La natura non procede per salti. Lo stesso accade per la nostra società: si evolve gradatamente, sinché accade qualcosa che ci incammina senza ritorno verso una nuova visione della realtà. E’ quanto sta accadendo dopo questo primo semestre di 2020. Sembrava un anno come gli altri, non fosse per gli imprevisti che oggi ci fanno domandare in che modo sta cambiando il nostro futuro.
E’ questo il tema del report “Digital Transformation: Powering the Great Reset” recentemente pubblicato dal World Economic Forum-WEF, il principale gruppo mondiale di analisi socio-economiche.
Lo scenario che si prospetta ormai è chiaro, così come il protagonista del cambiamento: la nostra società ha smesso di considerare il digitale come una fra le tante opzioni per lo sviluppo economico. Anzi, proprio le difficoltà create dalla pandemia ci hanno convinto che una svolta digitale degli attuali modelli socio-industriali, la digital transformation segnalata dal WEF, è la ricetta anti-crisi per una crescita di lungo periodo di cui tutti sentiamo la necessità.
Quindi, dimentichiamo i progetti futuribili, il libro dei sogni che le cronache hanno proposto sino alla fine dello scorso anno.
La digital trasformation descritta dal World Economic Forum è reale e sta creando un reset, un riposizionamento delle priorità che segneranno il nostro futuro.
La road map, il percorso dello sviluppo digitale che ci attende, deve innanzitutto ridefinire il concetto stesso di creazione del valore economico.
In che modo? Digitalizzando l’essenza stessa dei processi aziendali.
Rendendoli evoluti a gestire in modo autonomo strategie e produzione industriale.
In tal modo la digital transformation da elemento divisivo si trasforma in un motivo di coesione per tutti i soggetti interessati: entità governative ed industriali, fornitori, lavoratori, consumatori e società civile nel suo complesso.
Questa evoluzione, ricorda il WEF, è figlia dei cambiamenti che abbiamo già adottato dall’inizio di quest’anno.
Con l’arrivo del COVID-19 l’uso di internet è cresciuto del 70%, quello di applicazioni per comunicazioni digitali è raddoppiato, mentre i servizi di video-streaming si sono addirittura moltiplicati di venti volte.
Società ed industria hanno preso atto di questa svolta, e si sono adeguate. Le finalità del ciclo produttivo si sono digitalizzate, pur confermando i loro obiettivi: creazione di una catena di valore che crei reddito per l’industria, beni di consumo per il pubblico, ed introiti per le amministrazioni statali.
Anche oggi, più che in passato, ai primi posti della rivoluzione informatica troviamo i digital leaders, i nativi digitali e tutte le attività economiche che ne hanno seguito l’esempio.
I numeri lo confermano: tra il 2017 ed il 2019 la redditività dei digital leaders è cresciuta di oltre 10% nel 47% dei casi, contro un 30% registrato dagli operatori tradizionali, penalizzati da vendite a contante e spiazzati dalla imprevedibilità dei gusti dei consumatori.
Come interpretare questo cambiamento? Rendendosi conto, ricorda il World Economic Forum, che solo informatizzando gli attuali modelli economici possiamo rispondere alle future esigenze socio-ambientali.
Non c’è tempo da perdere: se negli anni Cinquanta dello scorso secolo negli USA le società presenti nell’elenco delle aziende con miglior fatturato, il Fortune 500 index, prevedevano di restare in attività per 75 anni, oggi con l’avvento dell’informatica questa aspettativa si è ridotta a soli 15 anni.
L’esempio dei digital leader conferma la regola: per sopravvivere è necessario digitalizzare le nostre economie e portarle verso un capitalismo attento alle necessità di tutte le classi sociali, creando valore non più a corto ma a lungo termine, ed usando le capacità informatiche per ampliare i nuovi modelli di sviluppo sino a comprendere le esigenze delle pubbliche amministrazioni.
Facile a dirsi: nel 2019, osserva il rapporto del WEF, l’ industria aveva speso in informatica più di 1.2 miliardi di dollari, ma solo il 13% dei dirigenti era veramente convinto che la propria azienda fosse pronta ad entrare nell’era digitale.
Acqua passata: con l’arrivo del COVID-19 l’industria ha compreso che l’intelligenza artificiale è fondamentale per elaborare nuovi modelli specie per continuare a generare profitti che, malgrado gli incerti del presente, devono pur sempre essere realizzati e ridistribuiti.
E’ proprio verso questo comune percorso digitale che ora stanno convergendo gli interessi di azionisti e società civile.
Per esempio, grazie all’informatica pubblico e privato stanno dando nuovo significato al valore della produzione, che ora non significa più superare i diretti concorrenti, ma imporsi nel macro-settore di mercato in cui si vende, comprese le piattaforme di commercio digitale. Queste innovazioni, facili solo in teoria, ora diventano possibili grazie ad una cooperazione tra intelligenza umana e capacità digitali, che insieme creano modelli aziendali innovativi, autonomi, rapidi, omnicomprensivi e finalmente liberi dalle tradizionali gerarchie decisionali. Entro i prossimi dodici mesi, ricordano gli studiosi del WEF, il 94% delle attività amministrative ed informatiche sarà gestito da cloud data-centers, dipartimenti di competenze artificiali, e ben l’80% delle nuove tecnologie verrà governato tramite intelligenza artificiale, la AI.
Anche la distribuzione, potenziata dalle competenze umano-digitali, abbandona l’ormai vecchio marketing low-cost e just-in-time, il tutto-subito ed al-miglior-prezzo, per allearsi con gli operatori attivi sul territorio, più agili, sensibili e veloci nel soddisfare e soprattutto fidelizzare dal basso i consumatori.
