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December 16, 2020
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Il Congresso ad un passo dall’accordo sullo stimolo economico in aiuto degli americani

Il compromesso tra gli schieramenti repubblicano e democratico lo hanno trovato i moderati e la loro proposta è stata appoggiata dal presidente eletto Joe Biden

Massimo JausbyMassimo Jaus
L’Inauguration di Trump e il cortocircuito della democrazia USA

Veduta del Congresso (immagine ripresa da youtube)

Time: 5 mins read

Alla fine la ragione ha prevalso: lo stimolo economico bloccato da mesi al Congresso sta per vedere la luce. Milioni di americani che a causa del coronavirus hanno perso il lavoro con la nuova proposta dovrebbero ricevere i sussidi di disoccupazione da 300 dollari la settimana per altri sei mesi. Ancora si sta dibattendo invece sull’assegno “una tantum” che le famiglie dovrebbero ottenere oltre a quello della disoccupazione. Secondo il Washington Post la cifra varierebbe tra i 600 e i 700 dollari a famiglia. Dall’inizio dell’estate 8 milioni di famiglie americane sono ufficialmente scese sotto la soglia di povertà. La proposta prevede che lo stimolo venga diviso in due capitoli: il primo per il Covid-19 Relief da 748 miliardi da destinare a città e Stati per far fronte alle emergenze create dalla pandemia emerse con la riduzione degli introiti erariali, cosa che fatalmente colpisce i servizi di prima necessità come polizia, vigili del fuoco, ospedali, giustizia, tribunali, prigioni e poi il mantenimento dei sistemi di trasporto pubblici e il sostegno alle aziende private per riavviare il ciclo produttivo. Il secondo da 160 miliardi di dollari per gli interventi diretti ai cittadini americani con l’assegno di disoccupazione e, probabilmente l’assegno “una tantum”. In totale il governo federale si impegnerebbe a sborsare 908 miliardi di dollari.

Il compromesso tra gli schieramenti repubblicano e democratico lo hanno trovato i moderati e la loro proposta è stata caldamente appoggiata dal presidente eletto Joe Biden.

I piani sul tavolo erano due: quello dei repubblicani presentato dal leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, da 500 miliardi di dollari che concedeva il prolungamento degli assegni di disoccupazione ma che conteneva anche la clausola con cui venivano deresponsabilizzati civilmente i datori di lavoro in caso che i dipendenti avessero contratto il coronavirus durante le loro attività lavorative. I democratici, capeggiati dalla speaker della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, si erano opposti e avevano un piano molto più ambizioso da 2mila e 300 miliardi di dollari che oltre allo stimolo per i lavoratori e l’assegno per le famiglie includeva sussidi per i singoli Stati per incentivare la ripresa produttiva, per le infrastrutture, per i trasporti sia pubblici che privati inclusa l’industria aerea, miliardi per la distribuzione dei vaccini. Due posizioni completamente differenti con la complicazione che la Casa Bianca avrebbe voluto che l’accordo venisse raggiunto prima delle elezioni del 3 novembre per poter sfruttare politicamente l’eventuale successo e per questo Donald Trump nominò come mediatore il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin. Ma le posizioni erano profondamente radicate tanto che una volta visto che un accordo non sarebbe stato possibile prima del 3 novembre, Trump ordinò a Mnuchin di interrompere la mediazione. 

La svolta si è avuta con l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca: i moderati di entrambi i partiti, Mitt Romney, Susan Collins, Bill Cassidy, per quello repubblicano, Joseph Manchin e Mark Warner per quello democratico, invitati a cena dalla senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski, hanno preparato il piano alternativo che è stato immediatamente appoggiato dal presidente eletto. Ora Camera e Senato stanno limando le differenze e, assicura il Washington Post, secondo il quale l’accordo sarà raggiunto a breve. Se così fosse sarebbe il primo successo per Joe Biden ancora prima di diventare ufficialmente il capo della Casa Bianca.

