La Federal Reserve ha approvato giovedì il secondo taglio consecutivo dei tassi d’interesse, optando questa volta per una riduzione meno drastica. Dopo la significativa riduzione di mezzo punto percentuale di settembre, il Federal Open Market Committee (FOMC) ha abbassato il tasso di riferimento per i prestiti overnight di un quarto di punto, portandolo a un intervallo target tra il 4,50% e il 4,75%.
Il tasso, che regola il costo del denaro tra le banche per i prestiti a brevissimo termine, ha un impatto indiretto anche su mutui, carte di credito e prestiti auto, influenzando di conseguenza i consumatori.
La decisione era ampiamente attesa dai mercati, che avevano già colto le intenzioni della Fed attraverso dichiarazioni successive alla riunione di settembre. Stavolta, la decisione è stata unanime, a differenza della precedente quando si era registrato il primo voto contrario di un governatore regionale della Fed dal 2005. Anche Michelle Bowman, che in precedenza aveva espresso riserve, ha appoggiato il taglio.
Nel comunicato successivo alla riunione, la Fed ha aggiornato la sua valutazione sull’economia, segnalando lievi variazioni. Ora, il Comitato ritiene che i rischi per il raggiungimento degli obiettivi di occupazione e inflazione siano “bilanciati”, mentre a settembre aveva espresso maggiore fiducia nella discesa dell’inflazione – riflettendo l’importanza crescente attribuita al sostegno del mercato del lavoro.
La dichiarazione ha inoltre evidenziato un certo allentamento delle condizioni sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione è leggermente aumentato ma rimane su livelli contenuti, e l’economia “continua a crescere a un ritmo solido”.
Il cambio di rotta è stato descritto dalle autorità della Fed come un tentativo di riallineare la struttura dei tassi con un’economia in cui l’inflazione sta gradualmente rientrando verso il target del 2% della banca centrale, mentre il mercato del lavoro mostra segni di raffreddamento. Jerome Powell, presidente della Fed, ha spesso parlato di “ricalibrare” la politica monetaria per renderla meno restrittiva, dato che la priorità non è più solo frenare l’inflazione.
Il PIL è cresciuto del 2,8% nel terzo trimestre, un ritmo inferiore alle attese e leggermente più basso rispetto al secondo trimestre, ma ancora superiore alla media storica statunitense, che si attesta attorno all’1,8%-2%. Secondo le proiezioni della Federal Reserve di Atlanta, la crescita per il quarto trimestre dovrebbe essere intorno al 2,4%.
L’obiettivo della Fed rimane quello di un “atterraggio morbido” per l’economia, un equilibrio delicato che le permetta di riportare l’inflazione sotto controllo senza provocare una recessione.
Gli economisti si aspettano intanto che le politiche del presidente-eletto Trump possano esercitare notevoli pressioni inflazionistiche, data l’intenzione di imporre dazi e di avviare un programma di deportazione di immigrati irregolari. Nel suo primo mandato, tuttavia, l’inflazione è rimasta contenuta, e l’economia ha mantenuto un buon ritmo di crescita, eccezion fatta per la fase iniziale della pandemia.