Joe Biden marcia imperterrito per la sua strada per rilanciare ripresa economica e occupazione mentre al Senato si profila una battaglia epocale.
Il presidente è volato a Cleveland per presentare il piano di bilancio da 6.000 miliardi di dollari per il 2022. Parla al Cuyahoga Community College di aumenti dei salari minimi e di tasse per le corporation che hanno forti utili. “La produttività è triplicata, i profitti societari sono aumentati e i compensi per i lavoratori sono rimasti sempre gli stessi”.
La sua manovra di spesa federale è la più impegnativa dalla Seconda Guerra Mondiale. Nei prossimi dieci anni porterà il deficit oltre 1.300 miliardi di dollari. Nel piano di bilancio il presidente ha messo, mimetizzandoli, i piani dell’American Jobs e dell’American Family Plan, osteggiati dai repubblicani. Una mossa per far capire all’opposizione che se le sue proposte contenute nel Build Back Better dovessero essere bocciate con il filibustering, il piano per portarle avanti è già pronto inserito nella manovra di bilancio per l’approvazione della quale non è necessario anche l’appoggio di 10 senatori dell’opposizione. Questo è possibile usando la “reconciliation”, una tattica applicabile solo per tasse, spesa federale e debito pubblico dopo che il disegno di legge viene approvato alla Camera dei Rappresentanti.
La controfferta dei repubblicani al piano della Casa Bianca da 2.3 mila miliardi di dollari per finanziare la ripresa dell’economia è stata presentata oggi dalla senatrice Shelley Moore Capito che da 568 miliardi di dollari originari lo ha quasi raddoppiato portandolo a 928 mila miliardi, eliminando i finanziamenti e le agevolazioni all’industria automobilistica per la costruzione delle auto elettriche. Un piccolo passo in avanti dopo che Biden ne aveva fatto uno indietro tagliando 600 miliardi dal suo piano originale.
A Washington si preannuncia una battaglia epocale al Senato. Una battaglia di quelle che potrebbe cambiare per sempre le regole per approvare le leggi: la modifica del filibustering al Senato. Il pretesto è il voto per creare la commissione d’inchiesta sull’assalto al Congresso del 6 gennaio. Approvata alla Camera trova l’opposizione della minoranza repubblicana al Senato che minaccia appunto l’ostruzionismo, in questo modo per approvare una legge non basta più la maggioranza semplice di 51 voti, ma per superare il filibuster ce ne vogliono altri nove. Così di fatto la maggioranza necessaria al Senato non è di 51 ma di 60 voti. Una minoranza di 41 senatori è in grado di bocciare l’agenda di lavoro della Casa Bianca e bloccare i lavori al Senato. Dall’inizio degli anni Ottanta nessun partito ha avuto una maggioranza di 60 senatori il che forza in un Senato non polarizzato, la trattativa con la ricerca del “time agreement” in maniera di azionare i meccanismi procedurali della “cloture”. Ma in un senato così diviso e in contrasto come quello attuale il filibuster si trasforma in paralisi.
Ma andiamo per ordine. La Camera, la settimana scorsa, ha approvato la creazione della commissione d’inchiesta bipartisan dopo che per tre mesi democratici e repubblicani ne hanno negoziato i termini. In favore hanno votato anche 35 congressman repubblicani. Per diventare legge deve ottenere ora il via libera dal Senato. Ma i democratici non hanno la maggioranza di 60 voti su 100. Il regolamento del Senato (modificato nel 1975) vuole che anche un solo senatore possa obiettare al passaggio di una legge con un’azione di filibustering e a questo punto la maggioranza deve trovare 60 voti per arrivare al voto. E non si trovano. Donald Trump non vuole la Commissione perché emergerebbero le sue responsabilità.
Il leader della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy non è riuscito a bloccare 35 congressman che hanno votato i democratici. Il leader della minoranza repubblicana al Senato Mitch McConnell trema per timore che i lavori della commissione possano protrarsi fino all’autunno del 2022 quando ci saranno le elezioni di Mid Term e teme che le responsabilità della Casa Bianca nell’assalto al Congresso vengano usate a scopi elettorali e fa di tutto per impedire che la Commissione venga formata. Così, neanche l’attacco al Campidoglio, alla Costituzione, alle istituzioni più sacre della democrazia, neanche i cinque morti degli scontri, riescono a mettere d’accordo un parlamento in cui tutti, democratici e repubblicani, sono stati minacciati in un tentativo di insurrezione lanciato per bloccare la certificazione della vittoria elettorale di Joe Biden. Gli agenti del Congresso si sono appellati al buonsenso dei senatori, la madre dell’agente Brian Sicknik, ucciso nell’assalto ha incontrato oggi pomeriggio i senatori repubblicani per convinvincerli a votare a favore della commissione. Anche quattro ex segretari alla Homeland Security hanno chiesto di fare piena luce sull’assalto. Tre senatori repubblicani, Susan Collins, Mitt Romney e Lisa Murkowski, avevano detto di essere favorevoli alla formazione della commissione. Una decina i senatori non si sono pronunciati, tra loro Bill Cassidy, Ben Sasse e Patrick Toomey che hanno votato a gennaio per l’impeachment di Donald Trump.
Ma la bocciatura inevitabilmente apre il capitolo della riforma delle regole per poter fare l’ostruzionismo al Senato. E qui la posta è molto più alta.