori che la Francia difende all’interno dell’Onu “sono valori universali”.
Obama, nel suo discorso ha investito parecchio spazio nel cercare di spiegare la difesa del “free speech”, davanti ad un’audience composta da rappresentanti di governo per lo piú ostili alla libertá d’espressione: “Noi lo facciamo non perché vogliamo supportare discorsi d’odio, ma perché i nostri Padri fondatori capirono che senza queste protezioni, la capacitá di ogni individuo di esprimere il proprio punto di vista e praticare la propria fede, potrebbe essere messo in pericolo…. Noi lo facciamo perché in una societá eterogenea, il tentativo di restringere il diritto di espressione puó diventare uno strumento per mettere a tacere i critici o opprimere le minoranze”. E ancora Obama ha spiegato il potere che c’é dietro ad una societá che garantisce ai suoi cittadini queste libertá: “Lo facciamo perché dato il potere della fede nella nostre vite, e la passione che le differenze religiose possono infiammare, l’arma piú forte contro un discorso carico d’odio non puó essere la repressione, ma ancor piú libertá di parola, cioé la voce della tolleranza che scende in campo contro i bigotti e blasfemi, per elevare i valori della comprensione e del mutuo rispetto”.
Ecco perché, per Obama, nessun discorso pronunciato grazie ai valori di libertá e tolleranza, puó poi giustificare il ricorso alla violenza: “Non ci sono parole che possano giustificare l’uccisione di innocenti…”.
Obama, che nel suo discorso al Palazzo di Vetro doveva soppesare anche la potenziale reazione del suo avversario repubblicano candidato alla Casa Bianca Mitt Romney, ha cosí annullato qualunque accusa di presidente “debole” sulla difesa dei valori americani all’estero. Il discorso di Obama all’Onu non poteva essere infatti piú americano!
Un consigliere di Mitt Romney, l’ex ambasciaotre di GW Bush all’ONU, John Bolton, alla fine del discorso intervistato dalla Foxtv, ha fatto notare che Obama aveva dal podio pronunciato una frase inesistente nella versione ufficiale distribuita dalla Casa Bianca ai giornalisti pochi minuti prima. “So che non tutti i paesi in questa assemblea condividono questa comprensione della protezione della libertá di parola”. Ecco qui doveva finire la frase secondo la versione distribuita poco prima. Ma invece Obama dal podio ha aggiunto: “I recognize that”. Riconosco ció. Per Bolton, questa frase nasconderebbe un lascia passare di Washington per quei paesi che continuano a sopprimere la libertá di parola. Non ci convince, Bolton. Al massimo con quel “recognize”, Obama ha forse dato una concessione silenziosa alla realtá.
Subito dopo Obama ha aggiunto: “Eppure, nel 2012, al tempo quando chiunque con un cellulare puó diffondere opinioni offensive nel mondo spingendo appena un tasto, la nozione che noi potremmo controllare il flusso delle informazioni é obsoleto. Allora la domanda é su come rispondere. In questo dobbiamo tutti essere d’accordo: non esiste alcun discorso che possa giustificare una violenza insensate”.
Obama ha difeso alle Nazioni Unite la libertá d’espressione in modo come nessuno aveva saputo fare prima, nel momento giusto e nel posto giusto. La conferma per la Casa Bianca é ora ancora piú vicina.

 

*pubblicato su America Oggi

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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