La giudice Laura Taylor Swain della corte federale del distretto meridionale di New York ha approvato martedì il piano di ristrutturazione del debito che consentirà a Porto Rico di uscire dalla bancarotta dopo cinque anni. Il progetto, elaborato dalla corte con l’ausilio di una commissione finanziaria federale, prevede una riduzione dell’80% debito pubblico del territorio non incorporato, che si troverà così a dover pagare ai creditori 7,4 miliardi di dollari rispetto ai 33 miliardi originari.
Nel 2017, il “51° stato americano” aveva dichiarato il dissesto finanziario dichiarando di non essere in grado di reperire i 70 miliardi di debito obbligazionario e i 50 miliardi necessari a pagare le pensioni dei pubblici impiegati. La procedura di bancarotta rimane ad oggi la più grande mai vista negli Stati Uniti, tre volte più grande di quella verificatasi a Detroit nel 2013 (18 miliardi).
“È stata una bancarotta sorprendentemente complessa, grande e importante,” ha affermato David Skeel, presidente della commissione di controllo delle finanze portoricane, altresì nota nell’isola caraibica come “la junta“. Secondo la commissione, il piano consentirà ai contribuenti portoricani di risparmiare più di 50 miliardi di dollari in pagamento del debito. In sostanza, spiega la junta, 7 centesimi per ogni dollaro dei contribuenti saranno vincolati al rimborso del debito, rispetto alla precedente somma di 25 cents. Il nuovo piano entrerà in pieno regime a partire dal 15 marzo, a meno di un improbabile appello.
La buona notizia per i creditori è che, a fronte della notevole riduzione della massa dovutagli, quantomeno Porto Rico inizierà a ripagare il proprio debito dopo 7 anni consecutivi di inadempienza. Risale infatti al 2015 l’annuncio delle autorità locali di non poter pagare i finanziatori. La commissione e il tribunale ritengono che l’isola disponga ora dei fondi necessari per pagare i propri debiti fino al 2034, e nel giro di 3-5 anni potrebbe tornare a finanziarsi sul mercato del capitale.
Dopo una serrata trattativa, i creditori hanno inoltre rinunciato a includere nel piano i tagli alle pensioni, un punto sul quale il governatore Pedro Pierluisi si è dimostrato inflessibile. Ciononostante, alcuni hanno criticato il piano di risanamento, ritenendolo l’inizio di un prolungato periodo di austerity e spending review sulla pelle dei portoricani, che nell’ultimo decennio sono stati colpiti da una serie di calamità naturali (gli uragani Irma e Maria nel 2017, una serie di terremoti e, ultimo in ordine cronologico, il Covid-19).
Il progetto si riferisce peraltro solo alla ristrutturazione debito pubblico, non includendo i passivi accumulati da enti e società pubbliche nel settore dei trasporti e dell’energia, che sono oggetto di altre trattative.