Prima (vera) frenata dell’economia degli Stati Uniti: lo dicono i dati di giovedì del Dipartimento del Commercio. La stima ufficiale sul Prodotto interno lordo a stelle e strisce segnala che nei primi tre mesi dell’anno è avvenuta una notevole contrazione: il Pil ha avuto una variazione del – 0,5% annualizzato. I dati sono quindi da intendersi come proiezione su base annua: se l’economia manterrà gli stessi livelli avuti nei primi tre mesi del 2025, a fine anno sarà decresciuta dello 0,5%. Non poco.
Una delle cause principali della decrescita è stato l’abbassamento della spesa dei consumatori, spinta propulsiva del Pil americano. Nel primo trimestre questa è cresciuta ma solo dello 0,5% rispetto all’1,2% di una stima precedente, il tasso più basso degli ultimi quattro anni.
L’altra ragione che spiega il dato è da imputare all’aumento delle importazioni. Il calo del Pil è inevitabilmente trainato dal dato sulle merci acquistate dall’estero, variabile che incide in modo negativo sul valore finale. Le aziende americane hanno infatti acquistato con grande intensità per anticipare l’entrata in vigore dei dazi – su cui c’era anche maggiore incertezza – che avrebbero causato l’aumento del prezzo delle merci.
A gravare ulteriormente è stata la frenata del mercato del lavoro, nuovi dati del Dipartimento del Lavoro pubblicati giovedì hanno mostrato che il numero di persone che hanno ricevuto il sussidio di disoccupazione per almeno una settimana è aumentato di 37.000 persone raggiungendo un totale di 1,974 milioni – il dato più alto dal novembre 2021. Un dato interessante, positivo, riguarda poi i cosiddetti beni capitali. Ovvero quelli usati dalle aziende per il processo produttivo (non destinati alla difesa ed esclusi gli aerei) che hanno subito un aumento dell’1,7% a maggio rispetto al mese precedente dopo aver subito un – 1,4% ad aprile, aspetto probabilmente legato alla riduzione di intensità della guerra commerciale di Trump.
Parallela è la questione dei tassi di interesse, i nuovi dati avranno un impatto limitato sulle decisioni che prenderà la Fed sul possibile taglio. Come afferma il capo economista Usa della Oxford Economics Ryan Sweet: “Le revisioni del PIL non avranno implicazioni significative per la Federal Reserve, poiché si tratta di dati relativi al passato. La Fed è concentrata sui rischi inflazionistici derivanti dai dazi e sul mercato del lavoro. Se la Fed cambierà direzione e segnalerà un taglio dei tassi prima di quanto previsto — il prossimo a dicembre — sarà a causa del mercato del lavoro, non del PIL”.
Si aggiungono poi i dati di venerdì sui consumi nel mese di maggio, ancora provenienti dal Dipartimento del Commercio. Secondo questi ultimi la spesa per consumi è continuata a scendere, dando luogo al calo più marcato dall’inizio dell’anno. Le spese personali sono diminuite dello 0,3% al netto dell’inflazione. I dati indicano inoltre una domanda debole da parte delle famiglie, in particolare per i servizi, un trend che è proseguito nel mese di maggio. Il trimestre precedente era stato il peggiore – quanto a consumi – dal periodo iniziale della pandemia. Diminuzioni della spesa sono avvenute nei servizi di trasporto, nei pasti fuori casa e negli alloggi, nei servizi finanziari e in altri servizi – categoria che include anche i viaggi internazionali netti. Gli acquisti di veicoli a motore sono diminuiti del 6%, annullando in parte l’impennata di marzo e aprile, quando gli acquisti hanno anticipato i dazi.
Un forte calo si è registrato anche sul reddito personale dei cittadini americani, con la diminuzione più forte dal 2021. Dati più confortanti riguardano l’aumento dei salari dello 0,4%, che prosegue una tendenza di aumenti.
Come dichiarato questa settimana al Congresso, il presidente della Fed Jerome Powell si aspetta un’accelerazione dell’inflazione nei mesi di giugno, luglio e agosto, dovuta ai riflessi dei dazi sui prezzi dei beni, aspetto che diverrà sempre più concreto. Powell ha però aggiunto che se tale previsione non dovesse realizzarsi la Fed potrebbe abbassare i dazi prima del previsto. Queste frasi dovrebbero far contento Trump, in guerra aperta con Powell, che è anche stato definito “stupido” dal presidente. La scorsa settimana il capo della Casa Bianca ha affermato che potrebbe nominare un successore prima della fine del mandato di Powell fra 11 mesi, una situazione che creerebbe un precedente inedito: un presidente “ombra” della banca centrale americana, definita da molti una mossa azzardata per l’incertezza che genererebbe nei mercati.
Tra i possibili successori di Powell, la Cnn ritiene favoriti il segretario del Tesoro Scott Bessent, l’ex governatore della Fed Kevin Warsh e Christopher Waller, attuale governatore della banca centrale americana.