La digital transformation sta cambiando anche le strategie di impresa: oggi, avverte il report del WEF, il 63% dei dirigenti considera un ostacolo le decisioni basate su dati storici.
Meglio invece procedere con scelte predittive e “granulari”, dettagliate e circoscritte da un insieme di dati omogenei, che la AI aggiorna in continuazione.
Anche i dipartimenti vendite sono coinvolti dalla digital transformation, che intercetta i gusti dei consumatori, comprese le loro sensibilità ambientali e di equità sociale, la cosiddetta Environmental, Social, and corporate Governance-ESG.
La ridefinizione di valore e marketing comporta anche un aggiornamento delle competenze decisionali. Il futuro è alle porte: entro il 2022, il 42% delle strategie aziendali dovrà essere aggiornato, ricorda il WEF, cosi’ come si dovrà riqualificare anche il 54% della forza lavoro.
Non è che l’inizio: la alleanza tra capacità umana e competenza digitale si sta evolvendo anche in una reciproca assistenza.
Grazie alla flessibilità e continuità operativa dell’ intelligenza artificiale-AI, la analisi di strategie, risorse, obiettivi e risultati si sta trasformando in un servizio permanente e globale.
Ad esempio, la alleanza tra intelligenza umana ed informatica ora riesce a comporre disparità di opinioni ed interessi tra le parti sociali, oppure organizza in tempo reale il lavoro fra cicli di produzione differenti, se non addirittura remoti.
In tal modo, grazie alla AI, l’informatica ha smesso di essere una opzione per ridurre i costi aziendali ed è diventata la piattaforma su cui creare valore nel lungo periodo. In che modo? Da un lato, integrando lo sviluppo della produzione con una continua analisi di nuove nicchie di mercato e, al medesimo tempo, coinvolgendo anche la forza lavoro su progetti di cui gli stessi lavoratori comprendono di essere protagonisti attivi.
Ci avete fatto caso? Negli esempi sinora proposti, capitale umano e digitale cooperano in modo trasversale allo sviluppo di una azienda ed in particolare nel coinvolgimento di quest’ultima nelle sue relazioni con la società civile, con gli stakeholders.
Per esempio conciliando le disparità di aspettative, strategie, relazioni e gerarchie nel dialogo tra industria pubbliche amministrazioni e collettività nazionali. Volete un esempio ? Ce ne renderemo conto tra qualche tempo quando, nostro malgrado, si dovrà distribuire su scala mondiale l’attesissimo vaccino anti COVID-19.
Per il momento, soffermiamoci sul mondo del lavoro. In base al report del WEF, si prevede che quasi 183 milioni di persone nei prossimi mesi perderanno il posto. Grazie alla digital tranformation è possibile incrementare il lavoro a distanza, proporre schemi assicurativi e pensionistici su misura, ed addirittura mobilitare in modo selettivo le competenze professionali inattive per indirizzarle subito verso nuovi progetti.
Ma ancora: è sempre grazie alla digitalizzazione che diventa possibile soddisfare le aspirazioni socio-ambientali del consumatore, le ESG di cui sopra, che oltre alla sostenibilità ambientale riguardano anche modelli di produzione etici, solidali e socialmente rispettosi delle realtà locali.
Grazie alla riscoperta di queste sensibilità la digitalizzazione accorcia le filiere commerciali, rendendole trasparenti, affidabili, flessibili, e le adatta alle possibilità individuali.
Ad esempio, grazie alla digitalizzazione si elaborano proposte di vendita o piani di finanziamento su misura, mirati, in tal modo soddisfacendo i consumatori nei limiti delle loro capacità economiche ed esigenze.
Fateci caso. Avete letto bene: esigenze. Perché uno degli effetti collaterali del COVID-19 è stato ricordare agli stakeholders, alla nostra collettività ormai viziata dall’individualismo garantito da internet, che la società cui tutti apparteniamo è invece composta da gruppi con differenti aspirazioni, possibilità, condizioni, prospettive ed origini. La digital trasformation in corso sta annullando queste distanze tra gruppi sociali, facendone convergere gli interessi verso obiettivi che tutti accettiamo di condividere proprio perché consapevoli della difficoltà della situazione che ora viviamo.
Insomma, la digital transformation sta accorciando la filiera di relazioni e disparità nella nostra società allargata. E’ grazie alla intelligenza artificiale, ad esempio, che oggi le aziende possono mostrare alla pubblica opinione come riescono ad aiutare la fasce sociali meno favorite, priorità che attualmente impegna il 74% dei dirigenti.
Queste scelte di principio, oltre che interessare il mondo digitale, toccano anche il mondo della finanza. Già nel 2019 ben il 60% delle gestioni che avevano investito in base agli obiettivi Environmental, Social, and corporate Governance-ESG hanno avuto risultati superiori alla concorrenza.
Riassumendo, grazie alla tecnologia digitale la società si sta già resettando su nuovi modelli di dialogo, capaci di ribaltare modi di pensare obsoleti, rimediare alle disuguaglianze in campo economico, e meglio focalizzarsi sulle sfide che ci troveremo a vivere e che ci porteranno a impostare aspettative di consumo sostenibile, circolare, ed attento ai nostri effettivi bisogni.
Perché, malgrado la natura non proceda per salti, come ricordavamo all’inizio, l’umanità anche digitalizzandosi rimane comunque responsabile del destino che viene a creare.