C’è ancora tempo per rinegoziare la legge di bilancio italiana e la prossima data chiave da tenere sotto osservazione è il 19 dicembre, quando potrà essere avviata la procedura di infrazione in caso il governo non riesca a trovare la quadra sulla manovra. Quella iniziata ieri è una settimana decisiva: lunedì dieci dicembre, la manovra è approdata al Senato che, nonostante i 330 voti favorevoli e 219 contrari per il primo via libera della Camera al testo della manovra che aveva scatenato le preoccupazioni di Bruxelles, si troverà a votare un nuovo provvedimento contenente corposi emendamenti come quelli su quota 100 per le pensioni e sul reddito di cittadinanza – grandi assenti del testo approvato alla Camera.
La maggioranza di governo in vista della riscrittura del testo al Senato deve fare il punto su numeri e misure secondo la trattativa con la Commissione: in primo luogo deve decidere a quale decimale assestare il rapporto deficit/Pil che nel testo approvato alla Camera è rimasto al 2,4%. La manovra approvata dalla Camera costa 37 miliardi, di cui 22 miliardi finanziati a deficit nel 2019, con 6,9 miliardi di tagli di spesa e 8,1 miliardi di aumento di entrate. Ben 16 miliardi finanziano quota 100 e reddito di cittadinanza. Nessuno dei due schieramenti al governo, seppure pronto a lasciare la presa sul fatidico 2,4%, vuole cedere nulla sulle misure di bandiera.
Le richieste dell’Europa per evitare la procedura di infrazione presuppongono una riduzione del rapporto deficit/Pil dal 2,4% a meno del 2%, ma il governo rifiuta di cedere così tanto a Bruxelles. Se il rapporto si attestasse sul 2%, si taglierebbero circa 7-8 miliardi attualmente previsti in manovra. Inoltre, lo slittamento ad aprile del reddito di cittadinanza consentirebbe di salvare circa 1 miliardo, mentre alcune restrizioni sull’introduzione di quota 100 (divieto di cumulo con il lavoro dipendente fino al compimento dell’età pensionabile e finestre di uscita 2019) consentirebbero risparmi fino a 2 miliardi. Infatti, Salvini ha ribadito che attualmente sono stanziati 6,7 miliardi per il 2019, ma che presumibilmente non tutti i 600mila aventi diritto approfitteranno della possibilità di uscire dal lavoro con 62 anni di età e 38 di contributi.
L’ipotesi complessiva è quella di un taglio 3,5 miliardi al tesoretto del valore di 16 miliardi auspicato per le misure bandiera.
Tuttavia, ieri Lega e Movimento 5 Stelle hanno ribadito ciascuno la propria linea. In serata sono arrivate le tabelle della Ragioneria e dell’Inps con le stime di platee e costi della manovra e il Carroccio spiega in una nota: “Alla luce delle tabelle fornite è possibile confermare gli obiettivi politici della manovra sullo smantellamento della legge Fornero che partirà senza penalità e nei tempi già previsti. Inoltre sono confermati i finanziamenti per il triennio”.
C’è ancora margine da cui recuperare risorse: per quanto riguarda il taglio delle cosiddette pensioni d’oro, cioè quelle superiori ai 4.500 euro al mese, sono stati ipotizzati tagli per un minimo dell’8% a un massimo del 20%, per un periodo di due anni e che dovrebbe portare nelle casse dello stato tra i 200 e i 300 milioni. L’emendamento, fortemente voluto dal Movimento 5 stelle, prevedeva inizialmente tagli per un periodo totale di dieci anni, scesi a due dopo il raggiungimento di un accordo tra i due partiti di governo. Ancora, Luigi Di Maio aveva parlato di tagli addirittura del 40%, ma Matteo Salvini ha frenato, e per questo si è parlato di una nuova soluzione di compromesso: stop agli adeguamenti per gli assegni alti fino a un livello di 150mila euro lordi, e poi veri e propri tagli, fino al 40% per le fasce altissime, cioè oltre i 500mila euro.
