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VISTI DA NEW YORK/ Citizen Murdoch

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

Il re degli “scoop” é “scooppiato”? L’impero mediatico del global news tycoon Rupert Murdoch, di colpo traballa e perde uno dei suoi pezzi più preziosi: il domenicale londinese “News of the World”, il tabloid in lingua inglese più letto al mondo, va in edicola per l’ultima volta e muore dopo 168 anni. James Murdoch, uno dei figli del tycoon di origine australiana, é riuscito a convincere il padre-padrone a chiudere la testata per salvare il salvabile della credibilità di News Coorporation e, forse, salvare un lucroso affare col governo inglese per il totale controllo della tv satellitare “BSkyB”. Ci é voluto lo scandalo con risvolti criminali sulle intercettazioni telefoniche per suonare l’allarme sui pericoli provocati dallo pseudo giornalismo alla Murdoch.

 

 

Era ora che lo squalo australiano fosse colpito sul muso dall’indignazione dell’opinione pubblica. Murdoch da trenta anni esercitava la sua influenza sul potere politico della Gran Bretagna, e ormai ci stava riuscendo anche negli Stati Uniti. Questo suo “quarto potere” non era esercitato negli interessi dei cittadini e della democrazia, ma nell’interesse del suo business.
Non tramonta mai il sole nell’impero mediatico di Murdoch, e negli Usa le sue corazzate sono capaci di fare terra bruciata attorno soprattutto a quei politici che cercano simpatie nell’elettorato di destra: senza l’appoggio di tabloid come il “NY Post”, dei canali della “Fox tv”, del quotidiano “Wall Street Journal” – una volta autorevolissimo ma ormai ridotto a megafono dell’agenda del padrone – nessun candidato del Gop potrebbe tentare la scalata nei sondaggi.
Murdoch come Berlusconi? Non scherziamo, é come paragonare una Ferrari ad una Fiat 500. Murdoch condiziona i politici con i suoi media per fare ancora più soldi, Berlusconi fa politica con l’appoggio dei suoi media, per salvare se stesso e i suoi soldi. Murdoch manovra la politica per favorire e allargare l’influenza del suo business, Berlusconi manovra i media per sopravvivere politicamente e poter salvare le sue aziende. Fino a prima di questo scandalo, Murdoch era il piùú potente dei media tycoon capace di far rieleggere o mandare a casa un politico (non solo a Londra o Camberra ma, come nel caso di G.W. Bush, anche a Washington). Adesso l’impero di Rupert traballa, ma é forse troppo “big to fail?”
Murdoch non é imparentato con Berlusconi ma é semmai il vero erede di William Hearst, il primo media tycoon che agli inizi del XX secolo inventò il giornalismo per le masse. Hearst partì da un piccolo giornale di San Francisco posseduto dal padre per poi costruire un impero mediatico coast to coast. Murdoch partì da un piccolo giornale australiano di Adelaide anch’esso di proprietà del padre. Herst inventò il giornalismo tabloid, ed allargò il suo impero nelle radio e anche nel cinema. Così Murdoch fece con le tv cable e satellitari. Hearst tentò pure la scalata politica, arrivando ad essere eletto al Congresso ma appena tentò la nomination per la Casa Bianca, la democrazia americana si mostrò allergica ad un media tycoon al potere. L’ascesa e declino di Hearst é stata romanzata nel più famoso film della storia del cinema, “Citizen Kane” di Orson Wells. Murdoch ha imparato la lezione di Hearst: per influenzare la politica non c’era bisogno di “scendere in campo”. Berlusconi invece…
Che lo scandalo criminale di “News of the World” possa ridimensionare lo squalo Murdoch e la sua stretta sul ruolo dei media nelle democrazie mature. Stop ai media “partigiani” che spingono qualcuno al potere e lo aiutano a mantenerlo finché conviene al loro business, e più forza ai “guardiani” della democrazia.
Negli Usa il declino di Murdoch potrebbe annunciare la riscossa di un giornalismo con una tradizione già consolidata. In Italia l’imminente uscita di scena di Berlusconi non avrà alcun effetto sul quarto potere, in Italia infatti questo ancora non esiste.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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