La pandemia da Covid 19 ha colpito a 360 gradi. Economie mondiali in grave difficoltà, città semivuote, eventi sportivi cancellati o tenuti a porte chiuse. Uffici semivuoti e trionfo dello smart working.
L’istruzione ed in particolar modo l’Higher Education -l’istruzione superiore- non si sono salvate da questo tsunami pandemico. Negli Stati Uniti gli studenti sono in ritirata, ritornati a casa dei genitori o, per gli student stranieri, rientrati nei paesi di provenienza: dalla Cina, all’Europa, ai Paesi del golfo. Un disastro per le università che non solo perderanno grandi introiti (tasse di frequenza) da parte degli studenti stranieri ma dovranno rivedere totalmente il modo in cui operano per evitare la diffusione dei contagi da Covid-19 sul campus, nei dorms, nelle biblioteche.
Tuttavia il disastro può rivelarsi un potente fattore di cambiamento per l’istruzione superiore. Sin dalla metà degli anni ’90, una laurea o un master conseguiti in una buona università del cosiddetto Global North poteva assicurare ai giovani talenti dei Paesi emergenti opportunità di lavoro e contatti globali. La percentuale di iscritti stranieri è salita negli ultimi anni dal 16% al 38%. Tale incremento nelle iscrizioni ha beneficiato enormemente le università angloamericane.
Ora i nodi vengono al pettine. Gli studenti cinesi sono stati la principale fonte di finanziamento per le università occidentali ma, ora che le relazioni diplomatiche tra la Cina e l’Occidente non veleggiano verso sereni lidi, anche le università avvertono questa silente “Guerra fredda”. Gli studenti cinesi con legami con l’esercito cinese non sono ammessi negli Stati Uniti. Con il Covid-19 e la perdita di tanti studenti stranieri, le università dipenderanno maggiormente dagli aiuti statali e federali. Solo nel Regno Unito 13 università rischiano di fallire.

Gli aiuti governativi arriveranno senza nessuna condizione? Difficile predirlo. Sicuramente dovranno imparare dalla pandemia. Probabilmente i corsi on line diverranno sempre più importanti nella formazione undergraduate con conseguente riduzione dei costi di formazione. Ci sono enormi fini ed interessi nell’uso delle tecnologie digitali per migliorare la formazione universitaria. Lo qualità scadente di alcune lectures in persona potrebbero essere sostituite da lectures dalle migliori università del mondo con i migliori studiosi offerte on line (ma la cessione del copyright come avverrà?).
Molti economisti prefigurano un grande incremento dell’insegnamento on line anche post Covid-19. Lo scorso anno uno studente americano su sette sceglieva una laurea on line. Ancora molti studenti preferiscono le lezioni in classe. Soprattutto gli studenti stranieri preferiscono le lezioni in classe e l’immersione culturale in un altro Paese. E tanti gravitano nelle grandi città americane. NYU ospita oltre sedicimila studenti internazionali, University College of London sedicimilaseicento. La grande esperienza in una di queste grandi città, umana, intellettuale ed urbana non potrà mai essere rimpiazzata da video lezioni ascoltate a casa dei genitori.
Le prospettive per gli studenti stranieri sono ancora poco ben definite. Soprattutto dal punto di vista del costo dell’istruzione (tasse universitarie). Tanti si iniziano a chiedere perché pagare 60/65 mila dollari l’anno per una istruzione on line, quando la stessa la si può ricevere on line con corsi del tipo Coursera? Insomma un lungo ed inesorabile processo di cambiamento si è messo in moto ed avrà non minime conseguenze sui costi universitari e sulla didattica. Senza tralasciare l’attacco portato all’istruzione universitaria da una fascia cospicua della destra repubblicana che vede nell’istruzione superiore il braccio ideologico dei movimenti di piazza che stanno scuotendo l’America.