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Economia
August 17, 2015
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August 17, 2015
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La Sicilia produce un PIL che è la metà di quello della Grecia

Riccardo GuecibyRiccardo Gueci
Time: 5 mins read

Ultima puntata del nostro ‘viaggio’ tra i numeri della relazione sulla situazione economica della Regione siciliana (le prime quattro puntate le potete leggere qui). Oggi è di scena il Dpef, il Documento di programmazione economica e finanziaria, che sarebbe lo strumento principe attraverso il quale la Regione siciliana progetta il suo futuro.

Sull'argomento la relazione indica i quattro strumenti attraverso i quali passa la programmazione e la gestione del bilancio regionale: il Documento di programmazione economica e finanziaria; la legge di stabilità; il bilancio poliennale ed, infine, il bilancio annuale d'esercizio. Di ognuno di essi indica i tempi di presentazione e di approvazione da parte dell'Assemblea regionale siciliana.

Il Dpef deve essere presentato al Parlamento siciliano entro il 20 luglio di ogni anno e dovrebbe essere approvato dal Parlamento dell’Isola entro il mese di agosto. Questo Documento illustra le direttive entro le quali si dovrebbe articolare la manovra di finanza pubblica per il periodo restante della legislatura e comunque quella prevista per un periodo non inferiore a tre anni.

Il disegno di legge di stabilità, che deve essere presentato nei primi giorni di ottobre di ogni anno, deve essere coerente con le indicazioni del Dpef che, come già accennato, costituisce il quadro finanziario riferito all'anno di competenza.

Il disegno di legge del bilancio annuale e poliennale deve anch'esso essere presentato nei primi giorni di ottobre al pari del disegno di legge di Stabilità. Questi due disegni di legge debbono essere approvati entro il 31 dicembre ed entrare in vigore con l'inizio del nuovo anno, in coincidenza con l'inizio dell'esercizio gestionale. Ove l'approvazione non avvenga entro tale termine si deve ricorrere all'esercizio provvisorio per un massimo di quattro mesi.

Di questi strumenti appena elencati il più importante è certamente il Documento di programmazione economica e finanziaria , per la ragione che in esso sono indicati gli obiettivi economici che si intendono conseguire nel periodo previsto. In tale Documento sono indicati gli obiettivi del PIL, Prodotto Interno Lordo che si intende conseguire, nonché alcuni criteri di riduzione della spesa corrente e del fabbisogno finanziario. In particolare, il Dpef 2014-2017 è stato approntato dall'ex assessore all’Economia', imposto dal governo nazionale, Luca Bianchi. L’assessore, nel suo elaborato, prevedeva – e non si è sbagliato – una tendenza al peggioramento della situazione (come si usa dire in meteorologia). E che, di conseguenza, sarebbe stato importante definire le linee strategiche per una prospettiva di sviluppo, “la cui leva principale è costituita dalla spesa a finalità strutturali attraverso il rilancio e l'accelerazione della spesa dei fondi strutturali europei e i cofinanziamenti regionali e nazionali relativi alla programmazione 2007-2013 e sia quelli relativi alla programmazione 2014-2020”.

Luca Bianchi da tempo non è più assessore, in sua vece il governo Renzi ci ha mandato un nuovo assessore esperto di economia, Alessandro Baccei. Qualcuno, nel frattempo, si è accorto che in Sicilia si è aperto un grande dibattito pubblico sulle “linee strategiche per una prospettiva di sviluppo”? E il riferimento non è soltanto ai partiti, la cui insipienza e la cui ignoranza è presente a tutto il popolo siciliano ed offre numerose occasioni a chi la osserva dall'esterno di farsi grandi risate sulla qualità del suo ceto politico e quello della sua classe dirigente. Per non essere generici, per classe dirigente s'intende quella che rappresenta le attività economiche e produttive, ai suoi ambienti finanziari ed, perché no?, gli ambienti e le istituzioni culturali.

In questa relazione economica non siamo riusciti a trovare indicazioni di massima sulle prospettive di sviluppo dell'economia siciliana. Di fatto, il governo regionale di Rosario Crocetta, descrivendo in modo molto preciso i fattori di crisi, ci fornisce una rassegna documentatissima del fallimento economico dell'Isola, tanto da ridurla a produrre metà del PIL della Grecia, Paese di circa 11 milioni di abitanti che oggi è in crisi. Considerato che la Sicilia ha un numero di abitanti che è pressappoco la metà del popolo della Grecia (5 milioni di abitanti circa), non è affatto fuori luogo affermare che la crisi economica siciliana è simile a quella greca. Resta da capire perché della crisi economica greca si parla, mentre della crisi economica siciliana non parla nessuno.

‘Merito’ del governo regionale di Rosario Crocetta è quello di avere avuto il coraggio, con questa relazione che lo stesso governo ha consegnato al Parlamento siciliano, di raccontare il proprio fallimento che è culturale prima che politico ed economico. Questo giornale illustra spesso i tagli che, negli ultimi tre anni, hanno penalizzato fortemente la Regione siciliana. Ma in questa grande crisi economica e sociale in cui è piombata la Sicilia l’attuale governo regionale ha messo del suo. Il discorso riguarda una parte dei fondi europei non utilizzati; ma riguarda anche tutti gli interventi che il governo regionale non ha programmato.

Insomma, la situazione economica e finanziaria della Regione è grave, con un indebitamento finanziario che supera gli 8 miliardi di euro. I tagli del governo nazionale pesano, soprattutto sui Comuni che quest’anno – e siamo ad agosto – non hanno ancora ricevuto un solo euro dei 550 milioni di euro che la Regione dovrebbe trasferire agli stessi Comuni dell’Isola. Il Parlamento dell’Isola ha completato, anche se in modo affrettato e confuso, la riforma delle Province, istituendo tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) e sei Consorzi di Comuni. Ma non si capisce con quali risorse finanziarie questo nove soggetti debbano operare (a parte un segmento di fondi europei che dovrebbero essere intercettati dalle tre città metropolitane: soldi che, invece di programmare lo sviluppo, verranno utilizzati per pagare debiti e personale).

Insomma, tra tagli romani e un governo regionale che non governa – e là dove governa lo fa molto male – la Sicilia non sembra avere un grande futuro. Anzi. In Grecia, pur tra mille contraddizioni, stanno arrivando gli aiuti. In Sicilia gli 'aiuti' si dovrebbero sostanziare nelle 'promesse' del governo Renzi: ovvero il governo che, ogni anno, strappa al Bilancio della regione oltre un miliardo di euro…    

 

*Riccardo Gueci è un dipendente pubblico in pensione. Segue con attenzione i temi legati alla politica estera e all'economia. Oggi illustra la quarta puntata del 'viaggio' nella relazione sulla situazione economica della Regione siciliana. Si tratta di una relazione che il governo siciliano di Rosario Crocetta ha consegnato nelle scorse settimane al Parlamento siciliano. Il dato paradossale che emerge dalla lettura di questi articoli è la consapevolezza del governo Crocetta: nel senso che lo stesso presidente dela Regione si rende conto che il suo governo sta letteralmente affossando la Sicilia.

Insomma, Riccardo Gueci si è limitato a leggere e illustrare un documento ufficiale dello stesso governo siciliano che non ha avuto l'onore delle cronache.  

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Riccardo Gueci

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