La scelta del primo ministro Renzi di puntare i piedi su Federica Mogherini, ha sì attribuito all’Italia l’incarico di prestigio nella politica estera e di sicurezza comune, ma al tempo stesso ha azzerato la nostra presenza nei dicasteri economici e finanziari della Commissione europea. E purtroppo è soprattutto lì che si decide il nostro rapporto con le istituzioni comunitarie. Le difficoltà che il ministro Padoan sta avendo in questi giorni con Bruxelles, mostrano quanto sarebbe stato utile poter contare su un commissario italiano nell’organo sovranazionale dell’Unione.
La Commissione ha appena pubblicato un rapporto dove ci accusa di non realizzare progressi su debito e riforme. I nostri “squilibri macroeconomici eccessivi” ci starebbero portando a dover subire una nuova approfondita indagine, riguardante in particolare la piramide del debito, lo scadere della competitività, il rallentamento nelle privatizzazioni. Inoltre le riforme in corso, benché ritenute in linea con le attese, evidenziano una progressione incostante. Recessione e inflazione candiderebbero l’economia italiana ad attacchi speculativi o a crisi commerciali. Nessuno, in Commissione, ci ha difeso, e l’assenza di un interlocutore italiano in quel collegio, potrebbe significare che, contrariamente ai desideri di Renzi e Padoan, non si tollereranno rinvio del pareggio di bilancio e rallentamento del ritmo di riduzione del debito pubblico, previsti dal primo ministro.
La nuova Commissione Junker, nel pieno di poteri dal primo del mese, si muove all’interno di un quadro macroeconomico mondiale nel quale la zona euro è quella a minor crescita. L’Italia è in posizione anche peggiore, con le più basse previsioni di crescita del G20: +0,2% nel 2015 e +1% nel 2016. Di conseguenza è soprattutto nostro interesse che la Commissione imponga alla Germania e agli scandinavi le politiche espansive che, in nome del rigore dei bilanci, rifiutano. E invece il francese Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici, si ritrova da solo a battere i pugni sul tavolo in questa direzione. All’Eurogruppo, dopo aver ricordato che “i livelli di crescita attuali non sono sufficienti a garantire la riduzione della disoccupazione, una situazione sociale drammatica che non possiamo accettare”, ha detto che rischiamo un “possibile lungo periodo di bassa inflazione, bassa crescita e alta disoccupazione, che ovviamente sarebbe una minaccia per il progetto europeo e per la vita dei cittadini europei”. Come ha confermato qualche giorno fa in un intervento a Firenze l’economista tedesco Daniel Gros, questa Commissione senza italiani ha già dimostrato che “non ha il coraggio di affrontare veramente gli stati membri, e questo non è un buon augurio per il futuro” perché significa che “farà poco” per sostenere il lungo termine dei bilanci dei paesi in difficoltà.
Popolare e tedesco parlante come la Merkel, Junker (ironia del nome prussiano!) ha lasciato che la RFT occupasse i gangli vitali della sua Commissione piazzando in organico cinque capi di gabinetto compreso quello del presidente, dodici vice e una ventina di membri. L’Italia ha un solo capo di gabinetto e sta con la Mogherini, quattro vice ma uno solo in un ufficio di rilievo (Dombrovskis responsabile per l’euro), e altri sei o sette membri sparsi. Siamo fatti fuori da Commercio, Trasporti, Concorrenza, Fondi europei e dal gabinetto economico del vice presidente Jyrki Katainen, che si occupa di Lavoro e Crescita. In prospettiva rischiamo di perdere tutti e tre i direttori generali che ancora abbiamo in organico, anche se potremmo conservare il controllo su OLAF, agenzia anti frodi.