Una vera guerra commerciale tra Stati Uniti, Canada e Messico. Donald Trump ha annunciato di aver firmato l’ordine per i dazi straordinari a Messico, Cina e Canada che entreranno in vigore martedì prossimo. I dazi saranno del 25% sulle importazioni da Canada e Messico e del 10% sui beni provenienti dalla Cina. Ma anche l’Unione Europea è nel mirino: Trump ha avvertito che “presto” annuncerà dazi anche contro l’Ue. Il presidente ha scritto sul suo social Truth che che parlerà oggi (lunedì) con Canada e Messico della questione tariffe. Intanto continua ad attaccare il Wall Street Journal e gli hedge fund che sono contrari ai dazi che ha deciso di imporre. “Queste persone o entità sono controllate dalla Cina o da altre compagnie straniere e locali”, ha scritto Trump. “Chiunque ami e abbia fiducia negli Stati Uniti è a favore delle tariffe”.
Canada, Messico e Cina non sono stati a guardare. Il primo ministro canadese Justin Trudeau, in un discorso mandato in onda sui canali televisivi canadesi che hanno interrotto le normali programmazioni per mandarlo in onda, ha detto che da martedì saranno applicati dazi del 25% sulle merci provenienti dagli Stati Uniti come ritorsione, aggiungendo che il Canada imporrà tariffe del valore di 125 miliardi di dollari sull’import di prodotti statunitensi.
Trudeau è stato concreto e diretto: “Non voglio indorare la pillola” – ha aggiunto – avvertendo che i canadesi potrebbero affrontare momenti difficili nei prossimi giorni. In effetti il 75% dell’export edi beni e servizi canadesi va negli Stati Uniti e l’economia sarebbe gravemente colpita dai dazi annunciati da Trump. Per parte sua Doug Ford, il premier dell’Ontario, ha già promesso di contrattaccare ritirando gli alcolici americani dagli scaffali dei negozi della provincia canadese. Una minaccia non da poco, visto che il Canada è il secondo mercato mondiale per gli alcolici americani (dopo l’Unione Europea).
Anche Chrystia Freeland, l’ex ministro delle Finanze e probabile successore di Trudeau alla guida del Partito Liberale, ha chiesto ritorsioni: “Essere intelligenti significa reagire dove fa male – ha detto la deputata – Il nostro contrattacco deve essere dollaro per dollaro e deve essere mirato in modo preciso e doloroso: i coltivatori di arance della Florida, i produttori di latte del Wisconsin, i fabbricanti di lavastoviglie del Michigan e molto altro ancora”.
Con le elezioni alle porte in Canada, Pierre Poilievre, leader del Partito Conservatore canadese e fervente sostenitore di Donald Trump, è in allarme. Dopo l’annuncio dei pesanti dazi americani ha messo da parte il trumpismo: “Dobbiamo mettere il CANADA PRIMA. I Conservatori di buon senso condannano questi dazi ingiusti e ingiustificati contro la nostra economia. Siamo il vicino più stretto degli USA, il loro alleato più leale e il miglior amico. Abbiamo combattuto fianco a fianco in due guerre mondiali, in Corea e in Afghanistan, dove 158 dei nostri soldati hanno perso la vita aiutando gli Stati Uniti a vendicare l’11 settembre. Questo trattamento è inaccettabile”.
Dal Messico, a presidente Claudia Sheinbaum ha denunciato come “calunniose” e “pretestuose” le accuse del capo della Casa Bianca secondo cui il governo di Città del Messico avrebbe legami con il traffico di droga, e ha annunciato l’imposizione di dazi alle merci provenienti dagli Stati Uniti come ritorsione. In un discorso tenuto domenica, Sheinbaum ha alzato il pugno in aria e ha affermato che le sanzioni commerciali degli Usa colpiranno il popolo americano, facendo aumentare i prezzi. In un video separato pubblicato su X, Sheinbaum ha detto che fornirà maggiori dettagli sulle tariffe ritorsive che ha ordinato contro gli Stati Uniti oggi, lunedì.
Il ministro del Commercio di Pechino ha affermato che la Cina presenterà un caso contro gli Stati Uniti presso l’Organizzazione mondiale del commercio e ha anche promesso non specificate “contromisure corrispondenti per salvaguardare fermamente i suoi diritti e interessi”.
Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, poco prima aveva affermato che la decisione è stata presa “per proteggere gli americani dalla crisi del fentanyl. Il fentanyl è la principale causa di morte per gli americani di età compresa tra 18 e 45 anni. L’annuncio tariffario è stato necessario per far sì che Cina, Messico e Canada diano seguito alle loro promesse di fermare l’afflusso di farmaci tossici negli Stati Uniti”. Leavitt ha detto che “una tariffa del 25 percento dovrà essere pagata dai produttori messicani finché il Messico non collaborerà con gli Stati Uniti nella lotta alla droga. I cartelli messicani sono i principali trafficanti di fentanyl, metanfetamine e altre droghe al mondo. Questi cartelli hanno un’alleanza con il governo del Messico e mettono a repentaglio la sicurezza nazionale e la salute pubblica degli Stati Uniti”.
Cinque anni fa Trump aveva fatto forti pressioni su Messico e Canada affinché accettassero l’USMCA per ridurre il grande deficit commerciale degli Stati Uniti. Non è andata così: il deficit degli Stati Uniti con il Messico è aumentato da 106 miliardi di dollari nel 2019 a 161 miliardi di dollari nel 2023. Ciò è dovuto in parte al fatto che il Messico ha sostituito la Cina, impegnata in una guerra commerciale con gli Stati Uniti, come fonte di molte importazioni statunitensi. Anche il divario commerciale con il Canada è aumentato: da 31 miliardi di dollari nel 2019 a 72 miliardi di dollari nel 2023. Il deficit riflette in gran parte le importazioni americane di energia canadese: quasi il 60 per cento del petrolio che gli Stati Uniti importano viene dal Canada.
Gli Stati Uniti fanno oggi molti più affari con il Canada e il Messico di quanti ne facciano con la Cina, nel 2023 hanno ha superato i 1.800 miliardi di dollari, rispetto ai 643 miliardi di dollari con la Cina.
Interessante lo stato della bilancia commerciale con l’Europa. A fronte di un valore di esportazioni europee pari a 519 miliardi € – in termini di cumulata annua 2024 – le importazioni europee dagli Stati Uniti ammontano a circa 331 miliardi €, per una contropartita pari a 189 miliardi € di avanzo commerciale. Questo significa che le imprese europee vendono sul mercato americano più di quanto comprano da esso, fenomeno che il neo-presidente Trump vorrebbe appunto “riequilibrare” attraverso l’introduzione di tariffe.
La guerra commerciale sarebbe pesanti per l’Italia: circa l’11% delle esportazioni nazionali va proprio negli Stati Uniti, un partner storico, la cui rilevanza è però ulteriormente cresciuta negli ultimi anni (soprattutto nel post-Covid): dal 2022 sono la seconda destinazione delle esportazioni italiane, scalzando la vicina Francia (al primo posto la Germania con una quota nel 2022 del 12,4% delle esportazioni italiane). Potrà l’amicizia fra Trump e la premier Giorgia Meloni impedire l’imposizione di tariffe agli export italiani in particolare? E come la prenderebbero gli alleati europei?