Fino a qualche anno fa in Italia ha avuto un grande successo la trasmissione “Ok il prezzo è giusto”. Un format importato che spingeva i concorrenti a svelare il prezzo corrente dei prodotti. Gigi Sabani e Iva Zanicchi avevano condotto con successo questa trasmissione che era diventata popolarissima. Un piccolo flashback per introdurre una nuova grande preoccupazione sociale post pandemia.
Un articolo del ricercatore Enzo Risso, pubblicato su Il Domani, mostra gli effetti dell’aumento dei prezzi sulle famiglie italiane.
Un’indagine precisa e dettagliata che evidenzia come il rincaro non riguardi solo gas e luce. Le famiglie si sono rese conto che i prezzi sono molto più alti su diversi prodotti e sono costrette a risparmiare.
La situazione ha travolto in maniera differente la nostra realtà e ad accusare il colpo sono state principalmente le famiglie che fanno parte del ceto popolare o del ceto medio basso.
Bisogna sottolineare che la popolazione è estremamente provata da due anni di pandemia e questa crescita dei costi non aiuta chi sta cercando di rialzarsi.
L’89 per cento dei ceti popolari ha deciso di risparmiare sui consumi di gas ed elettricità. Il 95 per cento cercherà di limitare gli acquisti di abbigliamento e il 92 per cento di scarpe. L’85 per cento risparmierà sulla carne, l’88 per cento sul pesce e il 56 per cento, dato allarmante, pensa di rinunciare a comprare i farmaci per curarsi.
Questi tagli non includono solo i ceti popolari, ma più di due quarti degli italiani sta tentando di frenare i consumi energetici.
Alla fine di gennaio si è svolta un’indagine realizzata dall’Osservatorio sulle dinamiche sociali e economiche del paese di Legacoop – Ipsos. I dati mostrano i problemi e le preoccupazioni della gente, perché oltre al caro bollette bisogna pensare al caro benzina e al prezzo delle materie prime, di beni alimentari e in generale dei beni di consumo.
L’82 per cento delle persone si è accorto di un aumento consistente del costo della benzina e del gasolio.
Per il 51 per cento il costo della la frutta e della verdura ha subito un’impennata. Come se non bastasse la stessa sorte è toccata alla pasta e al pane.
Le percentuali, avverte Risso, arrivano da quanti hanno constatato il bisogno di limitare gli acquisti e di privarsi di alcuni beni. Questi risultati sono il linea con le altre ricerche di Risso come ad esempio quella del mese di giugno 2021.
La pandemia non ha favorito il ceto fragile, ovvero quelli che non arrivano a fine mese, e il ceto basso, quelli che hanno meno del necessario o si sentono poveri. Il ceto fragile e il ceto basso rappresentano il 17-18 per cento della popolazione. In questa percentuale sono inclusi 5,6 milioni di persone in povertà assoluta di cui parla l’Istat e a questi si devono sommare altri 4-5 milioni di persone che finiscono costantemente le loro risorse economiche famigliari ancor prima che si concluda il mese. Questo significa che i problemi sono aumentati per chi si trovava nei segmenti più delicati della società.
Risso sottolinea come l’Italia presenti fratture sociali significative, dove poco più del 40 per cento vive una condizione stabile e poco meno del 60 per cento vive condizioni sociali ed economiche non sicure che non gli garantiscono un’esistenza dignitosa. In Italia, ricorda ancora Risso, è in atto una polarizzazione sociale che vede il numero dei benestanti stare sempre meglio. Mentre il ceto medio dà segnali di ripresa, ma rimane sempre al di sotto del 40 per cento e gli altri ceti che sopravvivono tra insicurezze e preoccupazioni.
Mi sono occupato dei processi comunicativi durante tutti questi mesi di emergenza pandemica e dalle mie ricerche sono emersi dati che corrispondono alla visione di Risso.
Tante, direi troppe, le diseguaglianze economiche che hanno viaggiato, e viaggiano ancora, accanto ai disagi psichici e sociali delle fasce più deboli e fragili.
Una percentuale altissima di persone ha visto crescere le proprie difficoltà. Ovviamente, gli elementi che ci fornisce Risso ci aiutano a comprendere il grave momento che sta attraversando la nostra società.
In questi due anni, io ho provato a presentare le conseguenze dovute alla pandemia. Le persone hanno perso le loro sicurezze economiche e l’opinione che avevamo della politica è assolutamente cambiata. L’accesso sempre più facile alle informazioni non ha costituito il presupposto per la costruzione di una comunicazione politico-istituzionale capace di creare nuove e migliori relazioni con i cittadini. Anzi è venuta meno la credibilità e l’autorevolezza di chi governa. Questo non è soltanto un problema italiano, è vero, ma rimane un problema.
L’indebolimento progressivo delle istituzioni, la mancanza di rappresentanza politica e sociale hanno destabilizzato nel profondo gli individui che, nel tentativo di ricostruire un alveo di sicurezza, almeno apparente, si aggregano e si riconoscono gli uni gli altri in funzione di bisogni primari o di nemici comuni.
Abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, a tanti dibattiti social e questo contribuisce alla costruzione di legami deboli tra il mondo politico e la gente.
L’opinione pubblica è catalizzata attraverso le comunità social senza nessun percorso di costruzione di partecipazione culturale, si assiste al passaggio dalla politica mediatizzata alla social politica che si muove sempre più sul piano dello scontro per conquistare consenso e che sortisce l’effetto contrario. Un capitalismo dei “like” su Facebook e dei “cuoricini” su Instagam che non guarda ai bisogni degli altri e che ignora ciò che è veramente importante. La disinformazione ha contribuito ad alimentare il clima di paura e disorientamento, generando l’insoddisfazione sociale.
Infatti, è cresciuta l’information gap. La confusione da bulimia comunicativa ha colpito tutti e il web rimane l’ambiente privilegiato in cui si sono prodotte e si sono sviluppate disinformazione e notizie false: 29 milioni di italiani hanno dichiarato che durante la situazione di emergenza sanitaria si sono imbattuti sul web in notizie poi rivelatesi false o sbagliate sia in ambito politico che sanitario.
Bisogna costruire nuovi percorsi di comunicazione che restituiscano ai cittadini la speranza e grandi prospettive.
Tutti desideriamo tranquillità e sicurezze e che si trovino delle soluzioni ai problemi di quelle famiglie che, dopo due anni di angoscia, si sentono trascurate ed emarginate da chi si era impegnato e non ha mantenuto le promesse. Allora la politica deve pensare a misure economiche mirate alle piccole attività e alle piccole imprese e ad un piano economico che sia organico e funzionale. Serve riconsegnare la dignità ad ogni cittadino, valore tutelato dalla Costituzione della Repubblica Italiana. Il mondo politico può fare molto, fornendo aiuti e sostegno a quanti hanno bisogno e tracciando un cammino per un mondo migliore.