Etichette peggio dei dazi. Anzi di più, etichette come veri strumenti di concorrenza sleale. Lo pensano, pressoché da sempre, gli agricoltori e una buona parte delle industrie di trasformazione italiane. Perché l’etichetta dovrebbe essere una sorta di carta d’identità dell’alimento che si sta acquistando, con tanto di informazioni veritiere sulla sua composizione e sulla sua origine, ma anche sui possibili effetti in fatto di allergie e controindicazioni. Questo, almeno, è ciò che accade in Italia ma non in un numero consistente di altri Paesi (anche europei). Con tanto di effetti negativi sui mercati mondiali. Perché con etichette sbagliate oppure falsificate, si possono orientare gli acquisti, ostacolare le vendite delle prelibatezze Made in Italy, far apparire come nocivi alimenti che in realtà non lo sono. E, tra l’altro, spacciare come italiani cibi che del Tricolore hanno solo l’imitazione del nome. Adesso però qualcosa potrebbe cambiare.
Le organizzazioni dei coltivatori e quelle dei consumatori da anni si battono per veder riconosciute le linee guida delle etichette nazionali: indicazione chiara della composizione, dell’origine della materia prima, del luogo di produzione e di trasformazione. Lotta spesso dura e senza quartiere quella che si è combattuta per anni. In ballo non c’è solo il buon nome dell’agroalimentare italiano, ma esportazioni che complessivamente valgono solo per gli USA qualcosa come 7,8 miliardi di euro (secondo analisi di Coldiretti su dati 2024) e che nel mondo, invece, sfiorano i 70 miliardi. Due però le novità delle ultime settimane.

L’Unione Europea sta ripensando alla questione delle etichette ragionando anche di rigettare il “Sistema Nutriscore”. Si tratta di una sorta di etichettatura a semaforo inventata in Francia nel 2017 e basata su cinque colori (dal verde al rosso) e altrettante lettere dalla A alla E. Tutto si fonda sul sistema di profilazione nutrizionale della Food Standards Agency del Regno Unito. Gli alimenti vengono classificati sulla base del loro valore nutrizionale complessivo, tenendo conto dei componenti “favorevoli” e di quelli “sfavorevoli” all’organismo. Un metodo giudicato come fuorviante da molti produttori ma anche da molte associazioni scientifiche. Il “semaforo”, infatti, finisce per porre sullo stesso piano il latte e le bevande gassate, mentre boccia la quasi totalità dei formaggi (senza dire dei vini). L’equilibrio alimentare, viene poi notato, non va cercato nel singolo prodotto ma nella combinazione di diversi cibi consumati nel corso della giornata. Per l’etichetta a semaforo, comunque, si sono schierati Paesi come la Germania, l’Olanda, il Belgio; contro oltre all’Italia, anche la Spagna (che prima era favorevole) così come la Grecia e altri componenti dell’UE. Europa spaccata, insomma, tanto che, per ora, la Commissione ha deciso di non decidere e di lasciare fare a ogni singolo Stato. Meglio, per molti, che essere costretti ad applicare regole sbagliate.
Intanto, l’Italia prende contromisure. Il Governo ha infatti approvato da poco un disegno di legge sulla corretta informazione alimentare e per rendere più severe le regole contro le contraffazioni e le frodi alimentari. Presentando il provvedimento, l’esecutivo ha insistito sull’introduzione del nuovo reato di “frode alimentare” e sulla stretta nei confronti di tutte le “azioni che determinano un pregiudizio per il consumatore in termini di provenienza, qualità o quantità dei prodotti alimentari”. E non solo. Lo stesso DDL contiene anche un reato specifico, quello di “Commercio di alimenti con segni mendaci”, per contrastare proprio le pratiche ingannevoli relative all’etichettatura e alle indicazioni sui prodotti. L’Italia, detto in altri termini, intende continuare sulla strada della chiarezza, almeno per ora.
Ma cosa potrebbe accadere adesso? È prevedibile che l’Europa, che pare aver abbandonato l’etichetta a semaforo, in qualche modo prenderà posizione: negoziato quindi tutto aperto. Nel frattempo, occorre attendere due cose: l’approvazione rapida del disegno di legge nazionale e la sua altrettanto rapida ed efficace applicazione. Come dire: oltre a quella dei dazi, l’agroalimentare ha altre partite da giocare.