Avocados, fragole, tequila e carne bovina: sono solo alcuni dei prodotti che potrebbero vedere impennate nei prezzi o sparire dagli scaffali statunitensi, se Donald Trump dovesse concretizzare il piano di introdurre dazi del 25% sulle importazioni da Messico e Canada.
La misura, annunciata come uno strumento per frenare il flusso di droga e immigrazione illegale, rischia di avere effetti a catena sui consumi alimentari negli Stati Uniti, secondo economisti e operatori del settore. Messico e Canada rappresentano le principali fonti di approvvigionamento agricolo per gli Stati Uniti, con un valore complessivo di quasi 86 miliardi di dollari di importazioni l’anno scorso, secondo i dati del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense (USDA).
Oltre due terzi delle verdure e metà della frutta fresca e della frutta secca importate negli USA provengono dal Messico, compreso quasi il 90% degli avocados consumati dagli americani. La crescente domanda del frutto, spesso protagonista di insalate e sandwich, ha portato le esportazioni messicane verso gli Stati Uniti a crescere del 48% dal 2019, per un valore complessivo di 3 miliardi di dollari lo scorso anno.
“Un dazio di questa entità scatenerebbe una spirale inflazionistica,” ha affermato a Reuters Alfredo Ramírez, governatore di Michoacán, il principale stato produttore di avocados in Messico. “I costi salirebbero, così come i prezzi al dettaglio, colpendo direttamente i consumatori.”
L’effetto si estenderebbe anche alle forniture di tequila e mezcal, fondamentali per cocktail come i margaritas (Trump è notoriamente astemio). Nel 2023, gli Stati Uniti hanno importato da Messico e Canada alcolici per un valore di 4,66 miliardi di dollari, con un aumento del 160% rispetto al 2019. “Dazi su questi prodotti non farebbero che danneggiare i consumatori americani e rallentare la ripresa dell’industria dell’ospitalità, già provata dalla pandemia,” ha dichiarato il Distilled Spirits Council of the United States.
I dazi potrebbero inoltre colpire settori chiave della filiera agroalimentare, a partire dai fertilizzanti importati dal Canada, i cui costi sono già aumentati del 50% rispetto al 2020. Anche il settore della carne subirebbe pesanti ripercussioni. Ogni anno, oltre un milione di bovini messicani attraversano il confine per essere integrati nella catena produttiva statunitense.
A nord, il commercio tra Stati Uniti e Canada di bovini, suini e latticini potrebbe subire contraccolpi significativi. Solo il Manitoba esporta circa 3 milioni di suinetti ogni anno verso stati come Iowa e Minnesota, dove vengono allevati per la produzione di carne destinata a mercati statunitensi e canadesi.
Dietro la minaccia dei dazi, secondo alcuni analisti, si cela la volontà di ottenere maggiore leva nelle trattative per la revisione del trattato commerciale USMCA, prevista per il 2026. Ma l’imposizione di barriere tariffarie potrebbe danneggiare la reputazione degli Stati Uniti come partner affidabile, spingendo importatori e produttori a cercare mercati alternativi.
“L’effetto a lungo termine potrebbe essere controproducente,” ha spiegato Peter Tabor, ex funzionario USDA e consulente politico. “Un eccessivo protezionismo potrebbe isolare gli Stati Uniti, mettendo a rischio le esportazioni agricole e minando la fiducia dei partner commerciali.”