Quando si parla di esportazione agroalimentare italiana, l’immaginario collettivo si muove lungo assi ben tracciati: New York – dove tra pochi giorni, dal 29 giugno al 1° luglio, si terrà il Summer Fancy Food Show – Miami, qualche volta Chicago. Più raramente Houston, Texas. Eppure è proprio lì — nella quarta metropoli americana per popolazione, e tra le prime per espansione economica — che da dodici anni si tiene una delle fiere più strategiche per il settore: Taste of Italy Houston, in programma dal 1° al 3 marzo 2026, punto d’incontro tra il Made in Italy e la distribuzione americana.
La dodicesima edizione è stata presentata mercoledì 25 giugno presso la Sala degli Arazzi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, alla presenza di Elena Lorenzini, Vice Capo di Gabinetto del ministro Urso, e con l’intervento centrale di Alessia Paolicchi, direttrice della Italy-America Chamber of Commerce of Texas, che ha illustrato obiettivi, numeri e novità di un progetto pensato per avvicinare il Made in Italy autentico al mercato statunitense.

“L’iniziativa non è pensata per fare scena — ha detto Paolicchi — ma per far succedere le cose: costruire relazioni, facilitare incontri che portino a contratti, e mettere le aziende italiane nelle condizioni di muoversi con consapevolezza in un mercato complesso come quello statunitense.”
Secondo i dati ISTAT, nel 2023 le esportazioni agroalimentari italiane verso gli Stati Uniti hanno superato i 7,2 miliardi di euro. Entro il 2026 si punta agli 8. Il ritmo è positivo, ma il contesto resta affollato e confuso: negli Stati Uniti, solo un prodotto su otto venduto come italiano lo è davvero. Il resto è italian sounding, un settore parallelo che secondo Nomisma genera oltre 60 miliardi di euro l’anno a livello globale.
“Non stiamo parlando di criminalizzare l’italian sounding — ha precisato Paolicchi —. È un sintomo del fascino che esercita il nostro cibo. Ma se vogliamo che il vero Made in Italy non resti una nicchia, servono strumenti chiari, percorsi verificabili, e figure competenti con cui interfacciarsi.”
Ecco perché Taste of Italy funziona. Ogni anno, circa 100 buyer professionali — selezionati tra importatori, distributori, catene retail e operatori wine & food — partecipano all’evento. Gli incontri sono programmati in anticipo, con matching costruiti su criteri di compatibilità reale tra domanda e offerta. Non un padiglione affollato da brochure, ma una macchina pensata per generare risultati.
A Houston, le aziende italiane trovano un’agenda strutturata, spazi per degustazioni guidate, momenti di formazione sulle certificazioni, talk sulla logistica e masterclass di prodotto. Il Texas, spesso percepito come periferia rispetto alle coste, è in realtà uno snodo strategico per l’export europeo. È qui, ha detto Paolicchi, che si sta formando una nuova classe media, con una distribuzione più articolata di quanto si immagini e con una domanda crescente di autenticità.
“Bisogna uscire dalla logica delle solite destinazioni — osserva Paolicchi —. È qui che si aprono spazi nuovi per il Made in Italy, ma serve metodo, continuità, e la capacità di capire come si muove davvero questo mercato”. Taste of Italy Houston è un’interfaccia operativa pensata per generare occasioni concrete. “Il sostegno istituzionale che oggi accompagna questa iniziativa non è un timbro di protocollo – conclude. È un segnale di attenzione reale, che ci auguriamo possa durare nel tempo”.