In attesa che, a partire dal 2016, entri in vigore il bail in, il meccanismo interno di salvataggio delle banche in crisi a spese dei loro azionisti e obbligazionisti senza usare denaro pubblico, il 22 novembre scorso Bankitalia, con decreto recepito dal Governo, ha messo in campo il fondo nazionale di risoluzione per evitare il fallimento di quattro istituiti creditizi. Sono stati necessari 3,6 miliardi di euro, per salvare Cariferrara, Banca delle Marche, Banca Etruria e CariChieti, banche da tempo in amministrazione straordinaria. In questo modo i “crediti cattivi”, cioè quelli la cui riscossione non è certa perché i debitori sono insolventi o in grave difficoltà, sono stati trasferiti in un’unica bad bank.
Ma il ricorso al fondo di risoluzione, alimentato dai contributi degli istituti sani, era l’unica soluzione praticabile per salvare le banche? Questo perché le perdite accumulate nel tempo dai quattro istituti sono state assorbite dagli strumenti di investimento più rischiosi, ovvero le azioni e le “obbligazioni subordinate”. Così da un giorno all’altro circa 130.000 investitori, per lo più piccoli risparmiatori e pensionati, si sono visti azzerare i risparmi di una vita. Per Bankitalia l’operazione salva banche ha evitato il peggio. Il rischio bail, in che in caso di fallimento di uno degli istituti commissariati avrebbe chiamato in causa, oltre agli azionisti e ai detentori di obbligazioni ibridi, subordinati e senior, anche chi ha depositi bancari superiori a 100.000 euro. L’Autorità di vigilanza scarica parte della responsabilità alla Commissione europea, colpevole di aver bloccato il ricorso al fondo interbancario di tutela dei depositi, perché assimilati ad aiuti di stato distorsivi della concorrenza. L’intervento del fondo, spiegano a Bankitalia, avrebbe salvato le banche senza alcun coinvolgimento dei risparmiatori.
Ma così non è andata. Le associazioni dei consumatori hanno definito l’operazione di salvataggio un esproprio criminale che ha buttato sul lastrico migliaia di famiglie. E accusano le banche di voler far passare i risparmiatori per speculatori incalliti. È molto più probabile, spiegano Federconsumatori e Adusbef, che le banche non abbiano avuto scrupoli a omettere il grado di rischiosità effettiva di un prodotto pur di piazzarlo nei portafogli degli inconsapevoli risparmiatori. Le obbligazioni subordinate dovrebbero essere cedute solo a clientela con un profilo di investitore adeguato e informato sui rischi che corre. Il punto allora è individuare quei risparmiatori che hanno accettato un rischio maggiore a fronte di una cedola più alta e chi invece si è affidato ai consigli del proprio direttore di banca senza sfogliare più di tanto i prospetti informativi sul livello di rischio dei prodotti offerti, ma in virtù di un rapporto di fiducia costruito negli anni.
Elio Lannutti, presidenti di Adusbef, ricorda anche che molti dei bond azzerati erano stati classificati come obbligazioni a basso rischio e con rendimenti bassi, addirittura inferiori a quelli sui Btp a media e lunga scadenza: “In questo modo – ha chiarito Lannutti – molti correntisti sono stati convinti a comprare i bond bancari proposti come più sicuri e a convertire in obbligazioni bancarie i titoli di Stato”. Quella di fronte a cui ci troviamo secondo Lannutti è un’emergenza sociale come ai tempi del crack della Parmalat, una delle peggiori truffe finanziarie ai danni dei risparmiatori che la storia italiana ricordi.
Ma tra manifestazioni di piazza e accuse ad un “sistema bancario assistito e rapace che si regge da oltre 30 anni sulle spalle di correntisti e risparmiatori, a cui impone costi, tassi, commissioni e condizioni tra i più alti del mondo”, il provvedimento più urgente è come intervenire per dare sollievo a quei risparmiatori che hanno perso tutto con le nuove regole di salvataggio. Allo studio del Governo c’è l’istituzione di un Fondo di solidarietà da 100 milioni di euro circa, finanziato in parte dallo Stato e in gran parte dalle stesse banche, destinato agli obbligazionisti meno abbienti che a causa delle regole di salvataggio, hanno subito perdite enormi. Si sta considerando anche il ricorso a una procedura di arbitrato veloce (?) in grado di valutare caso per caso chi è stato raggirato dalla propria banca, e indotto ad acquistare obbligazioni subordinate senza essere messo a conoscenza dei rischi che poteva correre.
Aiuto umanitario, rimborso pubblico o tutela stragiudiziale che sia, ora però le banche e gli intermediari devono essere più trasparenti e “istruire” in maniera adeguata la clientela sui rischi associati ai prodotti finanziari su cui decidono di investire. Ma il punto dolente rimane il basso tasso di analfabetismo finanziario. Quanti in Italia conoscono cosa significa "subordinato" e quanti sono in grado di valutare i diversi meccanismi di subordinazione? In presenza di mercati e prodotti finanziari sofisticati e complessi, accrescere la cultura finanziaria significa dotare risparmiatori e investitori di qualsiasi età delle competenze finanziarie necessarie almeno per valutare le proprie scelte di investimento. E, perché no, imparare anche a difendersi dalle banche.