Vale 35,3 miliardi di dollari l’accordo siglato tra Capital One e Discover Financial, le due più grandi società di carte di credito negli Stati Uniti. Secondo i termini stabiliti, gli azionisti di Discover riceveranno 1,0192 azioni Capital One per ciascuna azione Discover, ovvero un premio di circa il 26% rispetto al prezzo di chiusura di venerdì di Discover di 110,49 dollari. L’accordo dovrebbe concludersi alla fine del 2024 o all’inizio del 2025 e da quel momento gli azionisti di Capital One deterranno il 60% della società combinata e a quelli di Discover andrà il 40%. Discover non ha filiali bancarie fisiche.
Il Wall Street Journal ha riferito che Capital One, che già utilizza le reti Visa e Mastercard, intende mantenere il marchio Discover e scommette che il settore delle carte di credito continuerà la sua espansione soprattutto perchè la pandemia ha cambiato le abitudini dei consumatori, sempre più propensi alla digitalizzazione dei loro acquisti. Inoltre i programmi a premio e gli sconti diventano un ulteriore incentivo per l’utilizzo dei pagamenti digitali. Bisogna aggiungere che il debito delle carte di credito, diminuito durante la pandemia, è tornato ad aumentare e questo si traduce in lucrosi interessi passivi che i titolari delle carte pagano alle banche che le emettono.
Capital One, nona banca degli Stati Uniti, vanta un valore di mercato di poco più di 52 miliardi di dollari, grazie all’acquisizione aumenterà la sua base di depositi. Discover, sebbene sia molto più piccola di Visa e Mastercard, è uno dei pochi concorrenti di queste società negli States e dopo l’acquisizione da parte di Capital One vedrà trasferire sulla sua rete alcune delle carte usate dalla banca sugli altri circuiti. Discover si è preparata all’acquisizione con un cambio di leadership a seguito di una revisione interna che aveva rivelato, a partire dal 2007, classificazioni erronee per alcuni conti di carte di credito, che avevano penalizzato commercianti e acquirenti, inseriti in fasce di pagamento scorrette.
Ora la parola passa alle autorità di regolamentazione che dovranno approvare l’accordo e valutare che non ci siano rischi di monopolio.