A che punto siamo con l’idrogeno? Da anni si parla di questa economia energetica quale strumento ottimale per alimentare i sistemi di riscaldamento, i motori delle automobili e addirittura quello dei treni. Nell’autunno di due anni fa il primo treno mosso con batterie caricate a idrogeno e con un’autonomia di 1000 km ha iniziato a collegare Cuxhaven, Bremerhaven, Bremervörde e Buxtehude, cittadine tedesche della Bassa Sassonia, sostituendo le preesistenti locomotive diesel. Quella regione progetta per la fine del prossimo anno l’entrata in funzione di altri 14 treni a idrogeno, e altrettanti, entro due anni, vuole mettere su rotaie il Regno Unito. L’idrogeno sostituirà non solo il diesel, ma eviterà anche la costosa elettrificazione delle linee.

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Mettiamo bene in chiaro che l’idrogeno non è una “fonte di energia” disponibile in natura, ma è un “vettore energetico”, cioè costituisce una soluzione per immagazzinare e trasportare energia. Una volta prodotto il gas con altre energie (e proprio questo è per ora il problema), si può impiegarlo per essere distribuito in gasdotti (analoghi a quelli usati per il metano) e usato per la produzione di fertilizzanti, ammoniaca, carburanti, vetri, componenti elettronici, oltre che per alimentare razzi spaziali. È rilevante il fatto che si tratta di un gas che brucia con grande efficienza, ma non inquina e non contribuisce all’effetto serra. Ma, dicevamo, l’impiego più interessante e promettente è quello delle “celle a combustibile idrogeno”, vere e proprie batterie energetiche per muovere i trasporti e per confortare termicamente gli edifici in inverno.
Sì, ma se l’idrogeno praticamente non esiste in natura, come si fa a ottenerlo? Fino ad ora si produceva in grande quantità dal metano o da altri combustibili fossili. Oppure per “via elettrolitica”, ossia facendo passare una corrente elettrica in una soluzione salina di acqua, separandone i componenti: ossigeno e idrogeno. Già, ma il metano e gli altri combustibili sono figli del carbonio, proprio la fonte che non vorremmo più perché ci procura il problema ambientale e climatico; e anche l’elettricità si produce in gran parte partendo dai combustibili fossili. E allora?

Allora la soluzione viene dalle energie rinnovabili: dal sole e dal vento. Fino a qualche anno fa questo era un vero problema, perché il rendimento e i costi degli impianti e dell’impiego di queste fonti “verdi” non era affatto competitivo con l’energia del carbonio. Ma ora le cose cambiano.
Una proposta più che ambiziosa viene dall’altro emisfero. Il governo dell’Australia occidentale ha approvato in questi giorni la realizzazione di un gigantesco impianto di produzione di “idrogeno verde”, 1600 grandi turbine eoliche e una distesa di quasi 80 chilometri quadrati di pannelli solari (immaginate un quadrato di poco meno di 9 chilometri di lato) per generare 26 GW (miliardi di watt), 14 dei quali dedicati alla produzione di idrogeno al costo di 2 $ al chilogrammo, di 1,3 $ entro il 2030 e di 0,8 $ entro il 2050. Il Giappone e la Germania sono in prima fila per intraprendere questa strada, ma tutta l’Unione Europea è intenzionata a impegnarsi in una strategia che posiziona l’idrogeno verde al centro dell’obiettivo per raggiungere la “neutralità climatica”, cioè zero emissioni di gas serra entro il 2050. Speriamo, le nuove generazioni verificheranno. Ma già oggi esistono analisi economiche che affermano che l’idrogeno verde potrebbe diventare entro la fine del decennio più conveniente rispetto a quello prodotto con altri gas e col carbone, e come tale potrebbe essere generato industrialmente su larga scala.

Per quanto riguarda l’Italia, la data del 2050 segnerebbe per l’idrogeno il traguardo della copertura di 1/4 della domanda dell’energia nazionale. Molti italiani seguono già da tempo con interesse gli sviluppi e le possibilità del mercato delle automobili a idrogeno. Alcune case produttrici di pesanti camion a trazione elettrica sono impegnate nel progetto di costruzione di batterie-idrogeno di dimensioni e peso ridotto rispetto a quelle attuali, e case automobilistiche per realizzare per la fine del decennio veicoli del costo pari a quelle a trazione ibrida. Un altro problema da risolvere è la moltiplicazione dei punti stradali di rifornimento. Entro il 2025 dovrebbero essere costruite in Italia 100 stazioni di servizio. Ci riusciremo?
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