Ieri abbiamo illustrato, per grandi linee, il ‘nuovo’ progetto per il Sud del governo Renzi: utilizzare il cofinanziamento dello Stato dei fondi europei destinati alle Regioni del Mezzogiorno (Programmazione 2014-2020) per foraggiare le imprese del Centro Nord Italia (solo alla Sicilia verrebbero depredati 2 miliardi di euro su uno stanziamento di 4,7 miliardi di euro, come potete leggere qui). Ora vi racconteremo che cosa sta facendo il governo regionale di Rosario Crocetta, magari con l'ausilio dei consulenti-intelligenti scelti per utilizzare al meglio (o quasi) i fondi europei…
Cosa avrebbero partorito gli ‘esperti’scelti dal governo siciliano che, a quanto pare, verrebbero pagati 280 euro lordi al giorno? Sulla nuova Programmazione (2014-2020) non sappiamo. Sulla vecchia Programmazione (2007-2013) sarebbe in corso una rendicontazione ‘creativa’ che consentirebbe di giustificare con Bruxelles un bel po’ di quattrini. Com’è noto, i fondi europei – specie quelli destinati alle infrastrutture – vengono anticipati dall’amministrazione regionale. Poi, una volta realizzata l’opera, vengono effettuati i cosiddetti rendiconti. In pratica, gli uffici dell’amministrazione regionale fanno i conteggi dei soldi spesi e li inviano agli uffici dell’Unione Europea. I quali, dopo aver verificato tali conteggi, erogano alle Regioni i soldi che le stesse Regioni hanno anticipato. Vediamo, adesso, cosa sta succedendo negli uffici della Regione siciliana.
Entro il 31 dicembre di quest’anno debbono essere rendicontati circa 700 milioni di euro. Si tratta di soldi che il governo regionale non ha speso in parte per incapacità amministrativa, in parte perché le procedure comunitarie sono complesse e contraddittorie (si pensi al Patto di stabilità: l’Unione Europea assegna i soldi e poi stabilisce che si debbono spendere a poco a poco, ritardando, oggettivamente, la spesa). In base a quanto previsto dalle normative europee, questi soldi, se non utilizzati da una Regione, dovrebbero restare nelle ‘casse’ di Bruxelles ed essere utilizzati dalle Regioni europee (si tratta delle Regioni europee cosiddette ad Obiettivo convergenza, ovvero con un reddito procapite inferiore alla media europea) virtuose, cioè dalle Regioni che hanno ben utilizzato la propria quota di fondi europei. Cosa stanno facendo, invece, il governo Crocetta con i suoi consulenti-intelligenti? In pratica, stanno mettendo a punto un mezzo raggiro – e scusate il gioco di parole – per aggirare la normativa comunitaria, giustificando spese che, come ora illustreremo, hanno poco o punto a che vedere con i fondi europei. Proviamo, adesso, a illustrare il mezzo raggiro che la Regione siciliana starebbe mettendo a punto.
Governo regionale e consulenti stanno utilizzando i cosiddetti “progetti di retrospettiva”. Tanti Comuni siciliani e le nove ex Province siciliane commissariate, negli anni passati, hanno realizzato, o hanno avviato, opere pubbliche con fondi statali, comunali (per ciò che riguarda i Comuni), con fondi provinciali (per ciò che riguarda le Province) e con fondi regionali. Sono opere pubbliche vecchie, in alcuni casi realizzate e, in altri casi, lasciate a metà per mancanza di fondi. Ebbene, gli uffici regionali – con l’ausilio dei consulenti? – starebbero rendicontando a Bruxelles questi progetti che, ribadiamo, poco o nulla hanno a spartire con la Programmazione comunitaria 2007-2014. In soldoni, Regione siciliana e consulenti del governo starebbero dicendo agli uffici comunitari: ecco, questi sono i progetti per i quali abbiamo anticipato le somme a valere sulla Programmazione comunitaria 2007-2013. Ovviamente, le cose non stanno così. La speranza che Bruxelles non si accorga dell’inganno (o forse la speranza che gli uffici comunitari facciano finta di nulla).