Al Consiglio europeo e all’Eurosummit programmati per giovedì e venerdì di questa settimana, “non andrò con il libro dei sogni, ma con lo spettro completo del progetto riformatore del governo: mi confronterò sui numeri consapevole che la manovra risponde a esigenze del Paese ma entro i vincoli europei”, ha affermato il premier italiano Giuseppe Conte stamani, parlando in Aula alla Camera nel corso di un’informativa sull’agenda europea delle prossime settimane. “Sto continuando a lavorare in queste ore affinché siano puntualmente quantificati con apposite relazioni tecniche i costi delle misure a maggior impatto sociale, che maggiormente destano preoccupazioni nei nostri partner”, ha proseguito, spiegando che all’incontro sui conti italiani previsto per domani e in cui incontrerà il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, presenterà anche “un programma dettagliato di investimenti”.
Durate l’intervento alla Camera il premier era affiancato dai ministri agli Affari europei e dell’Economia, Paolo Savona e Giovanni Tria, e ha più volte commentato gli interventi sulla legge di bilancio per il 2019: “Accanto alle misure a sostegno di lavoratori e imprese. La manovra contiene le risposte urgenti ai bisogni dei cittadini con misure di equità sociale necessarie e sostenibili. E se siamo costretti a uno scostamento del deficit non è a cuor leggero ma per realizzare gli obiettivi chiesti dai cittadini con prepotente urgenza”.
Le stime della Ragioneria e dell’Inps non sono state rese note, ma gli ultimi dati Istat sull’economia italiana non sono stati positivi: nel terzo trimestre del 2018, l’economia italiana dopo una fase di progressiva decelerazione ha registrato un arretramento dei livelli di attività pari allo 0,1%, dopo 14 mesi consecutivi di crescita, determinato dalla marcata contrazione degli investimenti e da una lieve flessione dei consumi.
Anche le previsioni Ue tagliano il Pil 2018 dall’1,3% all’1,1%, e ritoccano quello 2019 dall’1,1% all’1,2%: “Dopo una crescita solida nel 2017 l’economia italiana ha rallentato nella prima metà di quest’anno per l’indebolimento dell’export e della produzione industriale. Una ripresa degli export e una maggiore spesa pubblica sosterranno la crescita moderatamente ma l’associato rischio nel deficit, assieme ad interessi più alti e considerevoli rischi al ribasso, mette in pericolo la riduzione dell’alto debito”, come si leggeva nella nota ufficiale contente i dati. Inoltre, a livello europeo la penisola si è confermata ultima per crescita in tutta Europa sia per il 2018 che per il 2019 e il 2020. A quanto pare non sono i riflettori dell’Europa sono puntati sull’Italia, ma anche da più lontano, la situazione non sembra migliorare: gli analisti americani di Goldman Sachs non sono stati generosi e hanno affermato che “l’Italia getta una nube scura” sullo scenario dei mercati in Europa. Nel suo rapporto di previsione per il 2019 Goldman Sachs ha stimato la crescita italiana pari allo 0,4% contro l’1% medio delle altre società di analisi e l’1,5% previsto dal governo.
Secondo Marcello Messori, professore di Economia al Dipartimento di Scienze Politiche della LUISS (Roma) e Direttore della Luiss School of European Political Economy, “il blocco del PIL nel terzo trimestre di quest’anno e le attese di persistente stagnazione nel quarto trimestre implicano che l’economia italiana entrerà nel 2019 con un tasso tendenziale di crescita molto modesto. Diventa pertanto ancora più irrealistico prevedere una crescita dell’1,5% per quell’anno. La mia aspettativa è che, nel 2019, il PIL italiano segnerà una variazione inferiore all’1%. Il che rende insostenibile la gestione del bilancio pubblico prevista dall’attuale governo per il triennio 2019-21”.
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