Questa mattina il presidente eletto dal suo quartier generale di Wilmington ha ufficialmente presentato Pete Buttigieg che nella sua amministrazione ricoprirà l’incarico di segretario ai Trasporti. Con il presidente eletto anche la vicepresidente Kamala Harris, ma in remote perché la vicepresidente, che è ancora senatrice democratica della California e in standby in attesa del voto al Senato per lo stimolo economico. Buttigieg era un rivale di Biden alle primarie. Giovane, ex ufficiale di marina assegnato ai servizi segreti che ha preso parte alla Guerra in Afghanistan, sindaco di South Bend in Indiana, sposato con un altro uomo, innovatore e pieno di idee, Buttigieg rappresenta un po’ il futuro dei dem. Biden lo ha presentato in un contesto di inclusione per quell’America che per differenze razziali, sociali e di orientamento sessuale è stata in gran parte accantonata finora dall’establishment politico di Washington.

Sempre al Senato questa mattina sono cominciate le audizioni alla Commissione sulla Sicurezza interna che, secondo il senatore repubblicano Ron Johnson, irriducibile sostenitore di Trump, avrebbero dovuto evidenziare le accuse del presidente sui brogli. Un incredibile boomerang mediatico dopo la testimonianza  degli avvocati di Trump che hanno ripetuto ai senatori le accuse sulla manipolazione dei voti e della congiura mondiale per far perdere il presidente. Quando i membri della commissione, sia democratici che repubblicani, hanno chiesto ai testimoni di produrre le prove alle loro accuse nessuno, ovviamente, è stato in grado di mostrarle. Tante teorie astruse, ma nessuna prova e neanche un indizio.

Poi ha testimoniato Christopher Krebbs, l’ex responsabile della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, licenziato da Trump alcune settimane fa dopo che aveva affermato che le elezioni del 3 novembre sono state le più sicure tra quelle avvenute in tempi moderni. Krebbs ha spiegato ai senatori l’impossibilità di poter manipolare il risultato elettorale evidenziando come negli Stati in cui sono stati fatti i riconteggi anche tre volte, come la Georgia e la Pennsylvania, che alla fine hanno riprodottolo stesso risultato del primo conteggio. ”Le schede inviate sono state contate, esaminate e per quelle dubbie sono stati chiamati gli elettori che avevano votato I quali hanno affermato le loro scelte”.

Faccia triste per il senatore Ron Johnson che oltre ad essere uno dei pochi al Senato che ancora crede alle favole della Casa Bianca è anche un fervido sostenitore dell’efficacia dell’Hydroxycloroquinine per combattere il covid-19.  Molto critico il senatore Mitt Romney, che fa parte della Commissione ma si è rifiutato di partecipare ai lavori. “Continuare con queste folli accuse senza prove, già non prese in considerazione da una cinquantina di tribunali indebolisce la nostra democrazia e alimenta il rancore tra i sostenitori di Trump. Si continua a soffiare sul fuoco senza rendersi conto che si aggrava la già esistente frattura nel nostro Paese”. 

Le sue parole, sfortunatamente, hanno trovato riscontro a Houston, in Texas, dove un ex capitano della polizia, accanito sostenitore di Trump, è stato arrestato perché ad ottobre scorso, dopo le infondate accuse dei brogli lanciate dal presidente e ripetute dai siti dell’estrema destra, ha minacciato puntando la sua pistola contro un tecnico per la riparazione dei condizionatori. Ieri La procura distrettuale della città texana ha reso noti alcuni particolari. Mark Anthony Aguirre, 63 enne capitano in pensione della polizia di Huston, faceva parte di un gruppo di vigilanti chiamato “Liberty Center for God and Country” creato da un attivista repubblicano locale per controllare che non ci fossero brogli sul voto per corrispondenza. Per quattro giorni Aguirre ha pedinato un furgone che, secondo lui, aveva 750 mila schede elettorali contraffate. Il quinto giorno con la sua auto ha bloccato il furgone, ha estratto la sua pistola e ha minacciato l’autista che però è riuscito a chiamare la polizia. Gli agenti sono arrivati hanno perquisito il furgone e non trovando nulla hanno arrestato l’ex capitano con l’accusa di minaccia aggravata. Un fatto quasi ridicolo che evidenzia però la pericolosità della campagna di odio lanciata da Trump.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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