Almeno 30 navi statunitensi cariche di GNL (gas naturale liquefatto) sono in arrivo verso i porti dell’Europa occidentale, in conseguenza dell’aumento repentino dei prezzi dell’energia nel Vecchio Continente. A confermarlo sono due articoli di Bloomberg, che ha sottolineato come la quantità complessiva di gas liquido in viaggio verso la sponda est dell’Atlantico corrisponderebbe a circa 5 milioni di metri cubi. Nello specifico, 15 metaniere statunitensi hanno l’Europa come destinazione dichiarata, mentre almeno altre 20 stanno percorrendo la stessa rotta, avendo in alcuni casi cambiato direzione rispetto all’originale destinazione estremo-orientale.
Tradizionalmente, il mercato di riferimento per l’export energetico statunitense è appunto l’Asia – in particolar modo economie energivore come Cina, Giappone e Corea del Sud. In condizioni normali, la rotta asiatica assicura infatti i maggiori proventi agli operatori Oil&Gas a stelle e strisce. Tuttavia, la situazione è nettamente cambiata nelle ultime settimane, con l’Europa che è diventata una vera e propria El Dorado per gli esportatori di energia.
La causa? L’impennata record dei prezzi del gas (+400% dall’inizio dell’anno) dovuta alla penuria di combustibile all’inizio della gelida morsa invernale. Il prezzo del gas in Europa ha raggiunto il massimo storico lo scorso 21 dicembre, sfondando quota 180 euro per megawatt-ora (€180,27). Per avere qualche termine di paragone, lo stesso giorno dello scorso anno il prezzo era di €30,50, mentre all’inizio di dicembre del 2021 la quotazione era appena inferiore ai €100.

A pesare sull’aumento repentino una serie di circostanze: in primis i dissidi tra UE e Russia-Gazprom, che rimane il principale rifornitore europeo di gas. Da più di una settimana, infatti, il gasdotto Yamal-Europe che invia gas naturale alla Germania e al resto dell’Europa occidentale sta funzionando in senso inverso: ciò significa che circa 3-5 milioni di metri cubi di gas arrivano quotidianamente in Germania per poi tornare indietro verso la Polonia.
Secondo gli europei, dietro la pratica del “gas di ritorno” ci sarebbe proprio la mano di Mosca. Facendo impennare i prezzi del gas – ritiene Bruxelles – il Cremlino vuole spingere le autorità tedesche a dare il via libero definitivo al controverso gasdotto Nord Stream 2, oltre a “punire” l’Occidente per aver minacciato nuove sanzioni in caso di escalation in Ucraina.
Di opinione opposta Vladimir Putin, che ha escluso “mosse politiche” da parte di Mosca e ha invece puntato il dito contro la Germania. Secondo il presidente federale, dietro la crisi ci sarebbe la decisione degli importatori tedeschi di rivendere il gas russo a Polonia e Ucraina. Sia Putin che Gazprom hanno comunque ripetuto che la società pietroburghese ha sempre tenendo fede a tutti i suoi obblighi contrattuali.
Tra gli altri fattori che hanno aggravato la situazione energetica europea vanno menzionati la chiusura per guasto di due reattori nucleari in Francia e una produzione di energia eolica in Germania scesa ai minimi da 5 settimane. Per questi motivi, alcuni Paesi europei (tra cui l’Italia) hanno dovuto fare ricorso al carbone per far fronte alla domanda interna: nel solo Belpaese l’uso di combustibili fossili è cresciuto del 25% negli ultimi tre mesi.
L’arrivo del GNL statunitense ha così contribuito a far scendere sensibilmente il prezzo del gas (€110,91 al 24 dicembre), ma il soccorso statunitense difficilmente potrà costituire una soluzione alla crisi europea, quantomeno nel breve periodo. I 4,9 milioni di metri cubi trasportati dalle navi USA equivalgono grossomodo allo 0,3% della quantità di gas importata annualmente dalla Russia. Inoltre, il gas naturale statunitense è trasportato in forma liquida, ed ha perciò bisogno di essere rigassificato in impianti ad hoc (a differenza del gas russo, che è più immediatamente utilizzabile).
Fattore decisivo, infine, è che l’arrivo delle metaniere statunitensi non è dettata da un preciso indirizzo geopolitico di Washington. A spingere le aziende sono infatti i maggiori profitti (temporanei) offerti dal mercato europeo. Quando i prezzi torneranno a scendere, in sostanza, i cargo riprenderanno a solcare le tradizionali acque asiatiche.
L’arrivo delle navi statunitensi, dunque, non scalfisce il dominio energetico di Gazprom sul Vecchio Continente, che è suo principale mercato geografico e fonte di guadagno. Tuttavia, potrebbe farsi pericolosa nel (remoto) caso che prezzi continuamente alti spingano l’Europa sempre più verso le forniture dell’alleato d’oltreoceano.