Domanda: è corretta questa rendicontazione? Risposta: no. E non è corretta per almeno due motivi. Primo: perché si tratta di progetti vecchi, finanziati con fondi statali, comunali, provinciali o regionali che, come già accennato, non hanno nulla a che vedere con la Programmazione comunitaria 2007-2013. Secondo: perché la normativa comunitaria prevede la cosiddetta “addizionalità”: in parole semplici, i fondi europei debbono aggiungersi (cioè “addizionarsi”) ai fondi ordinari (cioè ai fondi di Stato, Regioni, Comuni e Province) e non sostituirsi ad essi. Questo perché i fondi europei (per la precisione i fondi strutturali) esistono perché debbono colmare il gap reddituale e infrastrutturale che esiste tra le Regioni europee che stanno dentro la media reddituale dell’Europa unita e le Regioni europee ad Obiettivo convergenza (quelle con un reddito inferiore alla media europea, condizione che si accompagna anche a una carenza di infrastrutture).
Nel caso in cui dovesse andare in porto la manovra-raggiro che il governo regionale starebbe mettendo in atto, al problema della mancata “addizionalità” si aggiungerebbe un problema di prospettiva: una volta passato questo principio ‘creativo’, infatti, tutte le opere pubbliche, anche quelle realizzate dieci-quindici anni fa, e tutte le opere in corso di realizzazione in Sicilia potrebbero essere finanziate con i fondi europei. Insomma, per entrare nel merito, la Programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, almeno per ciò che riguarda la Sicilia, perderebbe per strada la parola “Programmazione”, perché la Regione utilizzerebbe, di fatto, i fondi europei per pagare progetti realizzati negli anni passati o progetti che, in generale, non avrebbero nulla a che spartire con la Programmazione europea dei fondi strutturali. Per la semplice regione che non verrebbero programmati con i fondi europei.
Fine degli imbrogli contabili? No, perché il bello di questa storia deve ancora venire. Se ci riflettiamo, i fondi dell’Unione Europea dovrebbero andare ai Comuni e alle ex Province che hanno realizzato le opere, o che hanno iniziato a realizzare opere pubbliche oggi incomplete. Ma la voce che gira è un’altra. Questi 700 milioni di euro dell’Unione Europea dovrebbero passare dagli uffici della Regione siciliana che dovrebbe ‘girarli’ a Comuni ed ex Province (che oggi si chiamano Consorzi di Comuni e Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina). Ma, com’è noto, la Regione siciliana è in una condizione di default non dichiarato provocato, in buona parte, dagli scippi finanziari operati dal governo Renzi. Si sussurra che, una volta ‘aggranfati’ questi 700 milioni di euro (ammesso e non concesso – lo ribadiamo ancora una volta – che Bruxelles ritenga valida questa procedura ‘creativa’), la Regione ne girerebbe una minima parte a Comuni ed ex Province, utilizzando la massima parte di questi 700 milioni di Euro per propri fini, cioè per pagare i circa 50 mila soggetti rimasti senza retribuzioni (se le cose dovessero andare così, i fondi strutturali della UE, che dovrebbero essere utilizzati per investimenti, servirebbero per spesa corrente: altra violazione delle normative comunitarie…).
Ultima notazione. Se Bruxelles dovesse ‘bocciare’ questa procedura ‘creativa’ si porrebbe un’altra questione: il ruolo, in questo caso inutile, dei consulenti eventualmente utilizzati. Almeno per la parte riguardante la rendicontazione dei 700 milioni di Euro, il loro lavoro non sarebbe servito a nulla. In questo scenario si potrebbe profilare un possibile danno erariale. Insomma, la parola potrebbe passare alla Corte dei Conti.
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