Con l’annuncio ufficiale delle dimissioni di Elon Musk dal suo ruolo nell’Amministrazione Trump si chiude un capitolo carico di tensioni e polemiche globali. La sua uscita segna anche la fine di un’era e l’inizio di un nuovo equilibrio tecnologico. Per il secondo mese consecutivo, il colosso cinese BYD ( Build Your Dreams) ha superato Tesla nelle vendite di veicoli elettrici in Europa. Un sorpasso che va oltre i numeri: è il segnale di un cambiamento epocale negli equilibri dell’industria automobilistica globale.
Tesla, pioniera della rivoluzione elettrica e simbolo della Silicon Valley, cede il passo a un concorrente che, fino a pochi anni fa, sembrava solo un outsider.
Il rallentamento di Tesla sul mercato europeo non è un episodio isolato né una semplice difficoltà congiunturale. È il risultato di una convergenza di fattori critici che, negli ultimi mesi, hanno incrinato sia la performance commerciale sia la percezione pubblica del marchio californiano nel Vecchio Continente.
Dopo anni di crescita vertiginosa, il 2024 ha segnato una battuta d’arresto: per la prima volta, Tesla ha chiuso l’anno con un calo nelle consegne, trend confermato da un ulteriore -13% nel primo trimestre del 2025. A pesare è la crescente pressione concorrenziale, oltre a una gestione interna sempre più complessa. Le difficoltà nel coordinare la transizione industriale e i contrattempi nella comunicazione pubblica hanno compromesso l’efficacia del brand. Le dichiarazioni controverse di Elon Musk, spesso in contrasto con i valori sociali e ambientali promossi dall’Unione Europea, hanno causato proteste, contribuendo a incrinare la fiducia dei consumatori. Pesano anche gli ostacoli operativi: la riconversione degli impianti per la nuova Model Y, modello chiave per il mercato europeo, ha comportato fermi produttivi e ritardi nelle consegne. A complicare il quadro, l’attesa per le versioni “low cost” ha spinto molti compratori a rinviare l’acquisto, causando un calo della domanda proprio mentre BYD accelera con un gamma pronta alla distribuzione.

Mentre Musk rivendica segnali di ripresa in altri mercati, è l’Europa il vero banco di prova per la tenuta del marchio Tesla. Qui la sfida non è solo commerciale, ma reputazionale.
In Europa, BYD è il principale antagonista di Tesla, non limitandosi a competere sul prezzo e volumi di vendita. Il costruttore cinese ha capito che per conquistare il Vecchio Continente non basta esportare modelli, serve interpretare lo spirito. Ecco perché ha scelto di progettare veicoli per le esigenze urbane europee: compatti, efficienti e accessibili. Il messaggio è chiaro: la sfida non è più il futuro ma il presente.
In quest’ottica si inserisce la creazione da parte di BYD di un team dirigenziale europeo di alto livello, capace di guidare l’espansione del marchio. Tra questi, diversi manager italiani, con esperienze maturate in Stellantis e, prima ancora, nella FCA di Sergio Marchionne. I cinesi arrivano preparati, forti tecnologicamente e con un rapporto qualità/prezzo che i concorrenti faticano a eguagliare.
Emblematico il caso della nuova citycar elettrica che BYD si prepara a lanciare in Europa a circa 20.000 euro, un traguardo che sembrava irraggiungibile per un’auto a batteria e che i costruttori europei hanno inseguito invano per anni. Questo avviene nonostante gli ostacoli: lo scorso ottobre, l’Unione Europea ha introdotto dazi aggiuntivi del 17%, oltre alla tariffa base del 10% sulle importazioni di auto elettriche cinesi.
Il colosso BYD ha inoltre annunciato l’apertura della sua prima gigafactory nell’UE, scelta che è caduta sull’Ungheria. Una mossa strategica che potrebbe cambiare le regole del gioco, poiché con una produzione localizzata le barriere tariffarie imposte da Bruxelles rischiano di diventare ininfluenti. Non a caso, l’iniziativa sembrerebbe già sotto la lente dell’Unione europea, che starebbe verificando se il governo cinese abbia sostenuto la nascita dello stabilimento con sussidi statali non consentiti, aprendo un nuovo fronte nella battaglia commerciale.
L’obiettivo di BYD è ambizioso: conquistare il 10% del mercato europeo dell’elettrico entro il 2030. Nel frattempo, le case automobilistiche del continente appaiono divise e in affanno di fronte a una concorrenza compatta.
Oggi più che mai, sarebbe servito un progetto condiviso: ricerca congiunta, piattaforme comuni e una filiera europea solida e sostenibile. Un’alleanza industriale capace di garantire competitività, difesa dell’occupazione e autonomia tecnologica.
Mentre i costruttori europei annunciano modelli futuri legati a roadmap incerte, BYD li mette già su strada, utilizzando un’arma potentissima: il prezzo. Per anni, il vero freno alla diffusione della mobilità elettrica è stato il costo. Lo confermano gli analisti e i dati del mercato. Finché l’auto elettrica rimane un privilegio, la transizione ecologica sarà una maratona a passo lento. Ma ora qualcosa sta cambiando e il cambiamento parla cinese.
La Cina dimostra una straordinaria capacità di entrare in mercati complessi e regolati, come quello dell’Unione Europea. Gli Stati Uniti si trovano in una fase incerta: da un lato, una minore leadership tecnologica, dall’altro una crisi reputazionale che colpisce i suoi campioni industriali, primo fra tutti Tesla.
L’industria dell’auto elettrica è entrata in una nuova fase: non basta solo il vantaggio tecnologico per dominare. A contare sono l’efficienza produttiva, la capacità di adattarsi alle normative locali e la solidità reputazionale.
Il predominio occidentale nella produzione di veicoli elettrici non è scontato. Oggi, sfidato dal pragmatismo orientale, è chiamato a reinventarsi in modo concreto e veloce.